Visconti e quell’intreccio di talenti chiamato cinema

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19 Gennaio 2017

È iniziata alla Casa del Cinema di Roma il 18 gennaio e proseguirà fino al 22 febbraio “Talenti intrecciati: Visconti, Garbuglia, Tosi“, un mostra e una rassegna cinematografica per rendere omaggio a quell’incrocio di artigianalità che rende possibile la magia del cinema: non solo il lavoro del regista demiurgo, dunque, ma anche quello di scenografi e costumisti, collaboratori senza cui l’ingranaggio filmico non può prendere vita.
Organizzato dalla Associazione Scenografi Costumisti e Arredatori Italiani (la A.S.C.), instancabile nella volontà di rendere noto ai più il mestiere di quelli che per molti non sono che “soliti ignoti”, il progetto è stato curato da Lorenzo Baraldi, Alida Cappellini, Giovanni Licheri, Alessandra Di Fiore e Italo Moscati in collaborazione con la Cineteca Nazionale – Centro Sperimentale di cinematografia.
La Casa del Cinema, nata nel settembre 2001 in quella Casina delle Rose di Villa Borghese allora in totale degrado da più di 25 anni, conferma così la sua vocazione di centro d’attrazione per amanti della settima arte, ma anche di semplici curiosi. Nelle due sale espositive, la Sala Amidei e la Sala Zavattini (che rappresentano “tutto il cinema italiano dalla A alla Z”), è possibile ammirare le riproduzioni dei bozzetti realizzati dallo scenografo Mario Garbuglia e del costumista Piero Tosi; a fare da contrappunto visivo, le fotografie di scena di Mario Tursi.

Quattro i film della prima sala: “Morte a Venezia”, “Il Gattopardo”, “La caduta degli dei” e “L’innocente”, con dei bozzetti del progetto, mai realizzato, della riduzione per il grande schermo della monumentale “Recherche” proustiana, a cui Visconti lavorò dal 1971 (anno del centenario della nascita di Marcel Proust) con Garbuglia e Tosi per diversi anni, per poi abbandonare definitivamente (e inspiegabilmente) il lavoro nel ’73, per dedicarsi invece a “Ludwig”. Mario Garbuglia racconta nel suo scritto “Con Luchino Visconti in Francia per un film su Proust” che passarono al setaccio la Francia per sei settimane alla ricerca dei luoghi: prima a Parigi, poi nel castello di Ferriére, la grande residenza Belle Époque che apparteneva a Guy de Rothschild, infine a Combray e a Cabourg, la Balbec della Recherche, riuscendo persino a convincere le autorità del luogo a posticipare la demolizione del Grand Hotel dove Proust era solito alloggiare. Nel frattempo, Piero Tosi cominciava a disegnare i costumi, in allarme per la precisione con la quale Proust descrive gli abiti e per l’arco di tempo che il film – e di conseguenza l’abbigliamento dei personaggi – avrebbero dovuto coprire. La mole delle fotografie e dei bozzetti accumulati fu enorme, ma il film, di cui esisteva già la sceneggiatura di Suso Cecchi d’Amico (altra collaboratrice storica e indispensabile di Visconti), si arenò.
Così, ai bozzetti di Tosi della “Recherche” manca un volto immortalato da Tursi. Impossibile, infatti, non rimanere estasiati dalla bellezza delle donne di Luchino Visconti che dominano la sala: dalla Mangano di “Morte a Venezia” (accompagnata dal celebre Tadzio, che tanti mesi di ricerca nel Nord ed Est Europa costò al regista, ossessionato dall’idea di trovare dei lineamenti il più possibile fedeli alle parole di Thomas Mann), alla Cardinale, da Ingrid Thulin, conturbante protagonista de “La caduta degli dei”, e Charlotte Rampling (splendido lo scatto di Tursi che la raffigura), fino alla Laura Antonelli de “L’innocente”.

«Il cinema è un oblò da cui si affacciano gli attori, il naso può avere più peso di un costume. Se la testa, il trucco, la pettinatura, l’acconciatura non sono perfetti… il costume frana», ricorda un pannello a firma di Piero Tosi, a cui il fotografo è riuscito a rubare un gesto sul set di “Morte a Venezia”.
Tursi seguì Visconti da “Vaghe stelle dell’Orsa”: «All’inizio non era fotografo di scena, ma un fotografo esterno, pagato dai giornali e non dalla produzione – racconta la figlia Manuela, che dell’archivio paterno si è fatta gelosa e attenta custode – Di anni e anni di lavoro sono rimasti 165mila scatti, dal 1961 al 2002, un incredibile patrimonio a testimonianza del grande cinema realizzato in questo nostro Paese». Oggi l’Archivio Tursi, che richiede continua cura e manutenzione, oltre la necessità di essere riversato su digitale per essere conservato e salvato, è messo a disposizione di mostre ed eventi per tentare di preservarne la memoria.
Già, la memoria; quella memoria indispensabile a Garbuglia per fissare, dopo anni, il ricordo di atmosfere e suggestioni nate sui set e sui palcoscenici in cui ha lavorato: «Talvolta accade che uno scenografo abbia la possibilità di fermarsi e guardare indietro e concentrarsi su quanto ha prodotto nel corso degli anni, valutare con lucidità e cercare di trasmettere il prezioso bagaglio di esperienze vissute. Ho fissato su tela i momenti più significativi della mia vita artistica».

Così, nella seconda sala, 14 riproduzioni di grandi tele a sua firma, messe a disposizione dalla figlia Daniela Massidda Garbuglia, conducono il visitatore fin dentro agli spazi – forgiati e manipolati – in cui si svolge l’azione: dalle due scene di “Rocco e i suoi fratelli” a quella di “Gruppo di famiglia in un interno” fino alle quattro de “Le notti bianche”. Oltre a un bozzetto realizzato per “La grande guerra” (pellicola di Mario Monicelli del 1959 con la scenografia di Garbuglia e i costumi di Danilo Donati), i curatori hanno deciso di esporre anche sei quadri di messe in scena teatrali: “Uno sguardo dal ponte”, “Dopo la caduta” e “Veglia la mia casa angelo”, con la regia di Visconti, “Manon Lescaut”, diretto da Luca Ronconi, “Falstaff” e “Suor Angelica” del “Trittico Puccini”, di Franco Piavoli.
E di Garbuglia è stato proiettato, in occasione dell’inaugurazione della mostra, il breve documentario dedicato alle ville utilizzate come set de “L’innocente”, in cui lo scenografo, aiutato da immagini di repertorio, svela – con pudore e grande delicatezza – il dietro le quinte del film: la ricerca delle location, la trasformazione degli spazi esistenti e l’arredo (a opera dell’arredatore Carlo Gervasi) degli ambienti.

Ogni mercoledì, la mostra sarà accompagnata dalla proiezione di alcuni film di Visconti, selezionati da Italo Moscati; dopo “Senso” e “L’innocente”, che hanno aperto la rassegna, sarà la volta di “Ossessione” (alle 15 del 25 gennaio) e “Giorni di gloria” (alle 18.30 del 25), “La terra trema. Episodio del mare” (alle 15 del primo febbraio) e “Bellissima” (alle 18 del primo febbraio). A chiudere, il 22 febbraio, due documentari: “Luchino Visconti: sur les traces de la Recherche” di Giorgio Treves e “Luchino Visconti entre verité et passion” di Elisabeth Kapnist, trasmesso per la prima volta alla tv francese l’11 dicembre del 2016 e proiettato per la prima volta in Italia in questa occasione.

«Il breve ciclo di proiezioni – spiega Moscati – vuole rendere evidenti, splendenti sul grande schermo, i segreti, le intese, i risultati tra i “talenti intrecciati”, tra il rigore evocativo del neorealismo alla magia dell’epica storica, umana, un percorso cronologico che va al di là delle date e lascia segni forti con immagini da brividi. Un viaggio nel tempo, macchine del ricordo, ingranaggi di talento, intrecci, emozioni, commozione, stupore. Essenze del nostro cinema, quando era, quando è grande».
Non a caso sono 5 i film di Visconti (“Ossessione”, “La terra trema”, “Senso”, “Rocco e i suoi fratelli”, “Il Gattopardo”) che fanno parte della lista, compilata da esperti e storici del cinema, dei 100 film da salvare, quelle pellicole che tra il ’42 e il ’78 hanno cambiato la memoria collettiva dell’Italia. «I nostri grandi registi – prosegue Italo Moscati – hanno avuto tutti un unico grande punteruolo in testa: il nostro Paese».
Quarant’anni sono passati dall’ultimo film di Luchino Visconti, il “grande condottiero” (di cui forse la descrizione più viva e calzante resta quella di Tommaso Chiaretti, “un aristocratico grande manierista del cinema”) che con autorevolezza e implacabile rigore sapeva tirare fuori il massimo da ogni suo collaboratore: a tutti loro è dedicato questo piccolo – e imperdibile – tributo.

 

Casa del Cinema
Largo Marcello Mastroianni, 1 – Roma
Info: tel. 060608 – www.casadelcinema.it – www.060608.it
L’accesso in sala è gratuito e garantito fino a esaurimento posti

TAG: Luchino Visconti
CAT: Cinema, Musei-Mostre

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