Un Paese Basato Sulla Polemica Sterile

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18 Agosto 2015

La notizia di oggi è la nomina dei direttori dei 20 più importanti musei pubblici italiani:

 

Età media cinquant’anni. Ben sette sono stranieri, dieci sono donne e quattro di queste rientrano in Italia dopo esperienze prestigiose all’estero. Non userò l’espressione patetica “cervelli in fuga” perché la ritengo equivalente all’altrettanto semanticamente avvilente “rubo!” (anziché “condivido”) tanto cara agli italiani su Facebook. E aggiungo esemplificativa di una semantica deviata.

Ovviamente monta la polemica: principalmente, mi pare di capire, per due motivazioni: per ragioni strumentali – si appartiene ad una fazione  in questo caso”sconfitta” e per motivi politici: modalità “bastian contrario by default.”

Queste nomine rappresentano una boccata d’ossigeno. A prescindere dal merito, che dai curricula appare. Le classi dirigenti italiane hanno bisogno di questo. Di uno shock culturale, perché “si-è-sempre-fatto-così” non va più bene.
Poi se sono tecnici e non sanno gestire l’ambiguità – skill che oggi, ogni manager deve saper padroneggiare, specialmente quando si dovrà discutere con gli altri stakeholder del “si-è-sempre-fatto-così”-  giudicherà il tempo.

Anche perché – come qualcuno notava giustamente su Twitter:

“Però non vi siete lamentati quando Claudia Ferrazzi, 36 anni, italiana, è stata nominata alla guida del museo Louvre in Francia”

Non è questo un paese per le polemiche costruttive. Ed è questa sì la zavorra che ci condanna a boccheggiare e a viver d’espedienti senza la possibilità d’aspirare alla creazione di una società più sostenibile nel tempo, che esalti la diversità disseminata in ogni angolo della penisola ma emarginata dai decisori.

 

@innovandiamo

 

 

PS
Ora che ci penso, alcuni mesi fa mi sono ritrovato ad un evento italiano – organizzato da un’istituzione nazionale – in stile hackathon, che non era altro che il primo passo verso un ripensamento collettivo di una certa legislazione che riguardava per certi aspetti anche il MIBACT. Beh, a quell’incontro erano presente vari soggetti che rappresentavano alcuni dei portatori di interesse, tra i quali accademici, designer e figure un po’ più ibride come la mia, consulenti-ricercatori-designer freelance. Era presente pure il MIBACT e l’impressione finale, non solo mia, è stata quella di parlare a persone che con tutta la buona volontà sono culturalmente distanti dallo spirito di questi attuali tempi. Vanno ad una velocità di crociera diversa. Tutto qui. Per cui ben vengano questi ricambi culturali.

[foto di copertina via vesuviolive.it]

TAG: dario franceschini, MiBACT, NOMINE
CAT: Beni culturali, Musei-Mostre

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