Le ripercussioni del coronavirus sulle comunità per minorenni

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1 Aprile 2020

Riconoscenti per la dedizione del personale medico, gli italiani hanno aumentato le donazioni agli ospedali delle loro città. L’emergenza sanitaria e la crisi economica, però, hanno e continueranno ad avere delle ripercussioni negative sul terzo settore. Le comunità per minori, istituzioni sparse sul territorio italiano che accolgono ragazzi allontanati dalle famiglie o senza genitori, sono già esposte a considerevoli difficoltà.

“La nostra è una comunità fortunata. La struttura è grande e dispone di uno spazio polifunzionale. Ci sono però molte comunità per minori in appartamenti. Questo chiaramente aumenta la pressione per altro già alta. Gli operatori hanno paura di ammalarsi, contagiando potenzialmente tutti i minori come anche le loro famiglie a casa,” dice Andrea Miotti, direttore del Gruppo L’Impronta.

La pandemia ha anche obbligato a cambiare i metodi educativi.

“Nella nostra realtà ci sono ragazzini con parecchie carenze affettive che tendono normalmente ad un contatto fisico con gli operatori. Ora il contatto diretto è poco opportuno e per questo abbiamo ideato la ‘dieta degli abbracci’. La chiamiamo così. Questa mancanza di contatto fisico viene compensata dalla produzione di dolci e leccornie”, aggiunge Miotti.

La quarantena ha reso ancora più centrale la figura degli operatori.

“Siamo davanti ad un fragile equilibrio. Tutti gli educatori hanno ben chiaro in testa che questi bambini hanno solo loro su cui contare, in questo momento neanche i nostri preziosi volontari – ai quali è inibito l’accesso in Comunità – possono essere di aiuto”, spiega Luisa Pavia, amministratrice delegata di Associazione CAF.

Se da una parte i minori si adattano più facilmente degli adulti ai cambiamenti, le attuali difficoltà si vanno ad aggiungere a problematicità pregresse.

“I nostri 45 minori (dai 3 ai 17 anni), non escono dal cancello delle Comunità da tre settimane. L’essere costretti a casa vale certamente per tutti: ciò che non bisogna dimenticare dei nostri minori è che tale situazione impedisce loro qualsiasi contatto con le loro famiglie, cosa difficile da capire ed accettare. Sono state sospese anche tutte le attività sportive che, per molti dei nostri minori, hanno una valenza non solo ludica ma anche terapeutica”, spiega Pavia.

LATI POSITIVI

Sia Pavia che Miotti spiegano che il contatto continuo però aiuta gli educatori a intavolare discorsi e attività di gruppo per cui normalmente manca il tempo.

“Un esempio è il momento del pranzo, al quale in questo periodo si riesce a dedicare più spazio. Una buona occasione per scambiarsi stati d’animo ed emozioni e per parlare di ciò che sta succedendo intorno a loro,” dice Pavia. “Gli educatori stanno dimostrando delle capacità e delle risorse insospettabili: alcuni insegnano zumba e yoga, altri organizzano corsi di manicure e pedicure, altri ancora corsi di fotografia. Chi l’avrebbe mai detto?”.

Le comunità che offrono anche altri servizi, come il supporto psicologico o il sostegno all’inserimento nel mondo del lavoro, si stanno adattando alle politiche di “social distancing”. I più grandi continuano più facilmente online i percorsi già iniziati. “Per i bambini più piccoli è molto complicato perché le sedute prevedono generalmente interazione fisica, gioco e movimento più difficili da realizzare a distanza,” aggiunge Pavia, riferendosi al servizio di supporto psicologico.

OPERATORI? “VERI EROI”

Nel mentre però gli educatori sono chiamati a rivoluzionare il loro stile di vita, proprio per sopperire alla mancanza di altri servizi esterni complementari durante la quarantena.

“Si è creata una strategia di solidarietà tra gli operatori per evitare di utilizzare i mezzi pubblici. Si accompagnano a vicenda. Non aiutano solo i ragazzi, ma si aiutano tra di loro. Quindi alcuni non fanno solo gli operatori, ma anche i tassisti”, racconta Miotti.

“Sì, per noi sono dei veri eroi perché in questo momento devono mettere da parte la loro vita privata per dedicarsi completamente a chi non ha alternative: i bambini e i ragazzi in comunità”, conferma Pavia.

RIPERCUSSIONI FINANZIARIE 

Ora che i bambini e gli educatori sono costretti a stare in comunità, ci sono però anche delle conseguenze finanziarie. Le comunità hanno raddoppiato il numero dei pasti a cui provvedere quotidianamente.

Mentre L’Impronta non ricorre se non occasionalmente a donazioni, l’Associazione CAF è sempre riuscita a coinvolgere privati, il cui sostegno è necessario a garantire l’erogazione e lo sviluppo dei propri servizi per il territorio.

Per noi una grandissima criticità si registra senza dubbio sul fronte della raccolta fondi. A causa dell’emergenza sanitaria, ci siamo trovati costretti a sospendere tutte le attività di fundraising sul territorio pianificate per il primo semestre 2020 e, conseguentemente, stimiamo soltanto su questa prima parte dell’anno una perdita di circa 400.000 euro. Per una corretta gestione dei servizi erogati, il bilancio deve essere in pareggio. A questo scopo, dobbiamo raccogliere circa 2 milioni di euro ogni anno,” conclude Pavia, ricordando che i contributi di privati, aziende e fondazioni rappresentano dal 40% al 53% dei servizi offerti da Associazione CAF.

Diverse associazioni hanno già sospeso temporaneamente alcuni servizi in funzione dei minori finanziamenti privati. Eventuali tagli pubblici renderebbero la situazione ancora meno sostenibile.

“Se dovesse esserci un taglio dei finanziamenti pubblici, per realtà come la nostra significherebbe mettere a serissimo rischio la capacità di protezione e cura di molti minori in difficoltà,” conclude Pavia.

TAG: Associazione CAF, coronavirus, Gruppo L’Impronta
CAT: Cooperative, diritti umani

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