Povera Milano che non regge più neppure la farfallina di Belen

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15 Dicembre 2014

Milano che non regge due tette peraltro reggipettate di Belen e la di lei inguinale farfallina, e così  come le gemelle Kessler scosciate più di mezzo secolo fa le copre (di ridicolo), è qualcosa da rovesciarsi per l’insuperabile comicità, ma ci pone nell’angoscioso interrogativo di come sia finita la nostra amatissima capitale. L’idea che vagonate di automobilisti si potessero schiantare contro pali e alberi cittadini di Buenos Aires nel pieno delle feste natalizie sol perché, alzando la testolina svagata e trovandosi sprofondati in una quarta misura, vi era forse il caso che si risvegliasse d’un colpo ciò che la poco aurea mediocritas familiare aveva silenziato da tempo, questa idea, si diceva, poteva venire solo al solerte Comando dei Vigili Urbani in tenuta da Totò e Peppino.

Non abbiamo cuore di immaginare la riunione in cui si è sancita ufficialmente la necessità di mettere i bragoni al Giudizio Universale, dove l’universalità di Belen  è nota a grandi e piccini, ma temiamo che questa interpretazione moraleggiante dei nostri cinque sensi, privandoci del fondamentale – la vista – abbia davvero poco a che fare con lo sviluppo di una società neppure troppo avanti, neppure incline a chissà quale modernità, neppure pericolosamente piegata a costumi avventati, ma semplicemente nel suo tempo e forse anche un passo indietro al tempo che scorre in una qualunque capitale europea.

Perché qui a Milano tra pochi mesi dovrebbe passare un evento mondiale di una certa rilevanza, l’Expo 2015, e se passa il concetto che il popolo che ospita un siffatto e planetario consesso in realtà non sarebbe in grado di reggere nemmeno un cartellone pubblicitario di queste proporzioni (così scandaloso?), perché si creerebbe un pandemonio stradale, allora sarà il caso di rivedere non solo le nostre aspirazioni socio-economiche, ma anche quel punto di vista collettivo su come dovremmo considerare l’immagine femminile. Sarebbe stato allora sì rivoluzionario, se il Comando dei nostri amatissimi vigili avesse sancito, al termine di una riunione che aveva stremato i migliori cervelli, l’inopportunità di quella immagine perché offendeva o metteva a rischio o non era rispettosa dell’integrità femminile, prendendo spunto e riportando alla luce l’antica polemica su come i mezzi di informazione e la nostra pubblicità interpretano il ruolo della donna.

E invece no, i solerti interpreti di una nuova morale cittadina (i ghisa!) mettono – al solito – in carico alla debolezza maschile la valutazione dell’episodio, come se di fronte a cotanta provocazione (di cartone) il nostro equilibrio fosse seriamente in pericolo, come se di fronte all’inanimata provocazione di Belen noi passassimo davvero alle vie di fatto, lasciando le mani dal volante per metterle chissà dove e sfracellarci felicemente in una vetrina di intimo (naturalmente).

C’è un senso di pena in tutto questo che supera della grossa il comico che pure la questione portava abbondantemente con sé, e sarebbe davvero bello, ma davvero bello, se adesso ci schiantassimo ancora e magari di più solo per la bellezza travolgente del volto di quella modella che adesso, completamente vestita, sostituisce la nudità di Belen. Questo sì sarebbe un gesto d’amore.

 

TAG: belen rodriguez, corso buenos aires, milano, pubblicità
CAT: Città, consumi, Lifestyle, Milano, Società

4 Commenti

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  1. luca-ruali 9 anni fa

    Che il Comando dei Vigili Urbani produca una motivazione ordinaria va da se. Però qui si presentano due occasioni, una da accogliere l’altra da rifiutare. Milano non ha ancora sperimentato l’aggressione da parte dei cartelloni pubblicitari assieme alle dinamiche illegali che si portano dietro che devasta Roma (www.cartellopoli.net) Sviluppare nell’occasione qualche anticorpo con risposte più a fuoco di questa non guasterebbe. Rifiuterei invece l’uso dei concetti di morale, costume, sccandalo, rispetto integrità femminile, ruolo della donna, tutti citati e che invece il livello solo noiosissimo delle pose, delle persone, degli indumenti in gioco non riuscirebbe da solo a coinvolgere.

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  2. michele.fusco 9 anni fa

    Perdoni signor Ruali, ma che cosa c’entrano l’aggressione dei cartelloni pubblicitari e le conseguenti dinamiche illegali? Qui l’affissione è regolare, quanto all’aggressione a cui lei fa cenno, è completamente fuori dal tempo. Allora a Piccadilly Circus cosa dovrebbe succedere, un suicidio di massa, e così a New York e mille altre città metropolitane. La questione reale è che i Vigili smontano il cartellone di Belen per una pruderie moraleggiante, insinuando che turbi e disturbi gli automobilisti…

    buone cose, mf

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  3. luca-ruali 9 anni fa

    Vediamo meglio cosa mi da fastidio. Mi da fastidio la commercializzazione dello spazio pubblico. Mi da fastidio una proposta invadente di modelli di spesa. E la possibilità di vivere in città non aggredite dagli spazi pubblicitari non è fuori dal tempo. Sono scelte precise di gestione territoriale che seguono la sensibilità pubblica. Berlino, Goteborg, Copenaghen, limitano fortemente la pubblicità di proposte commerciali, mi pare evidente che la gente le consideri invadenti. Mi da fastidio anche la poca cura che Milano riserva alla dimensione minima di una esperienza non commerciale dello spazio pubblico. Tema considerato non sofisticato e rilassatezza dalla quale ho visto, a Roma, penetrare in pochissimo tempo l’azione illegale cui mi riferivo nel commento ed altri modelli tristi. Un evento – banale – come questo può essere usato per valutare la pruderie dei vigili urbani (tra l’altro l’impianto è – a naso – illegale come posizione al di la della procedura contrattuale che lo ha generato) o per mettere giù una serie di considerazioni più ampie. Tra cui quelle della seconda parte del mio intervento: “Rifiuterei invece l’uso dei concetti di morale, costume, scandalo, rispetto integrità femminile, ruolo della donna, tutti citati e che invece il livello solo noiosissimo delle pose, delle persone, degli indumenti in gioco non riuscirebbe da solo a coinvolgere”.

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  4. michele.fusco 9 anni fa

    Come noterà quella pubblicità è una pubblicità a tempo. Alla fine dei lavori di quella casa andrà via. Aggressione a tempo, dunque?
    Ma ripeto, il punto di quello che ho scritto è totalmente un altro. I suoi argomenti meriteranno senz’altro altri spazi

    mf

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