Il Panettone d’Oro 2016 va a Rocco e a Procaccini60, molto più di un condominio
Quale essere umano non ha mai compiuto un unico, significativo ma isolato gesto di solidarietà? Una moneta ad un clochard, una donazione per una raccolta fondi, un acquisto simbolico con virtuose intenzioni, un sms da un euro o una più sbrigativa firma su change.org? E chi, poi, si è anche ricordato – previo interesse sincero – di dare seguito a quel gesto anche solo per capire come sono stati spesi quei soldi e quante persone ne hanno beneficiato?
Nella frenesia dei gesti quotidiani, nella nostra ricerca spasmodica di essere in pace con noi stessi qualche volta anche ricordandoci degli altri, talvolta sentiamo che basta esserci nel modo più semplice e indolore, senza impegnare troppo tempo ed energie che dovremmo sottrarre ad altro. Mancano gli ingredienti fondamentali della convinzione e della continuità, un po’ come quando sappiamo di dover andare in palestra e ci serve un incentivo come la compagnia di qualcuno, perchè la fatica diventi quasi un piacere.
La costanza nel tempo e la coerenza sono valori fondamentali per il raggiungimento di qualsiasi obiettivo, anche quando un risultato non si tocca con mano ma raggiunge parti più profonde di noi, del nostro essere protagonisti di un contesto sociale, come un condominio, ad esempio. In via Procaccini 60 a Milano, in piena zona Sarpi, c’è una palestra di vita che ha il sapore vintage della cara vecchia idea di vicinato e il suo motore è Rocco Tozzi, professione portiere – pugliese di 53 anni da più di 15 anni a Milano – tra i vincitori della diciassettesima edizione del Premio alla Virtù Civica «Panettone d’Oro» 2016. Un premio destinato a chi, nella città metropolitana di Milano, “con un comportamento costante nel tempo, abbia manifestato una concreta rispondenza ai principi del vivere civico”. Dal suo luogo di vedetta, controllo e incontro dei passaggi frettolosi della gente, un paio d’anni fa ha iniziato a chiedersi come si potessero rallentare i ritmi di quaranta famiglie che conducevano vite separate, unite solo dallo spazio. Procaccini60, che è anche un logo e ormai una contagiosa filosofia, è nata così, senza conoscere alcun manuale di “sharing economy” ma applicandolo nel modo più semplice e spontaneo che esista.
Il tutto è partito da una bicicletta condominiale, una festa di condominio con buffet costruito con le specialità nate nelle cucine dei condòmini multicolori, qualche oggetto usato messo a disposizione di chi ha bisogno e una piccola biblioteca che colleziona e presta libri di tutti per tutti. I mobili di traslochi e pulizie non vanno buttati ma riutilizzati, gli abiti usati trovano nuove vite tra chi ne ha bisogno (nel pieno rispetto della privacy), chi ha un’attività commerciale mette brochure e biglietti da visita sul tavolo all’ingresso e le consulenze arrivano direttamente a casa, sui pianerottoli, nel cortile condiviso. Sono gli sponsor “tecnici” di «Procaccini 60» (“Nessuno dà soldi, sarebbe uno spreco di denaro: ricicliamo tutto, tutto ha valore, prima di tutto la disponibilità umana” racconta Rocco), dall’erboristeria che offre prodotti in prova, all’agenzia di consulenza aziendale, ma anche il produttore di salumi di Martina Franca che dispensa prelibatezze, il Centro Pilates che impagina i manifesti, il ristorante accanto che porta la pizza, la giovane insegnante di danza del ventre e tip tap che dà lezioni in cortile e consulenze di life coaching. Il resto, è solo puro e semplice contagio, entusiasmo e tempo ben investito per se stessi e per gli altri: grazie a Rocco gli abitanti hanno riscoperto il valore del gioco in cortile, del cucinare insieme e per gli altri, dell’energia che si moltiplica. Lui umilmente sottolinea di aver solo acceso la miccia di un fuoco che poi ha iniziato ad alimentarsi da solo. Ma senza quelle idee, Procaccini60 non sarebbe una storia da raccontare e nemmeno un esempio da imitare.
Durante la festa condominiale in una sera d’estate, tra palloncini colorati e buffet, abbiamo visto coi nostri occhi la pastiera napoletana dell’ingegnere preparata in fretta prima di partire per la Nigeria, il tiramisù della mamma sudamericana, la signora marocchina in Ramadan che affronta il caldo e cucina cous cous per tutti anche se non lo può mangiare, l’anziano che compra vassoi di frutta, il fotografo – ufficiale, ovviamente – che immortala i partecipanti. Tra tutti c’è Rocco, circondato dai sorrisi di un lavoro che ha scoperto essere perfetto per lui ma che ormai è molto molto di più.
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