Slow West: un road movie che attraversa il cinema del momento

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29 Luglio 2015

Regia di John Maclean. Protagonisti: Michael Fassbender e Kodi Smit-McPhee; Western 84’, Gran Bretagna 2015. Vincitore del Gran premio della giuria: World Cinema Dramatic al Sundance Film Festival 2015.

Un road/western movie lento, scandito dai solidi passi di un giovanissimo aristocratico scozzese, determinato a raggiungere il Colorado, dove, dopo una precipitosa fuga dalla Scozia, la sua amata Rose Ross (Caren Pistorius) vive con il padre, barricata, armata fino ai denti, in una casa nel bel mezzo del nulla. John Maclean, regista-musicista britannico al suo primo lungometraggio, gira un film che omaggia una eterogenea costellazione cinematografica, mescolando con perizia gli storici spaghetti western di Sergio Leone,  le atmosfere desolate di alcuni film dei Cohen, il distacco onirico di Wes Anderson e, su tutti, la lezione di Quentin Tarantino, che degli “omaggi” è il maestro indiscusso.

Niente di nuovo sul fronte occidentale, ma il risultato è piacevolissimo e convince pubblico e critica, che accoglie il film di Maclean con il gran premio della giuria al Sundance 2015. Merito senz’altro anche degli ottimi attori protagonisti: Kodi Smit-McPhee, nei panni del diciassettenne Jay Cavendish e Michael Fassbender, alias Silas Selleck, cowboy errante e cacciatore di taglie, che, in cambio di denaro, si offre di proteggere Jay durante il lungo viaggio verso Ovest.

Ma Silas non è solo la guida di Jay, il mercenario che vive alla giornata, senza passato e senza meta, incalzato dalle ragioni della pancia, è anche l’onnisciente voce narrante che ripercorre l’intera parabola compiuta dal giovane scozzese. Un profondo scarto separa le azioni di Silas dal modo in cui le racconta, uno scarto che, si capisce, è il frutto dell’incontro con Jay, ultimo eroe romantico in un mondo che da est a ovest sembra essere un ininterrotto stato di natura. “Il ragazzo guarda le cose in modo diverso. Con lui tutto è una landa di speranza”, dice lo stesso Silas.

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Sembra non mancare niente a questo bel film, che recupera il genere western e lo rinfresca con una particolare cura estetica e fotografica, un’ambientazione diversa da quella a cui siamo abituati (niente Montagne Rocciose, per intenderci, ma boschi e prati verdi), una connotazione temporale vaga, quasi priva di riferimenti storici e scandita da cieli stellati, che conferiscono al film una tonalità onirica, “galleggiante”, coronata dalla scena in cui i due protagonisti cedono alle lusinghe della Fata Verde.

Eppure qualcosa manca. Forse è una cifra distintiva, che renda l’esito di una miscela così ben ponderata qualcosa di più di un ottimo risultato. O forse è tutto un po’ troppo familiare e quello che manca è lo spaesamento, è il senso di estraneità che porta a reflectere (nel senso di indietreggiare per guardare meglio qualcosa che non si è ancora afferrato). Ma il forse è d’obbligo, perché Maclean è al suo primo vero film e prima di proferire verdetti, aspettiamo una pagina di Wikipedia a lui dedicata e il suo prossimo lavoro, con l’augurio che sappia andare oltre la lezione dei maestri e coglierci impreparati.

 

TAG: Slow West recensione
CAT: Cinema

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