Dipinto storico di Milano

Milano

Dove inizia Milano: appunti per la metropoli di domani

7 Agosto 2025

Se milanese è chi lavora in città, la Milano del futuro deve arrivare dove riposano i milanesi. Questa è la dimensione della nuova Milano sociale e anche politica

“Dal servo encomio al codardo oltraggio” parole di Manzoni, descrizione appropriata della situazione politica milanese. Nel caldo di agosto, quando di solito il dibattito si abbandona a meline soporifere, escono a ritmo incalzante interviste e soluzioni. Tutti hanno una ricetta per rilanciare Milano, che si concretizzi in un “cambio di passo” (per i sostenitori della giunta) o in una “discontinuità” più o meno profonda (per gli ex sostenitori della giunta). All’orizzonte le elezioni cittadine. Nel 2027, salvo sorprese. 

Ma Milano è una città dove si fa fatica ad ambientare uno psicodramma, tecnica terapeutica che utilizza la rappresentazione scenica per esplorare e risolvere conflitti interiori. Utile per far emergere i traumi del passato, poco adatta a una città che per natura e vocazione guarda al presente e al futuro.

Partiamo dalla crescita, celebrata ieri, vista con sospetto oggi. Un modello per la Milano di domani non deve vedere una crescita moderata e temperata da una riscoperta vocazione sociale, ma deve pensare a crescita e inclusione sociale come volano l’una dell’altra. La crescita è condizione necessaria (da sola non sufficiente) dell’ascensore sociale. Che a sua volta è occasione di ulteriore sviluppo. 

Non serve cercare best practice nelle metropoli in giro per il mondo per trovare validi esempi, basta guardarsi intorno. Penso all’impostazione data dall’amministrazione Gori a Bergamo e a quella Castelletti a Brescia. Città che non sono Milano, si potrebbe obiettare, ma ne siamo davvero sicuri?

Qui arriviamo a una constatazione: la “piccola Milano” non basta più e non esiste più. È ormai solo una dimensione amministrativa. Su Milano gravitano lavoratori e studenti che non vivono in città, ma che ne costituiscono la spina dorsale.

Anche la dimensione della città metropolitana, che si trascina dietro un dibattito di oltre quarant’anni, rischia di essere troppo poco e troppo tardi: un vestito acquistato in crescita ma che ora va stretto.

Se milanese è chi lavora a Milano, la città arriva dove riposano i milanesi. Questa è la dimensione sociale e anche politica della Milano del futuro. E porta con sé due considerazioni. La prima è che servono trasporti efficienti, costanti, sicuri. La seconda è che non si può rinunciare allo smart working come elemento di equilibrio vita-lavoro. Perché un conto è lavorare 8 ore, 9 con la pausa pranzo e poi passare 2 ore sui mezzi (una all’andata e una al ritorno) tutti i giorni, un altro conto è poter alternare tra giornate da remoto e altre in ufficio. Il segretario della Camera del Lavoro, Luca Stanzione, aveva proposto una contrattazione integrativa anche sull’equilibrio vita-lavoro. Credo che l’amministrazione dovrebbe portarla avanti. 

E poi c’è l’abitare. Che è una scelta politica. Si può scegliere che la Milano “classica” diventi una cittadella del lusso, con prezzi che galoppano e lavoratori spinti sempre più lontano. Oppure si può scegliere di destinare al lusso zone soprattutto extra-urbane, che proprio grazie al lusso e a un giusto mix abitativo tra case costose e case accessibili trovino una loro dimensione di nuovi centri. Non è una novità, lo si è fatto negli anni ’70 e ’80. E si potrebbe fare oggi, penso alle molte ex aree industriali dell’hinterland e non solo. Perché costruire in teoria abbassa i prezzi delle case, in pratica il mercato del lusso e quello “normale” sono due mercati con dinamiche completamente differenti. E il primo non mitiga il secondo (anzi). 

A proposito di politica, c’è il tema del rapporto prezzi-stipendi. Bisogna mettere da parte un infingimento. Se è vero che i prezzi delle case incidono molto sul potere di spesa dei cittadini, è anche vero che molti altri prezzi sono aumentati considerevolmente. Dal carrello della spesa al tempo libero, dalle spese per i figli alla salute. Servono stipendi adeguati e non si possono affidare solo alla fiducia aprioristica nei contratti nazionali. Il sindaco può e deve andare oltre alle sue competenze promuovendo tavoli di confronto con le parti sociali e contrattazione integrativa. Sul punto c’è la proposta di Adesso! che riguarda direttamente Milano e la proficua interlocuzione del segretario regionale della UIL, Enrico Vizza, con Regione Lombardia. Non si può più aspettare.

Torniamo alla crescita, quella vera. Che non può passare dalle grandi speculazioni immobiliari. L’Europa ha bisogno di innovazione, come ha giustamente sottolineato Mario Draghi. I numeri dicono che Milano è il cuore dell’innovazione in Italia, per ecosistema, infrastrutture, atenei, capitali. Ma è un cuore che batte troppo debole rispetto ad altri centri europei. Eppure è la nostra vocazione, il nostro orgoglio. Sui navigli si innovava quando le intelligenze artificiali erano fantascienza e forse neppure quella. Innovazione è lavoro di qualità, con produttività e stipendi alti (non solo per sé, anche per l’indotto). Dobbiamo avere l’ambizione di fare di Milano la futura capitale europea dell’innovazione. Per Milano, per l’Italia, per l’Europa.

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