Ancora una fiaba triste del brutto anatroccolo
A 27 anni, Reginald K. Dwight è una star mondiale. Il brutto anatroccolo degli slums del Middlesex è ricchissimo, nonostante la casa discografica lo abbia sostanzialmente truffato per cinque lunghi anni, nei quali è stato costretto, per contratto, a pubblicare due album originali ogni anno, di cui ha visto solo un terzo dei guadagni normalmente spettanti all’artista. Ma adesso è libero dal contratto, ha una sua casa discografica, e dovrebbe essere felice e guardare con fiducia al futuro.
Elton John, l’avatar di Reginald, è invece stremato. Troppa fatica in studio, troppa pressione, troppi concerti, troppa droga, troppo alcool, e poi c’è il problema con Bernie Taupin. Bernie è il suo paroliere. Da sempre. I due ragazzi si erano presentati seguendo la stessa inserzione, l’uno come compositore, l’altro come paroliere, e Dick James li aveva fatti conoscere. In poche settimane, dai testi di Bernie, Elton aveva tirato fuori una ventina di canzoni stupende, alcune delle quali registrate nell’album di debutto, “Empty sky”, del giugno del 1969.
La canzone migliore, “Your song”, Elton e Bernie la tengono per il secondo album, che esce nell’aprile del 1970, dopo che Elton John ha suonato in tour, si è fatto conoscere, e le radio sono pronte a lanciarlo. Le riviste specializzate lo considerano già, insieme ad un certo David Bowie, la giovane promessa del rock britannico. Per Reginald cambia poco. Vive a casa con la mamma, è timidissimo, iniziano a cadergli i capelli, la sensazione di essere un brutto anatroccolo peggiora – perché Bernie è bellissimo, sempre allegro, affascinante. Ed irraggiungibile. Perché Reginald è omosessuale, e non vuole che si sappia, ed il suo attaccamento per Bernie è forse qualcosa in più di quello per il fratello con cui si è partiti alla conquista del mondo.
Le cose iniziano ad andare male nel tour americano. La California li lancia, e dopo il primo, indimenticabile concerto, Elton e la sua band sono invitati ad un weekend-party a casa di Mama Cass Elliott, al Laurel Canyon. Bernie è estasiato, perché incontra gli eroi del suo mondo musicale: gli Stones, i Buffalo Springfield, John Mayall, Jimi Hendrix. Reginald, invece, è travolto dalla troppa gente, troppo rumore, troppo alcool, troppe chitarre, e si nasconde in un angolo a bere da solo. Accanto a lui un ragazzetto gracile e spettinato, di pessimo umore. I due si tacciono per ore, poi l’altro si alza e dice a Reggie: “Meno male che c’eri tu. Questa festa è uno schifo. Ci vediamo”. Reggie chiede chi diavolo fosse quel tipo. Gli rispondono: era Bob Dylan. Reggie vorrebbe raccontarlo a Bernie, ma lui è scomparso con una ragazza, e tornerà in albergo solo la sera prima di ripartire per l’Inghilterra.
Le cose peggiorano nei tre anni successivi. La registrazione di “Honky Château” in Francia, tre settimane chiusi in casa a registrare, poco sonno e troppe schifezze ingoiate, porta Reggie e Bernie a litigare. Al ritorno, a Londra, Bernie spiega a Reginald che sposa Maxine, la ragazza di cui si è innamorato a Los Angeles, e che trasloca in America. Un disastro. Da lì in poi Elton John vende talmente tanti milioni di dischi da battere tutti i record esistenti, e continua al ritmo pazzesco imposto dalla DJM: il primo disco del 1973, “Don’t shoot me”, contiene sei hit mondiali. Ma mentre il tour sta ancora iniziando, con le canzoni rimaste, Elton John registra un altro album doppio, “Goodbye yellow brick road”, che batterà persino i record stabiliti dal disco precedente. Oramai, i dischi “vecchi” di Elton John rimangono in classifica mentre i nuovi ci entrano.
Maxine odia Reginald, perché percepisce l’attaccamento morboso che ha per Bernie e sa che il marito soffre perché è un ragazzo leale, ma vorrebbe avere la propria carriera, non essere soltanto l’ombra dietro un cavallo matto, peraltro sempre impasticcato ed isterico. Ogni volta che Reggie va a trovare i due in America, Maxine lamenta: “The bitch is back”, la stronza è tornata. Perché lei sa dell’omosessualità di Elton John.
Ma i legami forti, anche quelli malsani, sono indissolubili. Bernie scrive un testo per cercare di far capire a Reginald che le cose vanno male, che lui deve cambiare, e lo intitola proprio come l’insulto di Maxine. The bitch is back. Elton ci mette la musica e lo rende il singolo del nuovo disco, “Caribou”, che è anche la fine di tutto. Maxine mette Bernie di fronte alla scelta: o lui o me. Ma Elton John ha già scelto: annuncia che cambierà paroliere, e che userà gli ultimi testi solo per il secondo album del 1974, “Captain Fantastic”, dopodiché farà da solo. “The bitch is back” diventa il simbolo della rottura di una coppia di compositori che resta prolifica e famosa come Lennon-McCartney, Goffin-King e poche altre.
Passano gli anni, tanti. Bernie e Reginald si incontrano di nuovo quando Maxine se ne è andata da tempo, Elton John ha perso la voce, è ingrassato, si è disintossicato ed ha trovato l’amore – e la quiete della serenità. Amici per sempre, ora. E quella canzone, diventata ancora più famosa dopo la cover di Tina Turner, è parte integrante di ogni concerto. Anche di quelli in cui, tra gli ospiti, ci sono gli invecchiati ragazzi del Laurel Canyon, che non fanno più paura, ma sono la gioventù meravigliosa che purtroppo non può ritornare. E noi, qui, a ricordare e commuoverci come allora…
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