L’Indonesia è cinema

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17 Settembre 2016

La prima volta che sono andata in Indonesia, ho capito che il mondo non era solo Stati Uniti ed Europa. Avevo tredici anni, i capelli a caschetto e una passione smodata per le infradito. Imparai a mangiare il nasi goreng, a svegliarmi con la preghiera del muezzin e a pronunciare qualche parole di indonesiano, una lingua musicale e gentile. Tornai con vestiti di batik, il germe dell’induismo e una straordinaria passione per il kajal.

L’Indonesia era la scoperta di Bali, ma soprattutto di un entroterra sterminato, fatto di storie, di magia, di sporcizia e di povertà. L’Indonesia restava ai confini del mondo, ed è per questo che il Festival del Cinema d’Indonesia, giunto adesso alla terza edizione, è così prezioso. Perché porta un frammento di una terra meravigliosa, ma poco nota; una terra onesta e generosa, come i suoi abitanti.

Fulcro di questa narrazione per immagini, che si terrà da venerdì a domenica allo Spazio Alfieri di Firenze (via dell’Ulivo 6), è l’associazione no profit IMI – Indonesia meets Italy, il cui mito sembra essere racchiuso nelle dolci parole di Joseph Conrad in Vittoria: “L’arcipelago aveva un fascino durevole. Non è facile liberarsi dalla magia della vita su queste isole”.

Il percorso proposto dal Festival sarà uno slalom fra commedie e drammi, presentati perlopiù in anteprime europee e alla presenza dei registi. Dopo un esordio culinario (22 settembre), il festival andrà a battesimo il 23 con Anggun, la più talentuosa e nota cantante indonesiana che si è imposta come vera e propria star internazionale, recentemente nominata Ambasciatrice di buona volontà della Fao.

“In un momento particolarissimo come questo, in cui l’Europa è dilaniata da attentati di matrice fondamentalista islamica, il messaggio che proviene da Aggun e dal Festival stesso e dalla Città di Firenze è di assoluta ricerca di pace e distensione. Un segnale che evidenzia come il mondo indonesiano sia lontano, tendenzialmente e a parte le influenze esterne ad esso, dalla violenza e dal fanatismo che, spesso, viene collegato al mondo islamico di origine araba. L’Indonesia ha infatti una lunga storia, a partire anche da figure di spicco come il Presidente Gus Dur, in cui la religione, come in ogni Stato laico, ha evitato di infiltrarsi e permeare le strutture civili e burocratiche o della giustizia, rimanendo esterna all’amministrazione della Società” spiega Jacopo Cappuccio, mente del Festival insieme a Malina Andryani.

“I Film in programma – spiega proprio Malina Andryani – sono stati scelti dopo aver contattato ed incontrato molti registi, attori e produttori dedicando a ciò dei soggiorni ad hoc a Jakarta. La scelta è caduta su quanto sono riusciti a comprendere lo spirito del Festival che consiste nel desiderio di promuovere l’Indonesia in Italia, e salvaguardare quella particolare caratteristica di generosità, affidabilità ed onestà che caratterizza la società indonesiana”.

La proposta è quella di un mondo variegato, e avvolgente che si declina in sei film. Si comincia con Filosofi Kopi, pellicola dedicata al magico mondo del Caffè di cui l’Indonesia è grande produttrice e appassionata. Da segnalare anche Jingga, della regista ed attrice Lola Amaria che racconta la vita di un gruppo di giovani ipovedenti, e il ripescaggio di una pellicola del 1957 Tiga Dara, che racconta l’epopea femminile di tre donne nel cuore dell’Indonesia. In sala c’è da giurare che si sentirà l’odore dei chiodi di garofano e di incenso, e gli occhi si riempiranno di grandi meraviglie che raccontano quanto incredibilmente grande è il mondo.

 

 

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CAT: Cinema

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