Porro si veste dal sarto e non da Dolce&Gabbana: un motivo (liberale) ci sarà

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24 Dicembre 2014

Quando la Gabanelli incrocia le spade con qualche marchio del lusso, il destino è segnato: i contendenti abbandonano rapidamente l’eleganza degli schermidori per darsela di santa ragione, spesso con minacce giudiziarie. Questa è stata la volta di Gucci, (ri)pizzicata sui rapporti con fornitori e sub-fornitori, che secondo Report presenterebbero ampi margini di irregolarità. Come per Moncler, anche in questo caso la “mano” giornalistica della Gabanelli, attraverso la sua inviata Sabrina Giannini, ha imposto anche una sottolineatura etico-economica nel momento in cui il dislivello tra il costo vivo di una borsetta e il suo prezzo finale in boutique, – venticinque/trenta/cinquanta volte tanto – è apparso sufficientemente chiaro.

Ognuno può giustamente prendere questa storia per quello che è. Chi si indigna, chi ne è totalmente indifferente, chi asseconda l’idea antica che trattandosi di lusso, di alta moda, non puoi mica fermarti al prezzo, che ti metti anche a discutere, sei un cafone, stai o non stai comprando un sogno? Sotto questo cielo sta assiso Nicola Porro, già vice direttore de “Il Giornale” e conduttore di “Virus” su Raidue, il quale introduce una variazione sul tema: in un tempo in cui nessuno distingue più destra e sinistra, la “Gabba” un merito c’è l’ha ed è quello di farti tornare sulla barricata liberale. “In questa in questa marmellata senza sapore – scrive Porro – in cui definirsi di destra o di sinistra sembra superato e proclamarsi liberali appare scontato, la Gabanelli ci aiuta a capire che così non è”.

Lo scriviamo noi quello che Porro sottintende senza avere il coraggio di dichiararlo apertamente. È il vecchio concetto del rancore sociale, da cui naturalmente la Gabanelli e tutta la vecchia sinistra sarebbero animate e che avrebbe come obiettivo   naturale chi ha i soldi. E soprattutto chi li spende così. Chi sarebbe dunque un sincero liberale, secondo il nostro amabile vicedirettore? “Se un consumatore danaroso – scrive – vuole privarsi di parte del suo patrimonio o del suo reddito per comprare una tela imbrattata o un pullover, a centinaia di migliaia di euro, che problema c’è? Chi se ne importa del costo-valore del bene oggetto del desiderio. Ciò che conta è la libera determinazione del consumatore”.

Detto che un ritrattino siffatto si attaglierebbe più a un pirla che a un sincero liberale, andiamo direttamente al caso Porro perchè spiega più di ogni altra teoria (anche della sua) il caso “liberale”. Al nostro amabile vice direttore non passerebbe per l’anticamera del cervello di potersi vestire, per esempio, Versace o Dolce & Gabbana o Tom Ford, perché a questi senz’altro genialissimi stilisti, egli preferisce un buonissimo sarto tradizionale che taglia sapientemente i suoi “tre bottoni”. Mettiamo in fila i possibili motivi di questa sua scelta liberale: a) Porro è antico e noioso, si veste così sin dai primi anni di vita; b) a Porro quegli stilisti fanno discretamente orrore per una certa idea di eleganza); c) a Porro sembra una roba da fuori di zucca spendere tre volte di quello che spende dal suo bravissimo sarto per un vestito che, prima di tutto, non è tagliato su misura e su cui pende il forte sospetto che il costo vivo sia infinitamente minore allo stratosferico prezzo di vendita del negozio in centro a Milano.

Delle tre ipotesi la prima ha senz’altro una sua forza (la forza dell’abitudine, la forza della tradizione), la seconda è possibile ma non certa, la terza, la c), è la trave liberale  che regge le scelte etico-sartoriali di Nicola Porro. Che non sono certo animate da rancore sociale, ma semplicemente ispirate dal buon senso e dalla consapevolezza che una delle caratteristiche principali di un buon liberale è esattamente quella di non farsi prendere per i fondelli quando si tratta di valutare il rapporto tra un prodotto e ciò che ne compone il prezzo. Quello che compra “una tela imbrattata o un pullover per centinaia di migliaia di euro” non è un liberale ma un povero sbandato senz’arte nè parte. (Molto probabilmente mal consigliato sulla tela imbrattata, se non addirittura turlupinato da un altro “liberale” che gli ruba i soldi).

 

TAG: milena gabanelli, nicola porro
CAT: consumi, Politica, Società

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