IL GIOVANE FAVOLOSO Ritratto di un intellettuale dei nostri tempi

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6 Novembre 2014

 

 

La struttura drammaturgica del “Giovane Favoloso” apparentemente sembra ispirarsi al modello classico in tre atti.

In realtà nel film di Martone non ci sono atti, ci sono tappe, capitoli.  Ogni tappa non si chiude con un climax, come vorrebbe il modello classico: con un evento che rivoluziona la situazione proponendo a tutti i personaggi, nell’atto successivo, delle circostanze nuove, ma si chiude con un testo poetico o filosofico.

La scelta formale del regista-sceneggiatore è dettata da una domanda fondamentale: come fare un film che ha per protagonista un poeta: un uomo la cui vita è tutta interiore, le cui azioni sono tutte invisibili perché tutte hanno luogo nel segreto dello spirito?

Martone sceglie tre stagioni e tre luoghi della vita di Leopardi e compone il ritratto di un’anima:

La prima giovinezza a Recanati. La maturità a Firenze. Il declino e la morte a Napoli.

Il primo capitolo racconta la sofferenza della clausura e il desiderio dell’altrove. Non termina con la fuga, ma con il canto de “L’infinito”.

Il secondo racconta l’esperienza del mondo e l’incontro con i letterati del tempo. Non si chiude con il rifiuto della morale perbenista del Gabinetto Scientifico e Letterario di Vieusseux, ma con il “Dialogo della Natura e di un Islandese”.

Il terzo racconta l’attesa della fine e del riposo in una Napoli minacciata dal colera e aggredita dal fuoco del Vesuvio. Non si compie con la morte del poeta, ma con il canto de “La ginestra”.

 

“L’infinito”, “Il Dialogo della Natura e di un Islandese” e “La ginestra” sono i momenti in cui si realizzano pienamente le tre stagioni che Martone ha scelto per ritrarre Leopardi.

La sofferenza della clausura a Recanati si realizza nella contemplazione. Come scrive Citati: “Mentre sta rannicchiato presso la siepe, l’eterno evoca la sua presenza infinita, il passato si identifica con la morte che porta con se`, il presente offre lo splendore squillante ed effimero della sua vita.”

Il soggiorno nella Firenze mondana si realizza nel conflitto tra Leopardi-Islandese e la madre-Natura: “Io fino nella prima gioventù fui persuaso e chiaro della vanità della vita e della stoltezza degli uomini; i quali combattendo continuamente gli uni cogli altri per l’acquisto di piaceri che non dilettano e di beni che non giovano… tanto più si allontanano dalla felicità quanto più la cercano. Per queste considerazioni, deposto ogni altro desiderio, deliberai, non contendendo con altri per nessun bene del mondo, vivere una vita oscura e tranquilla.”

Il ritiro a Napoli, infine, si realizza nell’immagine della ginestra viva “su l’arida schiena del formidabil monte sterminator Vesevo” . Sempre Citati scrive: “La più grande qualità della ginestra sta in quel profumo dolcissimo che consola il deserto e sale verso il cielo… Sale, si diffonde, si allarga, accenna una salvezza, allude a una speranza.”

L’inizio del film annuncia la fine e la fine contiene l’inizio. Martone non vuole leggere Leopardi diacronicamente, ma ritrae un’anima che si sviluppa lungo una verticale, toccando i vertici della mistica.

 

Il “giovane favoloso” è un intellettuale in perenne trasformazione, straniero in ogni terra, che dice e sempre si contraddice, che compone e disfa orizzonti del pensiero.

Quella di Martone è una rappresentazione tragica dell’intellettuale contemporaneo.

Leopardi si consuma in un isolamento rigoroso e gelido desiderando il tempo degli inganni e delle apparenze. La sua vita è divisa tra la cura degli affetti rari e preziosi (i fratelli, l’amico Ranieri e Paolina, sorella di quest’ultimo) e il disperato bisogno di condivisione con gli intellettuali del suo tempo, graziati dal successo (Angelo Mai, Pietro Giordani, Vincenzo Monti).

Il suo pensiero trova vigore nell’affermazione di uno scetticismo assoluto (a Recanati Leopardi dice alla sorella: “La ragione umana non può trovare il vero se non dubitando. Ella si allontana dal vero ogni volta che giudica con certezza. E non solo il dubbio giova a scoprire il vero, ma il vero consiste essenzialmente nel dubbio, e chi dubita, sa, e sa il piu`che si possa sapere.”), ma di fronte al trascendente, all’ignoto il pensiero di Leopardi riconosce la propria impotenza.

 

Martone ritrae Leopardi e tratteggia l’800 per riflettere sul nostro tempo.

Nei nostri anni, segnati dal crollo forse definitivo del cristianesimo, dal radicarsi del nichilismo, dalla divulgazione sempre più misera del relativismo, quel che resiste è la voce dei poeti.

E la chiusura del film, che sembra annunciare una prossima apocalisse ricorda molto “Fuga della morte” di Celan la poesia concepita  nel cuore dell’ dell’Olocausto: “…salirete come fumo nell’aria e avrete una tomba nelle nubi là non si giace stretti…”.

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CAT: Cinema

Un commento

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  1. Alfio Squillaci 9 anni fa

    Una lettura accurata e molto bella del film, che condivido in pieno. Grazie. Il film è molto bello, e Martone si qualifica come il miglior interprete del nostro ‘800.

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