tribale e digitale: il nuovo calcio

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3 Novembre 2017

A cosa stai pensando?’ chiede lei.
A questo punto mento. Non stavo affatto pensando a Martin Amis o a Gérard Depardieu o al Partito Laburista. D’altronde gli ossessionati non hanno scelta; in occasioni come questa devono mentire. Se dicessimo sempre la verità, non riusciremmo a mantenere rapporti con chi vive nel mondo reale. Verremmo lasciati a marcire con i nostri depliant dei programmi dell’Arsenal. …. La preoccupante verità è questa: per buona parte della giornata sono un rimbabito.

Febbre a 90 (Nick Hornby)

Partiamo da qui per parlare del rapporto tra le squadre, i tifosi e i fatturati.
Da molti anni mi occupo di ricerche sul tifo; all’inizio degli anni 2000 c’erano i primi timidi approcci per comprendere come fosse il mondo dei tifosi in termini numerici. Per dimensionare cioè il patrimonio pregiato delle squadre Italiane. Ho avuto la fortuna di lavorare con i principali stake holder del calcio: media (Tv e quotidiani); club; centri media; le leghe, che nel tempo si sono sempre più interessati al fenomeno.
Da un osservatorio privilegiato ho potuto (e continuo a poter) vedere l’evoluzione del calcio dal punto di vista economico e sociale.
Era il periodo in cui, sulla scia delle squadre inglesi, il marketing e la gestione manageriale iniziavano a prendere il posto del mecenatismo.
Naturalmente, nel corso degli anni, le cose sono enormemente cambiate.
I tifosi, con le tv a pagamento, si sono ritrovati a essere anche clienti, hanno avuto la possibilità di godersi tutto quello che hanno sempre sognato: le partite in diretta. E’ stata una rivoluzione. L’offerta si è dilatata.
Non solo, il calcio è sempre più una piattaforma comunicativa, basato sul “social network” più antico del mondo: quello della passione condivisa.
Il mondo del pallone si è evoluto ed è diventato sempre di più un media a se stante, in grado di comunicare motu proprio tanto le emozioni quanto le sponsorship. E, a sua volta, è cambiato il modo di comunicare e di vedere il calcio in tv e dal vivo, nuove inquadrature, 4k, video games, calciatori diventati superstar inarrivabili, sempre più mitizzati e mitici.
Il nirvana per chi si occupa di marketing esperienziale.
La tribù del calcio si è allargata a dismisura e ha coinvolto sempre più persone. Tutto diverso da quando chiesero ad Alf Ramsey, ct del’Inghilterra campione del mondo del 66, chi erano i quattro più forti giocatori della Nazionale italiana, si fece serio e sentenziò:”Rivera, Rivera, Rivera e ancora Rivera”
La seconda rivoluzione è arrivata con i social network, intesi nel senso contemporaneo, la passione di ognuno si è saldata a quella degli altri. La possibilità non solo di avere informazioni a flusso continuo ma di poter diventare ognuno un editore di contenuti, ha proiettato ogni tifoso al centro dell’azione.
E ha permesso alle squadre di “conquistare” e di crescere altri fan all’estero, fan per cui il calcio è gioia divertimento.
L’Oriente innanzitutto, dove le squadre italiane, hanno un grande seguito.
In Cina la Serie A è stato uno dei primi campionati stranieri a essere trasmessi, la Supercoppa italiana ha avuto varie edizioni proprio a Pechino. La proprietà di Milan e Inter non è quindi un caso che sia cinese.
I fatturati hanno cominciato a crescere e nel tempo si è ridotto il numero degli investitori che hanno migliorato e reso più efficiente la loro visibilità. Una sintesi dei dati principali. curata da Alessandro Antonucci.
Le tre squadre italiane più famose, Inter, Juventus e Milan (in ordine alfabetico) sono da sempre quelle con più tifosi, favorite dalla propria storia vincente: per rendersene conto è sufficiente guardare l’Albo d’oro non solo del campionato ma anche della Coppa dei Campioni/Champions league.

Nel medagliere, la Spagna è prima con 17 successi e 11 secondi posti, l’Italia è seconda con 12 vittorie e 16 sconfitte in finale, al terzo posto l’Inghilterra anch’essa con 12 trionfi ma solo 7 “medaglie d’argento”.

Siamo una potenza del calcio, perché a questi numeri vanno aggiunti i 4 mondiali vinti dalla nazionale e le finali perse, il doppio di inglesi e spagnoli messi insieme.

Il calcio in Italia ha un significato sociale che travalica (in senso positivo) quello del gioco stesso, fa parte di ognuno di noi, comunque la si pensi. E’ una presenza, per alcuni ingombrante e fastidiosa, ma per la maggior parte quasi liturgica. Questa è una delle differenze principali, ad esempio, con gli sport americani.
Per capire l’Italia dei mille campanili, è necessario innanzitutto capire il calcio e la sua presenza nel tessuto quotidiano.
Come il cibo che deve essere assaggiato e coinvolge i cinque sensi, il calcio va vissuto con i sensi dell’anima che sono molti di più.

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