
Religione
Chi difenderà i cristiani quando il mondo li ha già dimenticati?
Nel cuore di un’epoca che si proclama laica e progressista, un continente che ha costruito la sua identità sui valori cristiani ora sembra volerli cancellare. Mentre in Occidente cresce la disaffezione nei confronti della religione, in molte altre parti del mondo i cristiani sono oggetto di violenze, discriminazioni e persino omicidi. Eppure, nonostante il martirio quotidiano di milioni di fedeli, l’indifferenza delle nazioni “avanzate” cresce ogni anno di più, come se l’umanità avesse dimenticato la necessità di uno scudo spirituale in un mondo sempre più frantumato.
Eppure, i numeri non lasciano spazio a interpretazioni: secondo il rapporto World Watch List 2025 dell’organizzazione internazionale Open Doors, sono oltre 380 milioni i cristiani perseguitati nel mondo, con livelli di oppressione definiti “alti” o “estremi”. In media, ogni giorno, oltre 12 cristiani vengono uccisi a causa della loro fede.
In Occidente, si preferisce parlare d’altro. I media tacciono, o peggio, minimizzano. In Europa, il cristianesimo viene deriso, ridotto a folklore, spinto ai margini del dibattito pubblico. Ma mentre qui si discute se rimuovere una croce o un presepe per “non offendere”, in Africa, in Asia e in Medio Oriente migliaia di persone vengono massacrate, deportate o incarcerate solo per avere pronunciato il nome di Cristo.
L’Occidente, storicamente modellato dalla tradizione giudaico-cristiana, sembra oggi voler rinnegare ciò che l’ha forgiato. La civiltà europea, nata sulle rovine dell’Impero Romano grazie all’universalismo cristiano, ha prodotto il pensiero moderno, l’umanesimo, il concetto stesso di dignità umana. Tutto ciò è oggi sistematicamente smontato, con un’accanita volontà di cancellazione simbolica e morale. C’è chi dice che il cristianesimo non sia più perseguitato, ma solo “contestato”. Ma è davvero così? Nel solo 2024, sono stati registrati oltre 28.000 attacchi a chiese, scuole, case e proprietà di cristiani. Solo in Nigeria, più di 3.100 cristiani sono stati assassinati. In Siria, un attentato suicida del giugno 2025 ha colpito una chiesa a Damasco, causando oltre 20 morti. In Turchia, nel gennaio 2024, una sparatoria in una chiesa a Istanbul ha provocato due vittime. In Spagna, un attentato con machete ha causato la morte di un sacrestano ad Algeciras nel 2023. Questi eventi sono appena menzionati nelle cronache occidentali. Nessuna mobilitazione, nessuna bandiera a mezz’asta, nessuna veglia.
Nel frattempo, anche in Europa si registra una crescente intolleranza anti-cristiana. Secondo l’Osservatorio OIDAC Europe, nel solo 2023 ci sono stati oltre 2.400 episodi documentati di crimini di odio contro cristiani in 35 Paesi europei. In Francia, gli atti vandalici contro chiese e cimiteri superano le 1.000 segnalazioni. In Germania, si è registrato un preoccupante +105% di attacchi contro istituzioni religiose cristiane rispetto all’anno precedente. Ma la narrazione mediatica preferisce ignorare, quando non giustificare.
Il quadro è allarmante non solo per la violenza fisica, ma per quella ideologica. In molti ambienti culturali e universitari europei, essere cristiani significa essere considerati retrogradi, moralisti, bigotti. L’identità cristiana viene associata a visioni sessiste, omofobe, oscurantiste. Si cerca di negare ciò che il cristianesimo ha realmente portato al mondo: l’idea di persona, la sacralità della vita, l’accoglienza del debole, la carità come legge universale.
Il fenomeno non è nuovo, poiché lo storico francese Marcel Gauchet parlava già decenni fa di una “disincantata secolarizzazione dell’Europa”, ma oggi assistiamo a qualcosa di più profondo: una vera e propria apostasia culturale, la cancellazione attiva delle radici cristiane dell’Occidente. È significativo che proprio nei momenti in cui il mondo cristiano ha più bisogno di sostegno, l’Europa guardi altrove, o peggio, volga lo sguardo con fastidio.
“Il vero rischio non è nel cristianesimo, ma nell’assenza di una fede che possa dare direzione a un mondo che sembra aver perso la propria bussola.”
L’Africa subsahariana è oggi l’epicentro della persecuzione anticristiana. Secondo i dati Open Doors, nel 2024 oltre 16 milioni di cristiani sono stati costretti a fuggire a causa di violenze etniche e religiose. I jihadisti distruggono chiese, scuole, ospedali. In Mozambico, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Burkina Faso, si registrano massacri settimanali. In Medio Oriente, dove il cristianesimo è nato, le comunità storiche sono in via d’estinzione. A Mosul, in Iraq, erano oltre 60.000 i cristiani nel 2003. Oggi ne restano meno di 200. Il genocidio del 2014 contro gli yazidi e i cristiani da parte dell’ISIS è stato uno dei crimini più atroci del XXI secolo, eppure oggi è quasi dimenticato.
Nel frattempo, in Italia e in Europa si discute se rimuovere un crocifisso da un’aula scolastica, se vietare il presepe nelle scuole, se definire “offensivo” un Vangelo letto in una piazza pubblica. Si invoca una “laicità” che spesso si traduce in censura culturale, non in pluralismo. In nome del rispetto di ogni differenza, si cancella la fede di milioni di persone. Ma come può una società sopravvivere se taglia le sue radici?
Il punto non è imporre simboli religiosi a chi non li condivide. È il contrario: permettere che chi crede possa esprimersi senza essere zittito o ridicolizzato. Non si tratta di vittimismo, ma di verità. I dati parlano da soli. La violenza è reale, sistematica, crescente. E il silenzio occidentale è complice. Le organizzazioni internazionali tardano a reagire. I governi europei preferiscono condannare genericamente “l’odio religioso” senza mai nominare chi sono le vittime e chi sono i carnefici.
Il paradosso più tragico è che l’Europa, che ha ricevuto tutto dal cristianesimo, oggi lo rinnega. Ha costruito cattedrali, codici morali, democrazie moderne su una visione cristiana dell’uomo, e oggi agisce come se quella fede fosse una reliquia ingombrante. Ma può esistere una civiltà senza un’anima? Può durare una democrazia senza una morale condivisa? Queste non sono domande teoriche. Sono interrogativi concreti, urgenti. Se l’Europa non riscopre le sue radici, se continua a ignorare la persecuzione dei cristiani nel mondo, perderà sé stessa, molto prima di perdere il suo benessere. Non basta deplorare gli attentati o indignarsi per gli attacchi simbolici: serve coerenza morale, occorre difendere la laicità intesa come pluralismo, non come cancellazione di una voce che ha fondato la civiltà occidentale. Il cristianesimo è stato un faro nelle notti dei totalitarismi, nei drammi della guerra, nelle sfide dei diritti umani. Se lo lasciamo morire dentro rischiamo di spegnere anche l’ultima speranza dell’ Europa di poter essere altro che identità fallimentari e individualismi vuoti. Ognuno di noi come membro della società, credente o meno ha la responsabilità di ricordare e testimoniare che si possa ancora vivere non solo per il pane, ma per qualcosa di più grande.
Come credente, non posso che denunciare questa deriva. Ma anche come cittadino, come europeo, come essere umano. Il cristianesimo è più di una fede: è un’eredità culturale, un linguaggio universale di compassione, perdono, verità. Difenderlo non è proselitismo. È memoria. È giustizia. È sopravvivenza.
– Open Doors – World Watch List 2025 (persecuzioni cristiane)
https://www.opendoors.org/en-US/persecution/countries/
– Attentato nella chiesa Mar Elias a Damasco (22 giugno 2025)
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2025/06/22/media-attacco-kamikaze-in-una-chiesa-a-damasco-morti_363b0a0a-c6c2-42ed-8238-8790996066ae.html
https://notizie.virgilio.it/attentato-a-damasco-dell-isis-almeno-morti-in-un-attacco-kamikaze-in-chiesa-spari-prima-desplosione-1686156
– Crimini d’odio contro i cristiani in Europa (dati OIDAC Europe)
https://www.oidac.eu/reports/
– Approfondimento ideologico: Marcel Gauchet e “il disincanto dell’Europa”
https://it.wikipedia.org/wiki/Marcel_Gauchet
https://www.laciviltacattolica.it/articolo/il-disincanto-del-mondo-e-la-crisi-della-modernita/
– Attentato ad Algeciras (Spagna), gennaio 2023
https://www.ilgiornale.it/news/cronache/attentato-spagna-morto-sacrestano-e-diversi-feriti-2108710.html
– Attacco a Istanbul, chiesa di Santa Maria (gennaio 2024)
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/mediooriente/2024/01/28/istanbul-attacco-a-chiesa-2-morti_134a9c7b-9259-4a7a-b981-00b1ed002390.html
– Massacro in Congo da parte di jihadisti (febbraio 2025)
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/africa/2025/02/04/congo-70-cristiani-uccisi-da-jihadisti-nellultima-ondata-di-violenza_b8a0d2c5-cf4f-4e9e-a56f-07be28fc1c17.html
Una sola precisazione. L'”Occidente” non nasce dal Cristianesimo, ma dalla civiltà greco-romana, a cui si aggiunse il cristianesimo, che però era ormai diventato altra cosa dalle sue origini, avendo ereditato la cultura greco-romana.
Corollario al commento precedente. Non arrivo, come Goethe, a pensare che il cristianesimo sia stato la peggiore catastrofe abbattutasi sull’umanità, ma certo è stata una religione aggressiva, feroce, violenta, distruttiva. Ha sterminato intere popolazioni. E ha perfino goduto, al suo interno, di troncare la vita dei dissidenti con roghi e con guerre. Ha anche dato forma a grandi capolavori dell’arte e della letteratura. Ma se scomparisse nessuno ne sentirà la nostalgia.
La sua osservazione sull’origine dell’Occidente e sul ruolo del Cristianesimo è interessante, ma merita qualche precisazione. Sebbene sia vero che la civiltà greco-romana abbia gettato le basi per molte strutture politiche e culturali dell’Occidente, è altrettanto vero che il Cristianesimo, a partire dal IV secolo, ha avuto un’influenza determinante nel plasmare i valori morali, sociali e giuridici che ancora oggi definiscono la nostra civiltà. La distinzione tra la fede cristiana primitiva e quella che si è evoluta nel corso dei secoli è certamente significativa, ma non ne sminuisce l’importanza nell’ambito della storia culturale occidentale.
In merito ai roghi, alle guerre e alle persecuzioni che lei menziona, è essenziale contestualizzare storicamente tali eventi. Durante il Medioevo e nei periodi successivi, ignoranza, superstizione e conflitti politici spesso si intrecciavano, e il Cristianesimo, come altre istituzioni del tempo, fu talvolta influenzato da queste dinamiche. La violenza contro eretici e “infedeli”, seppur condannabile oggi, riflette un contesto di intolleranza religiosa comune in molte società del passato, non solo cristiane. La storia dei roghi e delle persecuzioni deve essere letta attraverso questa lente di ignoranza collettiva, non come una caratteristica intrinseca del Cristianesimo stesso, ma come un fenomeno che si è verificato in un periodo storico segnato da una comprensione limitata della tolleranza e dei diritti umani.
Riguardo alle crociate, queste non furono un semplice episodio di violenza religiosa, ma rappresentarono una risposta a secoli di aggressioni da parte di imperi musulmani verso le terre cristiane. Le crociate, purtroppo segnate anche da episodi di brutalità, furono necessarie per difendere la cristianità in un contesto di scontro religioso e geopolitico. Pur riconoscendo gli abusi che si verificarono, è fondamentale comprendere che queste guerre non furono mosse da un desiderio di conquista, ma da una difesa di territori sacri e da una volontà di proteggere le popolazioni cristiane minacciate.
In merito alla sua affermazione sul fatto che “nessuno sentirà nostalgia” della fede cristiana, mi permetto di dissentire. La presenza cristiana nel mondo ha avuto un impatto profondo nelle comunità, non solo a livello spirituale, ma anche attraverso il sostegno alle popolazioni più vulnerabili, la promozione della dignità umana e della giustizia sociale, che sono stati centrali nel suo messaggio fin dai primi secoli. La scomparsa della fede cristiana potrebbe privare molti della forza morale e della speranza che essa continua a offrire, soprattutto in tempi di difficoltà.
La discussione sui cristiani perseguitati oggi, oggetto del mio articolo, non riguarda solo il passato, ma la realtà presente, dove la fede continua a essere un faro di speranza per milioni di persone in situazioni di sofferenza.
Cordiali saluti, Enrico