Calméjane doma il Giura, oggi tocca alla Grand Colombier

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9 Luglio 2017

C’è stato un momento in cui la tappa di ieri, a soli cinque chilometri dal traguardo di Station des Rousses, è sembrata tornare in gioco. Lilian Calméjane, corridore 24enne della Direct Énergie ha infatti interrotto la pedalata, per fare stretching in sella, come chi vogli allungare e distendere la muscolature per tentare di sciogliere un crampo.

Le telecamere subito sono andate a cercare il volto del suo general manager Jean-René Bernaudeu, ex gregario di Hinault, che anche gli appassionati Italiani di ciclismo ricordano per la fuga vittoriosa in compagnia del suo capitano sullo Stelvio al Giro del 1980. Bernaudeu, faccia un po’ da attore e un po’ da pugile, era in quelle stagioni il delfino del monumentale Bernard nella Renault-Gitane di Cyrille Guimard, che lo aveva fatto passare professionista. In qualsiasi altra squadra avrebbe corso da leader: ai Mondiali del 1979 a Valkenburg, quelli della spinta in volata di Raas a Battaglin, giunse terzo, a soli 23 anni. Un mese prima si era classificato quinto al Tour, a 32 minuti da Hinault. Avete letto bene, 32 minuti. Distacchi a cui si fa fatica a credere, soprattutto se si tiene che risalgono all’epoca in cui il ciclismo si guardava ancora a colori.

É cambiata la preparazione, la tecnologia, c’è stato un generale livellamento verso l’alto. Ma soprattutto è cambiato, e continua a cambiare, il modo di correre e interpretare i percorsi. Nella tappa che attraversava il Giura, e che prevedeva dopo lo scollinamento di una salita di prima categoria ancora una decina di chilometri di falsopiano, è andata via sin dalla partenza una fuga di 50 corridori. É la nuova moda delle corse a tappe. Liberi tutti coloro che non sono in classifica: in testa si forma un plotone molto allargato, con dentro tutti i cacciatori del successo parziale, in un secondo gruppo restano gli uomini di classifica con i gregari preposti ad accompagnarli nelle salite, scandendo loro il ritmo in progressione, mentre velocisti e atleti per diversi motivi in difficoltà si riuniscono da subito nel gruppone che tiene d’occhio solamente il tempo massimo consentito per arrivare al traguardo.

Questo mix esasperato di anarchia da un lato e controllo dall’altro produce di fatto due corse in una. Nella prima tutto può succedere. Nella seconda non succede nulla. Così, la lunga e laboriosa selezione dal basso dei fuggitivi, fatta di scatti e controscatti, ha finito per individuare un gruppo di cui facevano parte, tra gli altri, i belgi Van Avermaet, Bakelants e Pauwels e i redivivi Warren Barguil, Robert Gesink e Andrew Talansky, tutti e tre frenati nelle ultime stagioni da diversi problemi. Con grande caparbietà e una buona dose di incoscienza Lilian Calméjane è riuscito a liberarsi uno dopo l’altro di questi concorrenti agguerriti. Non male per un ciclista che quest’anno aveva sì vinto sette gare minori, ma che sino a ieri era sconosciuto al grande pubblico.

L’albigese, professionista dal 2016, ha rischiato però di pregiudicare il grande lavoro svolto per l’affaticamente muscolare di cui è stato vittima a pochi chilometri dal traguardo. Sul volto di Bernaudeu è comparsa immediatamente la paura di vedere la vittoria sfumare. Per la Direct Énergie una vittoria di tappa equivale a una maglia a Parigi, garantendo la possibilità di continuare a costruire un progetto su corridori giovani e per lo più- se non esclusivamente- francesi. Bene è andata dunque a Calméjane che Gesink, il più immediato inseguitore, avesse già dato il meglio di sé e viagiasse a sua volta con la spia rossa. L’olandese, che al Tour del 2010 è stato quarto e a quello del 2015 sesto, sembra finalmente essere riemerso da un periodo molto difficile, costellato da infortuni e da problemi cardiaci. Non è più un potenziale vincitore di corse a tappe, ma essendo già nella prima settimana fuori classifica potrà cercare con calma un successo parziale, come quello della Vuelta dell’anno scorso sull’Aubisque.

Robert Gesink

Detto della giornata di gloria di Calméjane (che ha le carte per tentare il bis nelle tappe future) e della soddisfazione di Bernaudeu, va registrato l’esasperato attendismo di tutti i big, tra cui il solo Daniel Martin ha tentato una sortita in discesa in prossimità dell’arrivo. Il treno Sky sulle salite del Giura è parso inattaccabile. Difficile per i sorvegliati speciali Bardet, Contador, Quintana e Aru tentare la sortita. Molto però ha fatto anche la paura della tappa di oggi, che si conclude a Chambery, con l’accoppiata di colli Biche-Grand Colombier in sequenza. Il primo davvero durissimo, con dieci chilometri al 9% e il secondo di 8,5% chilometri al 10%, ma soprattutto con tre chilometri con pendenze ancora superiori.

I tornanti della Grand Colombier

Dopo il passaggio sulla Grand Colombier mancheranno ancora novanta chilometri, e in particolare il Mont du Chat, salita anch’essa molto dura, che abbiamo imparato a conoscere poche settimane fa al Giro del Delfinato. Ce n’è insomma abbastanza per suscitare tutti i timori reverenziali del caso. Ed è quasi sicuro che ancora una volta i capitani vorranno giocare una loro partita, fatta di sguardi al computerino e ai watt, lasciando a una corsa nella corsa, questa sì “vecchio stampo”, la lotta per il successo di giornata.

TAG: Grand Colombier, Jean-Renè Bernaudeu, Lilian Calméjan, Robert Gesink
CAT: ciclismo

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