La riproposizione del vecchio: marketing geniale o fine delle idee?
Sono da sempre un grande fan di Shania Twain. Ritengo che la sua perfetta miscela di pop e country tra la seconda metà degli anni ’90 e l’inizio dei 2000 sia la ragione per cui mi sia avvicinato a questo tipo di musica così distante dalla cultura europea ed italiana. Merito della cantante canadese è stato soprattutto quello di rendere le sonorità dell’America profonda apprezzabili da un pubblico che americano non era, grazie agli ottimi strumentisti di cui si è sempre servita e all’azzardo di contaminare un genere abbastanza duro e puro con riff e basi ben più orecchiabili, riconducibili a quelli utilizzati dalle major discografiche, quelle che decidono de facto cosa farci ascoltare, per diffondere le hit da classifica, le canzoni che cantiamo a squarciagola in auto insomma.
La miscela di rock, pop e country della signora Eilleen Regina Edwards da Windsor – una di quelle città canadesi che è di fatto statunitense, dal momento che è situata nell’area dei Grandi Laghi, ad un solo ponte di distanza (l’Ambassador Bridge) dal nucleo urbano di Detroit – merita uno spazio importante nella storia della musica recente, dall’alto degli oltre 90 milioni di copie vendute dai suoi album, in quanto è stata la prima a dare al country popolarità internazionale. L’hanno poi seguita in molti, come spesso accade, una volta che era stato provato lo spazio commerciale – e dunque i potenziali incassi – di questa contaminazione; ultima artista della lista, soltanto in ordine di tempo naturalmente, è l’ex stellina di Disney Channel: Miley Cyrus, la quale sembra averne fatto oramai un credo, mettendo vocalità e suoni assolutamente country in tutti gli ultimi suoi singoli di rilevanza.
Nonostante sia passata tanta acqua sotto i ponti da quando Twain piazzava una hit dopo l’altra – nel frattempo l’artista ha compiuto 55 anni; ha avviato un podcast che si occupa di musica e lifestyle trasmesso da Apple Music (At Home with Shania Twain); si è sposata, ha divorziato e si è risposata con l’ex marito della donna che suo marito ha sposato dopo di lei e si è trasferita stabilmente in Svizzera, nel centro di Corseaux, paesino di 2200 anime che è l’ideale per chiunque voglia allontanarsi un pò dalle scene e ami la natura (e soprattutto i cavalli) – non posso negare di essere ancora sempre lieto di poter ascoltare sua nuova musica. Anche quand’essa tanto nuova poi non sia. Ed ecco che giungiamo a trattare della riproposizione del vecchio.
Come ti (ri)vendo un prodotto di successo
Lo scorso venerdì 2 0ttobre è tornato nei negozi di dischi – sempre ammesso che ne esista ancora qualcuno – e negli store digitali, il secondo album di studio di Shania Twain, nonché il lavoro che la lanciò nell’Olimpo dei grandi musicisti, The Woman in Me, pubblicato 25 anni fa e capace di vendere 20 milioni di copie a livello mondiale. Un album 12 volte disco di platino nonché miglior disco country ai Grammy Awards del 1996. Shania Twain è l’unica artista non statunitense ad aver mai ricevuto il premio. Naturalmente, l’album torna sugli scaffali, fisici o digitali che siano, in una veste nuova denominata Super Deluxe Diamond Edition la quale comprende le tracce originali rimasterizzate, alcuni pezzi tratti dai live più ispirati dell’artista, remix e chicche, non solo musicali, contenute all’interno di un pregevole cofanetto da collezione. L’album aveva già avuto una ristampa, per il pubblico europeo, nel 2000 e ora viene riproposto, per una terza volta, in una forma che celebri il suo anniversario d’argento, il quarto di secolo di vita.
Non è certo Shania Twain – o com’è più probabile la Mercury, sua casa discografica – l’unica che riproponga in vendita un prodotto di successo per monetizzarne il più possibile. Sono infatti numerosi, in svariati ambiti e soprattutto nel settore dell’intrattenimento, coloro i quali ripropongono il già visto e il già fatto.
Pensiamo per esempio ai remake dei film, riproposti con nuovi attori o una trama leggermente diversificata, quando non proprio rimasterizzati e rimessi al cinema per qualche giorno di evento speciale, come viene chiamato. Similmente pensiamo ai reboot dei videogiochi, saghe storiche e con una trama ben definita da anni che vengono ripensati andando ad aggiungere alla serie un prequel o un rifacimento dei primi capitoli. Dei dischi musicali abbiamo già detto. Certo, quest’ultimo è un settore davvero in una situazione di crisi profonda per cui deve fare la guerra agli store digitali nell’unica maniera possibile: puntando su edizioni limitate, da collezione, che comprendano contenuti che non posso avere in digitale o che sarebbero enormemente riduttivi. Pensiamo ad esempio al caso di un albo fotografico o di un contenuto testuale: a parità di offerta fisica/ digitale, quant’è più bello avere il volume stampato con una bella copertina rigida e poterlo sfogliare piuttosto che dover leggere il formato pdf sul computer?
Tutti questi prodotti sottostanno a un rischio commerciale non trascurabile. A volte la scelta della rimessa in vendita paga con numeri incoraggianti, altre volte la scelta si rivela davvero un flop totale. Spesso la differenza tra questi esiti si deve a due principali elementi: la popolarità dell’artista o degli artisti coinvolti (nel caso di videogames agli artisti va sostituita la celebrità del marchio), la giusta selezione del periodo di vendita. Non tutto il calendario infatti è uguale. La stagione più forte per vendere questi prodotti – così come qualunque altro – è l’inverno, dai mesi di ottobre e novembre fino al periodo prenatalizio; un occasione che oramai è soprattutto commerciale, una festa religiosa che è divenuta festa consumistica per eccellenza.
Buon marketing o scarsità di idee
Il confine tra una buona scelta di marketing e la scarsità di idee è labile. Probabilmente il riproporre un prodotto che ha già avuto successo appare una decisione meno rischiosa rispetto a quella di presentarne al mercato uno nuovo. Sono certo che quel che propongo piace e, spesso, non ho neppure bisogno di pubblicizzarlo più di tanto, perché può vendersi da solo. Dal punto di vista del marketing, dunque, potrei davvero aver trovato l’oro. Così facendo però banalizzo enormemente la creatività del mio brand e, comunque, percorro un sentiero che non ha sbocchi; bene o male che vada il lancio commerciale del remake, non posso certo basarmi sulla rivendita all’infinito.
In definitiva, dunque, la riproposizione del vecchio è positiva oppure negativa? Se utilizzata in maniera complementare a lanci di prodotti nuovi, si tratta di un plus per l’azienda, indubbiamente. Però non bisogna certo basarsi solo su questa. Chiunque si aspetti di trainare le proprie vendite con remake e rimasterizzazioni, probabilmente non è un fine imprenditore. Ben vengano le riproposizioni dunque, purché siano lanciate sul mercato con il contagocce, però. Al momento ne stiamo vedendo un pò troppe.
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