Milano
Milano civil week: in Statale il progetto che ridà un nome alle vittime di naufragio
In Statale una mostra per non dimenticare il dramma che da anni si consuma nel Mediterraneo e che mette al centro il diritto alla verità di chi rimane
La notte del 18 aprile 2015 un barcone con a bordo più di mille migranti naufragò nelle acque tra la Libia e la Sicilia. Prima della partenza piccoli gommoni avevano trasferito i migranti dalla costa allo scafo in mezzo al mare che già iniziava ad agitarsi: chi rimase a terra raccontò di aver udito le grida di coloro che, spaventati, chiedevano di tornare a riva.
L’imbarcazione partì sotto le prime luci dell’alba e, una volta giunti in acque internazionali, gli scafisti lanciarono la richiesta di soccorso alla Guardia Costiera italiana. Nelle vicinanze si trovava la King Jacob, un’enorme nave container portoghese, a cui fu affidato l’incarico di occuparsi della barca in difficoltà. Tuttavia quando la grande nave si avvicinò avvenne il disastro: i marinai della King Jacob affermano che il piccolo scafo di fortuna si rovesciò perché tutte le persone a bordo, alla vista dei soccorsi, si spostarono sullo stesso lato; secondo alcuni invece sarebbero state le onde generate dal mercantile a far ribaltare il barcone e altri ancora parlano di una collisione.
Il risultato fu una delle più gravi tragedie marittime del Mediterraneo con più di 1000 morti e solo 28 sopravvissuti. L’anno successivo il governo italiano promosse una missione, poi coordinata dalla Marina Militare e dai Vigili del fuoco, per recuperare il relitto con tutte le sue vittime da una profondità di circa 400m e procedere con le indagini identificative. A quest’ultime parteciparono 80 esperti di 13 università italiane, tra cui il Labanof (Laboratorio di antropologia e odontologia forense) dell’Università degli Studi di Milano.
Durante questa edizione della Milano civil week dal tema “L’Europa siamo noi” alla Statale è stata organizzata un’esposizione che racconta i fatti di quella triste notte e le operazioni di recupero e identificazione dei morti. L’esposizione si trova nella sede centrale dell’università, in via Festa del Perdono, di fronte all’aula magna. Oltre ai pannelli espositivi che raccontano le vicende e gli approfondimenti scientifici si trova una teca con oggetti recuperati e un’istallazione interattiva che permette di “entrare” nel relitto.
Come detto, il Labanof ha partecipato alle operazioni di identificazione; una delle sue missioni infatti è proprio quella identificare persone decedute prive di identità. Restituire un nome a chi muore sconosciuto significa rispettarne la dignità ma anche garantire ai familiari il diritto alla verità. L’assenza di un certificato di morte per i familiari infatti può anche avere ricadute pratiche e burocratiche, come ad esempio la difficoltà di accedere alla giustizia. Privare un morto della sua identità e del suo nome lo uccide due volte.
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