Beppe Grillo e Andrea Agnelli: la casta del grande sopruso

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21 Aprile 2021

Non riesco a capire la differenza tra la penosa esibizione di Beppe Grillo in difesa di suo figlio e la faccia da schiaffi di Andrea Agnelli mentre annuncia la nascita della Superlega. Mi spiego meglio. Io non so se il figlio di Beppe Grillo sia colpevole o innocente, ed è una cosa di cui si occuperanno i tribunali. Io non so se la Juventus e gli altri squadroni sono veramente al limite della bancarotta, ma non mi sorprenderebbe se lo fossero. Ma non lo so.

La somiglianza risiede nell’atteggiamento con cui si affronta una crisi, scaricandola sul pubblico perché, forse, non si è capaci di affrontarla nel privato. Se io fossi il signor Grillo, eviterei di fare gran cagnara intorno ad una storiaccia che, se fosse vera, sarebbe veramente imbarazzante. Diventa però imbarazzante a prescindere da suo figlio, perché il comico genovese sbrodola rabbia senza fine, smozzica frasi maschiliste, cerca in tutti i modi di catturare una risata, un’occhiata di simpatia, un’intesa “dai-che-siamo-tutti-un-po’-maschiacci”. Personalmente questa cosa mi indigna, ma è una cosa mia. Sta di fatto che l’operazione di Grillo sia di spostare l’attenzione dalle accuse di stupro alla fantomatica “leggerezza delle ragazze svedesi” – un’operazione ingiusta, incivile, un atto di violenza perpetrato da chi può andare in TV quando vuole e straparlare, ai danni di due famiglie normali che, in Svezia, cercano di gestire come possono una faccenda che, non importa come andrà a finire, avrà strascichi emotivi in tutte le persone coinvolte.

Andrea Agnelli, invece, contribuisce a fondare una Superlega perché ha bisogno di soldi subito ed è stufo di doversi confrontare con il Benevento e l’Atalanta e, spesso e volentieri, perdere. Nel circo che Agnelli chiama calcio la Juventus non può perdere, se non con aristocratici pari grado, altrimenti la sconfitta è un reato di lesa maestà ed uno stop alle entrate economiche di cui quei 12 club hanno bisogno per restare dove sono. Come Grillo: costoro sono convinti che quel posto, quei soldi, quelle vittorie, quel potere, spetti loro per sentenza divina ed inappellabile, e permetta loro (come ha fatto Florentino Perez in un’intervista paragonabile a quella di Beppe Grillo) di dire che il bene di quei 12 club sia il bene del calcio. Ed il bene degli amici di Grillo è il bene dell’Italia. Capite dove sia il tranello retorico?

In entrambi i casi si fà leva su una forza animale ed incontrollabile, che chiamiamo giustamente “tifo”. Si tifa per la Juventus, per il M5S, per “le donne sono tutte puttane” e, soprattutto, si percepisce la gioia solo nella sopercheria, nella prepotenza, nel sopruso. Ti sconfiggo anche se ho torto. Ti batto comunque, ti umilio, ti disprezzo, uso tutto il mio potere per cancellare le tue vittorie o ridicolizzare i tuoi risultati.

La crisi della giustizia ha portato con sé la crisi di un sistema di valori più complesso ed ancora più importante, e ci ha riportati indietro al medioevo. Questa crisi si può sintetizzare in una frase: non si decide più in base alle regole, ma in base alla forza bestiale, economica o fisica e – cosaa ncora peggiore – tutto questo è accettabile. Anzi, incontrovertibile.

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Se esistesse ancora la giustizia, a mio parere, ora dovrebbero accadere due cose. Beppe Grillo dovrebbe essere costretto a tacere pubblicamente su suo figlio, perché ne sta rovinando la reputazione e l’equilibrio psicologico. Nessun buonismo nei confronti dei genitori che picchiano gli insegnanti perché danno voti cattivi ai pargoli, o insultano i magistrati che, con coscienza, prima di condannare o assolvere qualcuno, esigono di capire esattamente cosa sia accaduto.

Dall’altra parte: Juventus, Milan ed Inter IMMEDIATAMENTE esclusi dai campionati. Tutti. Ed i loro calciatori non possono essere più schierati dalle Squadre nazionali. Non sono più calciatori, ma circensi, che mettono in scena una pantomima (come il Wrestling). Se la UEFA e la FIFA non faranno questo, allora sarà la fine del calcio come grande sport popolare che riunisce l’intero pianeta.

Ma attenzione: si può vivere decentemente senza calcio e senza Beppe Grillo. Ma non si può vivere decentemente in una società che considera il sopruso come una qualità positiva

TAG:
CAT: calcio, Giustizia

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