
Mondo
Trump e la paura del comico Kimmel
“Non ci posso credere che quella Fake News di Abc abbia riassunto Jimmy Kimmel….. Metterà a rischio la rete spifferando commenti SPAZZATURA dei democratici…… Metteremo Abc alla prova….L’ultima volta che l’abbiamo fatto mi hanno pagato 16 milioni di dollari. Questa volta potrebbe essere più lucrativo”. Con queste parole Donald Trump commentava il ritorno del programma serale di Kimmel alla Abc dopo una sospensione durata sei giorni.
Come si ricorda, i dirigenti della Abc avevano sospeso il programma di Kimmel per i suoi commenti poco sensibili sulla morte di Charlie Kirk. Dopo l’assassinio dell’attivista conservatore Kimmel aveva fatto una battuta accusando la destra americana di volere strumentalizzare la tragedia per scopi politici. Trump aveva accolto la notizia della sospensione di Kimmel con entusiasmo attaccandolo come un individuo senza nessun talento che non faceva altro che criticarlo. La reazione di Trump era stata rivendicata dalla destra in linea generale soddisfacendo anche Brendan Carr, il presidente della Federal Communications Commission, (FCC) che regola le concessioni ai media americani di radio e televisione. Carr aveva persino minacciato che con le buone o le cattive le reti devono prendere le adeguate misure sui loro programmi, intimando che altrimenti vi sarebbero ritorsioni dalla FCC.
Carr però è stato criticato da elementi della sinistra ma anche da leader del Partito Repubblicano hanno preso le distanze. Il senatore Ted Cruz, repubblicano del Texas e grande sostenitore di Trump, ha dichiarato il pericolo dicendo che “quando il governo si intromette in quello che ci piace o no di quello che i media dicono” e che gli si può togliere le concessioni, alla fine andrà a finire male anche per i conservatori. Kimmel, nell’episodio del suo ritorno in onda, ha citato Cruz con il quale non condivide quasi nulla, eccetto l’idea della libertà di espressione. Anche il senatore Mitch McConnell, repubblicano del Kentucky, ha difeso l’importanza del principio di libertà di espressione. Anche Tucker Carlson, ex conduttore conservatore di Fox News e attualmente podcaster, ha difeso l’importanza della libertà di espressione.
Carr durante la presidenza di Joe Biden aveva espresso idee vicinissime a quelle di Kimmel. Nel 2022 Carr da membro ma non presidente della FCC aveva elogiato l’allora presidente Biden dichiarando che “la satira politica è la più vecchia e più importante forma di libertà di espressione. Sfida quelli al potere usando l’umorismo per attirare molta gente nella discussione. Ecco perché quelli che contano l’hanno sempre presa di mira per censura”. Adesso però Carr obbedisce ai desideri di Trump e minaccia i media come fa il presidente.
Trump, come si sa, ha sempre attaccato i media accusandoli di fake news e di trattarlo malissimo. Le sue minacce ai media hanno ottenuto alcuni successi poiché la stessa ABC, CBS, e piattaforme come X, Facebook, e YouTube lo hanno compensato per tenerlo buono e non dovere subire ritorsioni per danneggiare le altre compagnie che fanno parte del loro business. Bisogna ricordare che quasi tutte le corporation che possiedono radio, televisioni, e anche giornali hanno anche interessi economici che dipendono dal governo. Spesso nei loro sforzi di movimenti societari fra aziende nel settore della comunicazione e altrove hanno bisogno di favori dal governo e sanno benissimo che Trump non esita a colpirli se non fanno i buoni. Le sue denunce sono molto frequenti e la cosa più facile per queste mega aziende è di piegarsi ai voleri di Trump concedendo contributi alla sua campagna elettorale e anche dopo. Una delle pochissime aziende che non ha altri interessi economici al di là del giornalismo è il New York Times che Trump ha spesso denunciato. Nell’ultima querela il presidente chiedeva risarcimenti di 15 miliardi di dollari per “danni subiti”, accusando il giornale di essere un “portavoce del Partito Democratico”. Proprio in questi giorni però un giudice federale della Florida ha respinto la causa, confermando il giornale di New York come paladino della libertà di stampa e di espressione.
E proprio questo il tasto rievocato da Kimmel la sera del suo ritorno in onda. Il conduttore ha chiarito che il suo programma è poca cosa. Ciò che importa, ha continuato Kimmel, è che “viviamo in un Paese che permette un programma del genere”, aggiungendo che “in altri Paesi autoritari come la Russia e il Medio Oriente conduttori come lui sarebbero sbattuti in carcere per satireggiare i leader politici”. Kimmel conduce il suo programma alla Abc da ventitré anni duranti i quali ha diretto le sue frecce satiriche a presidenti democratici e repubblicani. Nessuno ha mai protestato eccetto Trump. Forse perché ha la stessa debolezza e paura di leader autoritari ai quali lui si ispira?
=============
Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.
Devi fare login per commentare
Accedi