L’autofiction delle forze dell’ordine

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19 Maggio 2015

Seguo sul TG1, tra qualche sonnolenza e sbadiglio, il servizio sull’ennesimo scandalo del calcioscommesse. Sapevamcelo! Dov’è la novità? Nel coinvolgimento della ‘ndrangheta? Nel numero degli arrestati? Ben 50! Nient’altro che gradito lavoro per agguerriti studi legali. Il servizio televisivo è corredato dalle solite immagini con lo stemmino della Polizia di Stato. E’ un montaggio autocelebrativo con poliziotti anfananti, sguinzagliati sugli spalti di stadi in stile “abusivo” del profondo Sud, con don Cicci Ingravallo e Montalbani ubiqui ai casi e impettiti, appostamenti solerti e fruscianti, e catartiche immagini di feroci banditi ammanettati. Servizi caserecci con montaggi ingenui e sentimentali, metà “cronaca vera”, metà televisione bulgara. Posso dire senza essere frainteso che i servizi hollywoodiani dell’ISIS (quei primi piani con l’arrêt sur images dei fanatici che agguantano il pugnale dello sgozzamento!) sono immensamente più professionali, persuasivi e terribilmente più terrorizzanti? La Polizia di Stato mandi il proprio operatore, a propria scelta, a Hollywood o a Mosul. Oppure, e sarebbe meglio, la Rai trasmetta i propri video. Conclude il servizio il fervorino di una voce fuori campo la quale ricorda accoratamente che i farabutti calcioscomettetitori sono cinici e bari, frodatori del genuino entusiasmo dei tifosi affezionati. E se si invitassero questi ultimi invece a dedicarsi ad altro?

Una volta, nell’Italietta di Scelba ministro dell’interno, nei perduti e poveri anni Cinquanta, prima di girare un film sulle Forze dell’Ordine, fosse la PS di “Guardie e ladri” con Fabrizi e Totò, o  i Carabinieri di “Pane amore e fantasia” con De Sica e Tina Pica, occorreva una preventiva trafila di richieste di autorizzazioni, occhiuta lettura delle sceneggiature e  severa disamina del materiale filmato, con immancabile scritta in sovrimpressione nei titoli di coda di ringraziamento ai comandi vari e di precisazioni premurose nel caso in cui i Carabinieri fossero stati affettuosamente trattati come nelle barzellette  e non come nei calendari ufficiali.

Oggi il filmato autoprodotto dalle Forze dell’ordine è  diventato un nuovo reality televisivo.  Si veda l’arresto dello ‘ndranghetista in spiaggia con telecamera al seguito, bollino della Polizia in alto con i loghi dei social network in evidenza per gli eventuali  mi piace e commenti. Un lavoro che dovrebbe riguardare l’informazione è già fornito “chiavi in mano” ai media, mentre i giornalisti, che nel mondo di ieri erano quelli che andavano a caccia di notizie o a imbastire inchieste, bivaccano nei  talk show a discettare sulla svolta del rilancio e sul rilancio della svolta o rincorrono nei pressi del Pantheon la Pitonessa ancheggiante borsetta al seguito  per sampietrini su tacchi 12.

Ma ci sono anche i filmati dei  finti  ciechi, ormai un genere di fiction apprezzatissima,  quei manigoldi che hanno  percepito per decenni la pensione senza averne titolo, come direbbe il burocrate più incallito. Si vede il finto cieco di turno nel filmato girato dai Carabinieri o dalla Guardia di Finanza (anche qui c’è un tignoso manuale Cencelli nella scelta dei filmati delle Forze dell’ordine: un po’ ciascuno in braccio alla mamma-RAI) attraversare la strada, leggere, guidare l’auto o parcheggiarla, ecc. Il filmato, rigorosamente girato e bollinato dal corpo delle Forze dell’ordine (si vede in sovrimpressione lo stemma dell’Arma cui appartiene) è una forma di “giornalismo” misto ad autopromozione. In un’epoca di anarchia meritocratica potrebbe fruttare al comandante di turno una certa notorietà e forse un avanzamento di carriera, chissà. Ma le cronache giudiziarie di processi ad alti papaveri delle Forze dell’Ordine ci hanno anche informato   sui casi di autopromozione pilotata presso i mass media.

Nella latitanza del giornalismo d’inchiesta (celebre la battuta dei  TG  nei primi anni di Internet : “E adesso le notizie dal compiùter”, segno di un giornalismo spassoso e sedutissimo) il “servizio” scorre con tocco leggero e con un ghigno sottotraccia  alla “Striscia la notizia” (il vero inventore del nuovo reality) senza aggiungere alcuna nota redazionale, se non la voce dello speaker che lo introduce.   Noi che moriamo dalla voglia di sapere  se è stato arrestato l’oculista che ha certificato la falsa cecità; se vi sono state complicità all’interno dell’INPS; come sia potuto accadere tutto ciò per decenni  e per così tante persone;  come mai l’ente previdenziale sbatta il mostro in prima pagina solo oggi e non abbia fatto accertamenti e controlli nel passato;  quali saranno gli sviluppi del caso, se mai ci saranno nell’Italietta dalle  mille complicità e dalla memoria cortissima, ebbene restiamo  a incrudirci nella nostra curiosità insoddisfatta.

Nell’autofiction promozionale delle Forze dell’ordine occorre rilevare alcune puntualizzazioni  di ordine narratologico. Ossia il “punto di vista”, la selezione epica degli eventi, la funzione del narratore, il trattamento delle funzioni narrative, dei protagonisti e antagonisti e deuteragonisti. Ebbene, sembrano tutti elementi   costruiti  per dar luogo al filmato.  Mallarmé diceva che “il mondo esiste per dar luogo a un libro”; può darsi  che il mondo esista invece  per dar luogo a un filmato.  E non c’è da rammaricarsene dopotutto se l’ansia di girare un filmato possa essere il vero  motore dell’azione investigativa. Immagino il darsi di gomito degli investigatori in attesa del passaggio televisivo del filmato, il vero scopo di tutto: succede un po’ come nelle vecchia Italia tangentista  dove  non   esistevano le tangenti perché c’erano gli appalti, ma c’erano gli appalti perché c’erano le tangenti. Registriamo un esito inaspettato  di questa logica rovesciata: ci sono le inchieste perché ci sono i filmati e non i filmati perché ci sono le inchieste.  È meglio che niente.

 

TAG: Forze dell'ordine, giornalismo, Narratologia, Servizi televisivi autoprodotti, Tg
CAT: Criminalità

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