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Costume

Seduzione: grazia del delirio amoroso

di Biagio Riccio
2 Novembre 2018

La seduzione è fascinazione.
Il significato del termine seduzione ( seducere) è “portare in disparte”.
“Sedurre”, infatti, deriva dal latino se composto con ducere, dove il morfema se sta per “a parte”.
Chi è sedotto, è attratto e condotto semplicemente da «un’altra parte».
Si può, dunque, dire che la seduzione scardini equilibri prestabiliti.
La seduzione genera un turbamento che disorienta, conduce “altrove“, rispetto a precedenti progetti, fuori dal perimetro dell’ordinata quotidianità.
All’inizio tale richiamo trascina facilmente, perché lusinga, accende l’immaginazione, si prospetta come occasione di rinnovamento, di realizzazione.
La seduzione è obliqua: il dardo di Eros colpisce sempre il bersaglio da luoghi nascosti.
Il seduttore è un ammaliatore, affabulatore, non può rivelarsi subito, in modo diretto, chiaro, adamantino.
Deve essere misterioso, suscitare interrogativi, scompaginare l’assetto sentimentale e la sua illusoria compostezza, creare nella mente il travaglio del dubbio, la tempesta del disordine, il disincanto assoluto dell’ignoto.
Emerge l’arcano, il fantasma dell’incertezza, il desiderio di cadere nella trappola insidiosa tesa dal seduttore: si può distruggere l’ordine conseguito di una vita.
La seduzione è trascinante, come la piena di un fiume, come la forza magnetica di una calamita che attrae fili adunchi e sparsi ovunque, come un centro unificante che assorba pensieri disordinati.
La seduzione non è il luogo del desiderio: è vertigine, eclissi dell’apparire e dello sparire.
Genera paura, insicurezza di cadere e non rialzarsi più.
Tipico ne è il linguaggio della capitolazione: “sono in sua balia“; “sono sua schiava”; “può far di me qualsiasi cosa”.
“È l’invasione rapida e ossessiva, che recide il fiore della mente” ( Roberto Calasso).
Ciò che nell’altro incanta è la sua capacità di disorientare, di distogliere dal presente per ritrovarsi in un altrove raro e inquietante, come ogni esperienza che solleciti l’emergere del magma incandescente dell’ignoto.
Come dice un raffinato filosofo, Jean Baudrillard, la seduzione è fondamentalmente sovversione dell’ordine interno e rivoluzione delle trame spazio-temporali della nostra esistenza, stravolgimento della quotidianità, della regolarità degli affetti privati.
Il seduttore è un artista, gioca con le parole, è allusivo, implicito, manda messaggi oscuri, enigmatici.
Il seduttore, come D’Annunzio, osa l’inosabile.
La seduzione è costruita con sapienti movimenti di gestualità, giochi di sguardi, con il fascino della conversazione ricercata, con la poesia incantatrice, con lo stile raffinato, il portamento elegante, con il gusto del sapersi vestire, con la finezza dei profumi, il cui aleggiare deve suscitare il ricordo. Con la voce attraente e ricca di suggestive evocazioni: deve essere quasi infantile, giammai tracotante, costruita con modulazione di toni, sempre suadenti ed accattivanti.
Rita Hayworth nel film “Gilda”ha stregato l’immaginario erotico maschile togliendosi semplicemente un lunghissimo guanto di capretto.
Mentre canta “Amado mio” Gilda si sfila lentamente il guanto, con una sequenza memorabile di movenze e di gesti, di sorrisi e di espressioni del viso, incenerendo con lo sguardo Johnny (interpretato da Glenn Ford).
È lo spogliarello più pudico e, nello stesso tempo, più seduttivo che la storia del cinema possa ricordare: la seduzione riguarda non che cosa si fa, ma il modo con cui lo si fa. Un conto è togliersi banalmente un guanto e un conto è sfilarlo nel modo intrigante e ammiccante di Gilda. Una persona potrebbe anche mettersi nuda ed essere per nulla seduttiva.
A Rita Hayworth basta togliersi un guanto per coinvolgere in modo irresistibile il partner spettatore (Annoli, La seduzione).
La seduzione femminile è fondata sulla bellezza, sull’abbigliamento, il trucco, ma soprattutto sull’arte di invitare e di respingere esercitata in cento modi: coprendo e scoprendo il proprio corpo, con il movimento e la gestualità, con lo sguardo che prima chiama e poi rifiuta, finché non si ferma incantato sull’uomo prescelto e lo fa sentire una divinità, dice Francesco Alberoni.
È mistero dice D’Annunzio ne “Il Piacere”. A quanti hanno l’abitudine della seduzione, specialmente ai temerari, è nota questa perplessità che certe donne sollevano tacendo.
Il seduttore deve esprimere e comunicare l’avvicinamento, la condiscendenza per provocare lo stravolgimento, lo straniamento da sé nella sedotta.
Siamo alle prese con un’abilità affine a un’arte: con un’ambivalenza affascinante
È una danza con un ritmo insolito, quello dell’avvicinamento e dell’allontanamento, della presenza e dell’assenza, del significato assoluto e del suo totale smarrimento.
Anche il potere indulge alla seduzione con il suo indistruttibile ed irreversibile fascino.
Qui l’attrazione si fa devastante, demolitrice: si fa a gara per stare accanto a chi ha potere che si può manifestare nella professione, in politica, nello sport, nell’essere famosi, con il denaro.
Se a questo si accoppia il carisma si ottiene il comando della preda, che smarrisce ogni cognizione di sé e si lascia irrimediabilmente irretire: ne diventa oggetto.
L’essere sedotti infatti richiama l’intervento del demoniaco,che scatena la rivoluzione del sentimento in chi ne soggiace.
Ciò che incanta, incatena, dell’azione seduttiva è che essa suscita il desiderio senza appagarlo: è una promessa che minaccia di rivelarsi al soggetto che abdica a se stesso, come un semplice miraggio.
Così avviene con il canto melodioso delle Sirene che attraggono Ulisse che, solo perché legato all’albero della nave, evita l’evento letale.
Al campo semantico del sedurre si aggiunge l’assoggettare, l’intrappolare, il disilludere.
Perché la seduzione è inganno come dimostra il Don Giovanni: scaltro, bugiardo, trasformista, baro, senza limiti, trasgressore di ogni regola, insensibile ad ogni richiamo, vive il presente, agguanta la preda, capace anche di travestirsi da donna ed intrufolarsi nel letto dell’amata, pur di soddisfare il desiderio, anche il più insano, mistificatore, commediante, incapace di discriminare il vero dal falso, cinico nella sua fascinazione irresistibile, impostore, incantatore senza scrupoli morali, in continua esaltazione della vita, da cui elimina la routine, la volgarità, la noia.
Ma vi è anche un seduttore intellettuale che descrive magnificamente Kierkegaard nel suo“Diario di un seduttore”.Non tanto gli importa possedere la donna, quanto goderne esteticamente il cedimento e l’abbandono.
La seduzione è dionisiaca, scrive Aldo Carotenuto.
Se attraverso la coscienza apollinea l’uomo controlla e tenta di dare forma, ordine e chiarezza alla caoticità delle emozioni di cui teme l’emersione, è chiaro che la seduzione, nella sua qualità dionisiaca, si propone alla coscienza come una minaccia di destabilizzazione. Il suo impeto sarà travolgente.
La seduzione è attrazione, inesorabile, impetuosa ed impietosa.
“Amor, ch’a nullo amato amar perdona”:l’amore non consente a chi è amato di non riamare.
Paolo e Francesca sono i due cognati condannati alla pena eterna per non aver saputo resistere al richiamo dell’attrazione reciproca, alla seduzione dell’anima e del corpo.
La loro condiscendenza al suo potere li conduce a una doppia perdizione: la morte del corpo e la privazione della contemplazione di Dio.
Eppure, sebbene ponga i due amanti nell’inferno, Dante, nel V Canto, non li giudica né condanna: ne fa creature delicate e amabili.
Francesca e Paolo sono quei due che insieme vanno e “paion sì al vento esser leggieri “(vv. 75-76).
L’essere amato e l’amante, cessano di stare nel mondo isolatamente, di essere separati e sono due aliti di un unico vento (Bataille, Essenza dell’amore).
Questa è la forza della seduzione,il suo ineludibile trascinamento: la grazia del delirio amoroso.

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