Malcom & Marie

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11 Febbraio 2021

Sam Levinson è un figlio d’arte: uno dei tanti cresciuti a Hollywood che probabilmente al barbecue della domenica giocavano con gli zii De Niro, Al Pacino o Spielberg…Suo padre Barry, regista di titoli come Good Morning Vietnam, Rain Men e Sleepers, ha sicuramente avuto un peso importante, se non fondamentale nella formazione del giovane Sam, che dopo gli esordi attoriali nelle pellicole paterne, dieci anni fa è passato anche lui dietro la macchina da presa…

Ma è con Euphoria, del 2019, che questo millennial classe 1985 ha illuminato di meraviglia il panorama delle serie tv. Un gioiello targato HBO che ha visto una prima folgorante stagione, una seconda ancora in lavorazione a causa della pandemia che ha bloccato le riprese, e due episodi speciali mandati in onda il 7 dicembre 2020 ed il 25 gennaio 2021, per placare temporaneamente l’attesa.

Entrambe le puntate, strutturate sotto forma di dialogo tra Zendaya nel primo, e Hunter Schafer nel secondo, con un adulto/educatore/terapista, sono in realtà una riflessione profonda sulla confusione adolescenziale delle giovani protagoniste, sulla lotta costante per la ricerca di un’identità, per liberarsi dalle dipendenze, dagli abusi, per trovare un posto nel mondo che sia a loro congeniale, dove non importa essere comprese ma semplicemente essere.

Tutto il talento di Levinson emerge proprio in questi due speciali: non solo la capacità di annullare la presenza dello schermo e di rendere noi spettatori il confidente di questi monologhi, ma anche la solidità della sceneggiatura, scritta insieme alle attrici, in cui il personaggio si fonde con la persona e non si capisce dove finisca uno ed inizi l’altra, in una performance perfetta.

Questo esperimento è stato replicato con il lungometraggio Malcom&Marie, uscito su Netflix lo scorso 5 febbraio.

L’uso del bianco e nero vuole dare un tocco glamour alla pellicola, così come gli abiti eleganti che i protagonisti non tolgono per tutta la prima ora, mentre preparano un mac and cheese, litigano, piangono, si arrabbiano. I due sono appena tornati dalla prima del film di lui da regista, l’accoglienza è stata trionfale, ma bastano un paio di battute perchè emerga la rabbia della fidanzata, che Malcom si è dimenticato di annoverare nei ringraziamenti. Cosa imperdonabile perchè i due sono in una relazione da anni e perchè il personaggio del film sembra apparentemente non solo ispirato, ma interamente basato sulla vita di Marie, sul suo recente passato di ventenne dal grande talento la cui dipendenza da sostanze ha distrutto il suo percorso di attrice in ascesa.

Da qui si snoda una notte interminabile in cui M&M si rinfacciano più o meno qualsiasi cosa, in cui emerge il dualismo non solo di coppia ma artistico, in un mondo, quello del cinema e del cinema Hollywoodiano in particolare, in cui l’invidia, la competizione e la propria affermazione non guardano in faccia nessuno, neanche gli affetti più cari.

Ma se la partenza è buona, Levinson si perde nel diventare esageratamente autoriferito, nel buttare nel calderone i soliti temi del razzismo, dell’essere afro americani raccontati dai bianchi, dell’uso politico delle pellicole in cui è impossibile servire la causa di una minoranza e parlare allo stesso tempo ad un pubblico universale…Tante, troppe parole sperperate come a voler colpire i registi della vecchia generazione: insomma quelli con cui Sam è cresciuto. Fortunatamente la bellissima colonna sonora ci permette di tirare un po’ il fiato…

Ma davvero, mi viene da dire? Siamo ancora al punto in cui se non sei povero non puoi raccontare della povertà, se non sei nero non puoi raccontare dei neri in maniera oggettiva? Innumerevoli capolavori del cinema ci insegnano che questo si può fare, che cineasti che non hanno mai conosciuto realtà difficili nel loro personale, hanno scritto, raccontato, messo in scena la brutalità, i dimenticati, la sofferenza in maniera straordinaria. In questo film invece, la sensibilità verso temi attuali e delicati, si è tramutata in uno sfoggio sterile di competenza, da cui lo spettatore non si sente coinvolto o toccato, ma semplicemente annoiato.

La parte migliore dei dialoghi è invece quella che riguarda la dinamica di coppia, l’azione e reazione tipiche che si innescano nei litigi tra uomo e donna e mentre Zendaya vince la battaglia anche sul piano dell’interpretazione, John David Washington, altro figlio d’arte, è spesso fuori parte, troppo o troppo poco nel personaggio, ricordandoci sempre che sta recitando delle battute.

The reason you don’t value it. the reason why you never wonder if you’re the best fuck I’ve ever had, or the kindest, or the smartest, or the most talented person I’ve evere been with, it’s because it is inconceivable to you that there is anybody on this planet that is more interesting than you are. Your lack of curiosity is merely an extension of your narcissism, your megalomania, your egoistical view of the world. You’re good. Your are set. The man I’m looking at right now is as good as he’s gonna get.

Voto 2/5

Elisabetta Baou

TAG: Cultura
CAT: Cinema

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