La rottamazione è finita. Allora rottamiamo tutto

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20 Ottobre 2017

Credo che nell’atteggiamento del M5S e del PD renziano, quello insomma di cui Matteo Renzi è oggi segretario, esistano dei parallelismi. Tanto più evidenti man mano che si esaurisce quella prima leva su cui l’attuale segretario del Partito Democratico ha costruito il suo successo. Entrambi questi due schieramenti hanno fondato buona parte della loro natura innovativa sul fatto di voler sostituire quei politici, la vecchia guardia insomma, in auge al momento della loro nascita, con altra gente, facce nuove, che non erano dell’establishment, ma che nell’establishment sarebbero presto entrate. Questo tipo di meccanismo ha accomunato sia il Partito Democratico guidato da Matteo Renzi, sia il Movimento dei grillini. A distanza di qualche anno però il giochino sembra non funzionare più, un po’ perché chi doveva essere sostituito è già stato sostituito, un po’ perché quel tipo di meccanismo, probabilmente, non è nemmeno più foriero di chissà quale consenso elettorale.

Ed eccoci ad oggi, finiti i fantasmi all’interno del palazzo, si vanno a cercare quelli nascosti negli armadi degli altri palazzi del potere, con un gioco al rialzo che effettivamente potrebbe rivelarsi rischioso. Il partito di maggioranza relativa che getta ombre sull’operato della banca centrale italiana, proponendo alla Camera dei Deputati, in maniera del tutto irrituale, una mozione in cui si invita a considerare una “figura idonea per nuova fiducia”, quando nel processo di nomina del governatore le camere non hanno niente a che vedere, è gesto del tutto inedito. Se non altro perché i motivi per cui sarebbe necessario questo cambio al vertice nel testo della mozione non sono circostanziati, facendo riferimento solo al fatto che “l’efficacia dell’azione di vigilanza della Banca d’Italia è stata, in questi ultimi anni, messa in dubbio dall’emergere di ripetute e rilevanti situazioni di crisi e di dissesto di banche, che … avrebbero potuto essere mitigate nei loro effetti da una più incisiva e tempestiva attività di prevenzione e di gestione delle crisi bancarie”.

Le crisi bancarie a cui si allude sono state sette in tutto, le due banche venete, il Monte dei Paschi di Siena e le 4 banche poste in risoluzione due anni fa (Etruria, Ferrara, Chieti e Marche). Ma è nei termini che sta il cambio di passo rispetto alla prima discesa in campo dell’ex premier, perché sembra che il capro espiatorio di tutto, sempre secondo lui, debba essere cercato altrove che a Palazzo Chigi,  in altri luoghi, in altre sedi, in altri lidi. Giorni fa Matteo Renzi ha dichiarato al Foglio: “Se c’è un motivo per cui sono contento che la legislatura vada avanti fino ad aprile 2018 è che avremo molto tempo per studiare i comportamenti di tutte le istituzioni competenti. Cioè, competenti per modo di dire”. E lì stava facendo riferimento sia alla Consob che a Palazzo Koch. Ma è quell’allusione finale di questa sua dichiarazione che segna, e qui mi ripeto, il cambio di passo. E’ il segno che la rottamazione politica è un processo ormai compiuto, che sembra, tutto sommato, avere dato anche risultati esigui. Allora se la rottamazione 1.0 è finita, oppure non ha funzionato, vai con la versione 2.0. E rottamiamo tutto.

Mentre assistiamo a questa spettacolo, tutt’altro che edificante, escono alcuni dati OCSE che non ci raccontano certo una bella storia. E’ sempre la solita solfa del paese che invecchia, dei giovani che non trovano lavoro, e che sono sempre più poveri. Nel 2050 siano destinati a diventare il terzo paese più vecchio del mondo. E con la demografia non si scherza, ci vogliono decenni per invertire le tendenze. Quindi nel 2050 saremo effettivamente il terzo paese più vecchio del mondo. Questa la fotografia che ci viene consegnata, contenti? Personalmente, a me fa incazzare quando ci sono due poli in gioco talmente distanti e dei due si sceglie di investire tempo ed energie su quello meno importante. Da una parte le solite beghe da campagna elettorale, e dall’altra un macrodato così abnorme, anzi terrificante, diciamo senza speranza, come quello di un paese che si avvia a diventare sempre più vecchio, con tutte le varie ed eventuali relative alla tenute del sistema di previdenza sociale. Io non so che qualcuno in questi giorni ha mai fatto queste considerazioni nella sua testa, qualche politico per esempio.

Dice bene Antonio Polito sul Corriere della Sera: “Il partito di maggioranza, che sostiene il governo, non può fargli l’opposizione, è tenuto a una responsabilità comune, di collaborazione leale tra le istituzioni, soprattutto quando le decisioni riguardano un istituto la cui indipendenza è cruciale”. Le istituzioni europee restano a guardare, intanto, e questo tiro al piattello che ieri è partito con il vertice della Banca d’Italia, e domani potrebbe proseguire con chissà quale altro bersaglio, non piace e non interessa proprio a nessuno. C’è una irresponsabilità di fondo nel concepire i prossimi mesi di campagna elettorale così, con quelli che hanno governato che vogliono  fare l’opposizione a se stessi. E’ come se un animale volesse rigenerasi mangiandosi la coda. Perché la gente comune, quella che parla e commenta le notizie per la strada, sugli autobus e sui treni, si chiede, semplificandola al massimo, in questi anni di crisi bancarie il governo cosa abbia fatto per vigilare su chi vigilava, e, ammesso anche che il governo abbia fatto qualcosa, sicuramente, adesso la gente non capisce questo gioco al massacro che ha deciso di intraprendere il Partito Democratico. Ma attenzione, che la gente non capisce, ma ricorda.

TAG: banca d'italia, banche, Crisi bancarie, italia, mozione, parlamento, Partito Demobratico, Pd
CAT: Autorità indipendenti, Parlamento

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