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Trump apprezza il lavoro dello speaker: Johnson e l’unità scomoda alla Camera

Lo speaker della Camera stenta a mantenere i repubblicani uniti considerando la risicata maggioranza del suo partito. Se quattro parlamentari repubblicani si uniscono compatti ai democratici riescono a forzare la mano di Mike Johnson com’è avvenuto due volte recentemente.

31 Dicembre 2025

Credo che Mike Johnson sia un grande speaker. Poche persone avrebbero potuto fare quel lavoro”. Con queste parole Donald Trump dimostrava il suo supporto al presidente della Camera che negli ultimi tempi ha ricevuto critiche non solo dai democratici ma anche da alcuni membri del Partito Repubblicano.

E non si tratta solo di parole che mettono in dubbio la leadership di Johnson. L’incapacità dello speaker di leggere le intenzioni dei membri del suo partito è emersa chiaramente nel caso del rilascio dei file di Epstein. I democratici avevano richiesto un voto al riguardo ma Johnson li aveva ignorati come era nel suo potere poiché lo speaker decide la sottomissione al voto di proposte legislative. C’è però la strada della “discharge petition”, una procedura di raccogliere firme dei parlamentari per forzare la mano dello speaker. Nel caso dei file di Epstein, come abbiamo scritto in queste pagine, 4 parlamentari repubblicani hanno firmato la petition fornendo l’assist ai democratici per raggiungere il totale di 218, la cifra necessaria per procedere al voto. Il presidente Trump era contrario e aveva minacciato quattro dei parlamentari che hanno firmato la petition. Una volta che il presidente si era reso conto di avere perso, ha dato il via libera e la mozione fu approvata all’unanimità eccetto per uno. Johnson non aveva capito o aveva ignorato i desideri dei parlamentari del suo partito. La stragrande maggioranza del voto favorevole influenzò il voto al Senato che approvò la legge anche all’unanimità e Trump fu costretto a firmarla.

Adesso un’altra discharge petition è stata programmata sui sussidi ad Obamacare, la riforma sulla sanità approvata dall’amministrazione di Barack Obama nel 2010, che scadono tra pochi giorni. Senza il rinnovo di questi sussidi le polizze di assicurazione medica aumenterebbero in maniera stratosferica per il 7 percento degli americani che si appresta a decidere l’acquisto dell’assicurazione per il 2026. Anche questa volta lo sprono iniziale è emerso dai democratici con quattro firme di parlamentari repubblicani. Questi includono 3 della Pennsylvania —Brian Fitzpatrick, Ryan Mackenzie e Robert Bresnahan— e Mike Lawler di New York. Hakeem Jeffries, il leader della minoranza democratica alla Camera, ha richiesto un voto immediato ma Johnson ha detto che ciò avverrà la prima settimana di gennaio del 2026.

Il numero totale dei parlamentari alla Camera è 435. I repubblicani hanno la maggioranza (220 vs. 215) ma due dei seggi democratici sono vacanti. Se 4 repubblicani si schierano con i democratici firmando una “discharge petition” si raggiunge la maggioranza necessaria per costringere lo speaker a sottoporre la mozione al voto. Due di queste discharge petition sono state approvate recentemente suggerendo che lo speaker non ha il controllo totale dei repubblicani.

Come nel caso dei file di Epstein Johnson sta cercando di ritardare tutto sperando che altri eventi ottengano precedenza. Ma il tempo stringe perché la scelta dell’assicurazione per l’anno prossimo deve essere fatta proprio in questi giorni. Con ogni probabilità il voto che ripristinerebbe i sussidi sarà approvato alla Camera. Si crede che altri repubblicani voteranno per la proposta come è successo nel caso dei file di Epstein. Assumendo un voto favorevole alla Camera la strada al Senato sarà in salita in parte perché la Camera Alta ha già votato di non approvare l’estensione dei sussidi. Inoltre il senatore John Thune, presidente del Senato, si è dichiarato contrario perché, secondo lui, Obamacare “è una legge piena di abusi con frode e sprechi”. Non si sa come Thune abbia raggiunto questa conclusione. La legge di Obamacare esiste da 15 anni e gli americani la apprezzano (59 percento favorevoli, 25 no). Anche l’estensione dei sussidi a Obamacare è favorita dal 65 percento.

Questi numeri dovrebbero creare tensione ai repubblicani e infatti il parlamentare Don Bacon, repubblicano del Nebraska, ha dichiarato di non capire perché “non si è votato per l’estensione”, aggiungendo che i democratici useranno la questione della sanità come “una mazza” contro i repubblicani. Infatti, per i democratici mantenere la questione in primo piano rappresenta una carta vincente: se riescono a fare approvare l’estensione ai sussidi potranno cantare vittoria per la loro pressione. In caso contrario useranno il voto per ricordare agli elettori chi è responsabile per gli aumenti che in non pochi casi avranno fatto perdere loro l’assicurazione per i costi troppo elevati.

Nancy Pelosi, parlamentare democratica di San Francisco ed ex speaker, ha centrato il bersaglio quando ha detto alla Abc che i repubblicani hanno “abolito” la Camera cedendo il potere quasi assoluto a Trump.

I repubblicani alla Camera sono dunque messi male in buona parte per la maggioranza risicata che rende il lavoro di Johnson molto difficile. Nel secondo mandato di Trump infatti le due Camere hanno ceduto il loro potere a Trump che ha in grande misura governato mediante ordini esecutivi bypassando il potere legislativo. Non ha esagerato Nancy Pelosi, ex speaker, quando ha detto alla Abc che i repubblicani con Trump hanno “abolito” la Camera. Adesso non pochi repubblicani si rendono conto che la loro inattività metterà in pericolo la loro poltrona. Johnson ha spiegato le sue ragioni per la sua precaria situazione dovuta alla maggioranza risicata che viene messa in pericolo con la defezione di quattro parlamentari. Non corre per adesso lo stesso pericolo di Kevin McCarthy, il suo predecessore che due anni fa fu rimosso a causa della ribellione di alcuni repubblicani che si allearono coi democratici. Ma la sua situazione rimane precaria e diverrà ancora più difficile quando alle elezioni di midterm dell’anno prossimo, secondo tutte le aspettative, i democratici conquisteranno la maggioranza alla Camera. Allora Johnson non perderà solo il suo incarico di speaker ma anche la leadership del suo partito con eventuali conseguenze poco allettanti anche per Trump.

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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.

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