L’amore ai tempi dell’amata Marion, che muore

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20 Novembre 2021

Lei sta morendo di cancro. Lui è infuriato con il mondo intero. Perché si amano, così come accade nelle favole, e non possono fare a meno l’uno dell’altra. Raccontare questa storia è durissimo, nella sua tenerezza, ed il film, “Song for Marion” lo fa pestando sui tasti della disperazione, della difficile quotidianità, della malattia, e del miracolo della vita. Vanessa Redgrave e Terence Stamp sono due attori formidabili, e trasformano questa tragedia così comune ed inevitabile in una lunga poesia. Una poesia di cui conosci il finale ferale, e ci vieni portato per mano, con tutta la malinconia che deriva dall’ineluttabilità del fato.

È difficile, per me, parlare dell’anzianità e della morte, perché li sento così vicini. Non prossimi, ma vicini. Come recitava Gaber in “Gildo”, sento ogni notte il respiro di questa presenza, e sono felice nel sentirmi solo di fronte a questa prova. Che nessuno mi veda balbettante e tremebondo. Non sono fatto per condividere, ed infatti arriverò al traguardo da solo, come sono sempre stato, per tutta la vita, assecondando la voracità che mi ha reso inavvicinabile. Ma “Song for Marion” è come un dono inatteso, un balsamo che mi fa capire alcune cose.

In primo luogo, che bisogna evitare la rabbia, e non percepire tutto ciò che è naturale come un’umiliazione. Non lo è, è uno sviluppo naturale della vita, ed è necessario capire, col tempo, che tutte le vesti di cui ho ornato (o creduto di ornare) la mia anima sono inutili di fronte alla natura ed al prezzo che lei esige in cambio della cosa più miracolosa che esista: la vita. I due personaggi del film splendono di una bellezza tenera e quasi aliena, e quando si baciano non si può evitare di provare una grande commozione. La seconda lezione: vivere significa respirare, parlare, scrivere, camminare, cantare. Ora. Non c’è un momento nel quale una determinata cosa sia “decente”, ed altri in cui non lo sia. L’unico vero pubblico siamo noi stessi – a meno di non avere un amore immenso come quello descritto nel film.

La notte, prima di addormentarsi, quando il respiro dell’universo spaventa ciascuno di noi

Se ho nostalgia di ciò che non ho conosciuto? Certo che sì, ed i doni che ho ricevuto in cambio sono stati ricchi ed inattesi, ma non guariscono questo vuoto. Perché in quelle notti in cui sento il respiro, quelle notti di cui ho detto prima, sarebbe bello poter afferrare una mano e sentire che sono utile per qualcuno. Poi, al risveglio, so benissimo che ci sono persone che mi vogliono bene e per le quali posso fare qualcosa: è la lezione terribile che il personaggio di Terence Stamp impara sulla sua pelle durante il film.

Anche la lezione più dura può essere appresa con un sorriso, ed è il sorriso di quest’uomo anziano che, in poche settimane, è costretto a separarsi dalla persona che è stata la sua ragione per svegliarsi ed addormentarsi ogni giorno per tanti anni. Il suo sorriso luminoso e timido, che gli esplode sul viso quando sua moglie, davanti a tanta gente accorsa per il suo concerto, il primo e l’ultimo, canta per lui. Per lui soltanto. “I see your true colours”, vedo la persona che sei veramente. Una canzone scritta da Cyndi Lauper, ma che diventa altro, e molto di più.

Non vi racconto il finale, perché in parte è scontato, in parte è superfluo, ed alla fine il regista ha un po’ esagerato con lo zucchero… L’amore, credo, è questo. Avere accanto una persona che sa veramente chi sei, e lo trova prezioso. Peccato per me. Ma la canzone è stupenda, ed indimenticabile, e sono grato di averla ascoltata come se questa incredibile attrice l’avesse cantata anche per me.

 

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CAT: Cinema, relazioni

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