Quel magnifico strafottente di Jean Paul Belmondo
Era gradasso, debordante, usciva sempre fuori dal coro, sbruffone, gigione, ma quando faceva il malinconico bastava lo sguardo impacciato: e seduceva.
Perché nato per il cinema: per lui non era un lavoro, ma un divertimento e “questi mi pagano pure”, diceva compiaciuto.
Con Belmondo se ne va la Francia del cinema disobbedente, ma di una disobbedienza tollerabile, eretica, anche sciccosa.
Era bellissimo con la penzolante sigaretta; aveva un sorriso smagliante,sino al ghigno irriverente, all’ironia baldanzosa e contagiosa. Di questo Alain Delon ne era invidioso.
Belmondo, il fascinoso, il sontuoso, il vero trascinatore- come attore- di quel movimento che fu, nella Francia del secondo dopoguerra, la nouvelle vague.
La Francia è sempre avanti: è l’Europa delle rivoluzioni della Storia, perché sta scritto nel Fato, negli scandagli del Tempo che le rivolte contro tutti i poteri devono nascere prima lì.
La nouvelle vague è quella straordinaria del cinema francese: è il primo movimento a testimoniare alla fine degli anni ‘50, in tempo reale, l’immediatezza del divenire, trasuda in quelle pellicole una tensione vitale, con la voglia di libertà, di ripercorrere e riprodurre la realtà palpitante, tragica, inquieta, ma anche sincera e gioiosa: perché quei cinéphiles impenitenti, capeggiati da Godard e Truffaut, la volevano ribaltare come un guanto, stravolgere. Per questo dicevano “ si può girare un film anche per la strada, senza troppi soldi e produttori prepotenti”.
Fu la rivista “Cahiers du cinéma”, la culla di questo rivoluzionario movimento.
Si ricordino tra l’altro gli articoli del celebre critico Michael Cournot.
Belmondo ne era l’incarnazione sullo schermo con le sue dileggianti smorfie.
In “Fino all’ultimo respiro” , film cult della nouvelle vague, Belmondo era il braccio armato del regista-Godard-che a lui chiese di spingersi fino allo sberleffo supremo.
“È troppo tardi per aver paura” ,“ tra il nulla ed il dolore scelgo il dolore”. “E tu, cosa sceglieresti?”… “Non è meglio… ma il dolore è un compromesso. O tutto o niente”.Sono battute storiche della sceneggiatura di Truffaut.
Ma è piaciuto anche nel ruolo drammatico di Michele, il giovane antifascista de “ La Ciociara”.
A lui, magnifico strafottente, dovevi perdonare tutto.
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