Cinema
Kusturica conclude l’Euro Balkan Film Festival
L’Euro Balkan Film Festival si è concluso con un intervista al più famoso regista balcanico, Emir Kusturica, condotta dal critico Mario Sesti, alla presenza del regista Edoardo De Angelis e del direttore della fotografia Vladan Radović, al Cinema Troisi di Roma.
Emir Kusturica ha concluso l’ottava edizione dell’Euro Balkan Film Festival, festival del cinema balcanico organizzato a Roma dall’Associazione Occhio Blu – Anna Cenerini Bova. L’associazione è nata nel 2000 per diffondere la cultura albanese, per poi estendersi a tutta l’area balcanica. Quando la fondatrice Anna Cenerini Bova è scomparsa nel 2011, l’associazione ha preso il suo nome. Oggi, il presidente è Mario Bova, già ambasciatore italiano a Tirana e Tokyo.
Euro Balkan Film Festival
Il nome evoca il Syri i Kaltër, ovvero l’occhio blu, una delle più affascinanti attrazioni del paese delle aquile. Meravigliosa sorgente carsica che si trova nel sud dell’Albania, vicino alla città di Saranda, che visitammo insieme allo spettacolare parco archeologico di Butrinto.
Per l’ultima serata, l’associazione porta al Cinema Troisi di Roma il più famoso regista balcanico, Emir Kusturica. L’autore serbo-bosniaco rilascia un’intervista condotta dal critico Mario Sesti, alla presenza del regista Edoardo De Angelis e del direttore della fotografia Vladan Radović. Poi, rivediamo il suo primo film, “Ti ricordi di Dolly Bell?” Leone d’Oro come miglior opera prima al Festival di Venezia del 1981. Tra il pubblico, è presente anche lo scrittore Sandro Veronesi, che saluta calorosamente il regista.
La Musica
Sesti introduce il film raccontando un aneddoto del 2010, quando Kusturica citava “Ti ricordi di Dolly Bell?” dicendo che alcuni dei personaggi erano morti, altri pazzi, un altro ancora era diventato il suo peggior nemico. L’unica cosa che teneva insieme queste persone era la musica. Elemento importantissimo, tanto che Federico Fellini diceva che c’è più vicinanza tra musica e cinema che tra cinema e letteratura.
Sesti ricorda allora che Nanni Moretti affermava come Kusturica fosse l’unico che gira come Fellini. Il regista non può che compiacersi e ricorda che i grandi autori come Fellini e Stanley Kubrick sono morti intorno ai 70 anni. Lui ne compirà 71 a novembre.
La conversazione pende sulla vita del regista, formatosi nell’Accademia delle Arti dello Spettacolo di Praga, che aveva Miloš Forman come sua stella. Qui ha imparato a utilizzare l’ironia come mezzo per distanziarsi dalla realtà. Una realtà tragica, come se la scuola ceca avesse scoperto l’esistenza di gente comune che beve birra e si dispera della vita, come gli eroi classici della Mitteleuropa, che provengono da una letteratura basata sulla vittimizzazione.
Al ritorno nella sua città natale, Sarajevo, Kusturica lavorò per la televisione scrivendo sceneggiature che nessuno voleva fare. Poi, ha buttato giù la sceneggiatura di “Ti ricordi di Dolly Bell?” con il grande scrittore bosniaco Abdulah Sidran. Il film usa una sottile ironia per prendere le distanze dal comunismo che governava l’ex Jugoslavia.
La consapevolezza sociale
Nella sua visione del mondo, il cinema e la cultura dovrebbero essere i principali vettori di consapevolezza sociale, contro un brutto capitalismo che tende al conformismo. Per questo elogia un cinema impegnato come il Troisi, oltre che la chiesa, affermando che la religione è la fonte da dove proviene la cultura. Quindi va difesa.
Afferma che dopo la seconda guerra mondiale, la CIA voleva utilizzare il cinema per costruire una nuova religione. Non ci sono riusciti, ma i grandi attori di Hollywood sono venerati come santi. Ironizza su George Clooney, sorta di Dio dell’espresso, o del macchiato.
Chiarisce che questa è solo una battuta, che ci fa comprendere come abbiamo perso la lotta per la cultura. Clooney è un buon attore e ha fatto ruoli importanti, ma rappresenta anche la commercializzazione del cinema, che ormai ha preso il linguaggio della pubblicità. Certamente, si può ancora fare cinema d’autore, ma è un’arte di nicchia e perdente.
Un tempo non era così, il pop ha cambiato il mondo, tanto che nel film “Ti ricordi di Dolly Bell?” il Dio è Adriano Celentano. Il cantante italiano era molto conosciuto in ex Jugoslavia perché il governo tollerava la musica pop proveniente da un paese con un forte partito comunista.
Ascoltare un cantante italiano diventava accettabile, così gli jugoslavi erano grati all’Italia, che trasmetteva la sua cultura, nel cinema e nella moda. Si ritiene fortunato ad aver vissuto quell’epoca, in cui tutti aspettavano il nuovo film di Fellini, di Michelangelo Antonioni o di Ingmar Bergman. Anche il rock’n’roll con Joe Strummer e i Sex Pistols o lo sport con personaggi come Diego Armando Maradona contribuivano alla consapevolezza sociale. Dopo, è arrivata la superficialità totale.
Uno sguardo dall’Italia
Ammette che in Italia ci sono ancora 3 o 4 autori buoni. Aggiunge che è importante realizzare film come quelli di Edoardo de Angelis, che hanno rilevanza storica e sociale. Si dice felice che ci siano giovani che accettano il passato e lo mettono a nuovo, chiudendo con un sonoro “Bravo Edoardo!”.
De Angelis allora loda Kusturica definendolo come un padre lontano e che non sa neanche che esisti, ma lo guardi e lo ammiri. Dice che quando lo ha conosciuto, lo ha aiutato a fare il primo film. Ricorda poi il regista serbo-bosniaco come un personaggio anarchico che nel 1993 ha sfidato a duello il politico Vojislav Šešelj, leader dell’estrema destra serba.
Nelle sue parole, Kusturica realizza un cinema che attinge alla vita ed è rimasto coerente con questa impostazione. Infatti, quando non ha girato film, ha costruito due città dove si vive come nei suoi film (Andrićgrad in Bosnia e Küstendorf in Serbia).
Anche Radović paragona Kusturica a un padre. A proposito del rapporto tra Fellini e la musica, racconta un aneddoto. Il suo maestro al Centro sperimentale di cinematografia di Roma è stato Giuseppe Rotunno, direttore della fotografia di numerosi film di Fellini e Luchino Visconti. Rotunno raccontava che, durante le riprese di Amarcord, assistette all’incontro tra il regista e il compositore Nino Rota. Quest’ultimo voleva basare le musiche sulle scene già girate; invece Fellini puntualizzò che queste dovevano essere composte prima, per fornire l’ispirazione al film.
Venezia 1981
Al termine dell’incontro, Kusturica si lascia andare agli aneddoti relativi a “Ti ricordi di Dolly Bell?”. Racconta che terminò il film e poi partì per il servizio militare. A Belgrado, gli dissero che Carlo Lizzani (direttore del Festival di Venezia) e Peter Bogdanovich (tra i giurati) avevano apprezzato il film. Pensava a uno scherzo. Poi gli dissero che doveva andare a Venezia per ritirare il premio. Ma come fa un soldato ad andarci? Forse la deve invadere?
Così, gli hanno fornito un buon vestito ed è partito. Il regista serbo-bosniaco ricevette il premio per la miglior opera prima, mentre Romano Mussolini suonava il pianoforte. Il regista celebrò bevendo whisky e tornò a casa confuso. Pensava di aver raggiunto l’apice della carriera nel momento in cui Italo Calvino, presidente della giuria, cercava di pronunciare il nome Kusturica, ma si impappinava.
Il regista esce dalla sala e inizia “Ti ricordi di Dolly Bell?”, piccolo capolavoro della cinematografia balcanica, che avevo visto durante l’adolescenza. Con gli occhi e l’esperienza di oggi, è sicuramente più facile comprendere questo spaccato malinconico sulla società jugoslava tra gli anni ’70 e ’80.
Ti ricordi di Dolly Bell?
Inoltre, il film mi suscita ricordi affettuosi di una delle città più belle del mondo, Sarajevo. Osservo con piacere le stradine lastricate e le caffettiere bosniache. Nelle primissime scene si scorgono le colline sopra la città, che oggi sono per gran parte coperte di lapidi bianche, testimonianza dell’assedio.
Il film mostra infatti una città in espansione, che avrebbe toccato il suo massimo splendore con le olimpiadi invernali del 1984, prima di sprofondare nella guerra civile. In questo contesto, Kusturica analizza la mentalità dei suoi Balcani. Lo spettatore nota che, a differenza degli altri paesi oltre la cortina di ferro, la mentalità dell’ex Jugoslavia era piuttosto libera, tanto che il regista non ha timore a parlare di sesso, anche esplicitamente.
Un tratto che invece avvicina la Jugoslavia agli altri paesi comunisti è la fiducia cieca nel futuro e nella scienza che avevano le autorità. Questo tema ricorre infatti nei libri dei fratelli russi Arkadij e Boris Strugackij. La satira più tagliente avviene quando il protagonista Dino spiega il comunismo alla sua amata, affermando che è uno stato delle cose dove vige l’uguaglianza tra le persone. Lei risponde che quel posto sarebbe meraviglioso.
Queste caratteristiche fanno sfondo a un delizioso romanzo di formazione in cui il giovane Dino scopre la musica, il sesso e la vita. I vecchi burocrati comunisti sperano di attrarre i giovani grazie alla cultura pop, così creano una nuova band che si possa esibire nella casa della cultura di Sarajevo. Ne esce una band scalcagnata che canta in continuazione i 24.000 baci di Adriano Celentano, composta da 3 ragazzi oltre Dino: uno zoppo, uno sordo e l’ultimo che millanta imprese sessuali.
La cerimonia
Il primo film di Kusturica è un esordio delicato, dove la musica si confonde con la regia e le strade di Sarajevo. Terminata la visione, l’ambasciatore Mario Bova presiede la cerimonia di chiusura del festival, nella quale sono assegnati i premi riconosciuti dalla giuria presieduta dallo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun. La premiazione è introdotta da uno dei componenti della giuria, la regista kosovara More Raça.
Il premio principale va ad Afterwar, documentario sulle conseguenze della guerra in Kosovo, girato in 15 anni dalla regista danese Birgitte Stærmose. La regista macedone Teona Strugar Mitevska vince invece il premio per la regia con il film Mother sulla vita di Madre Teresa di Calcutta, interpretata da Noomi Rapace.
Foto di Hua WANG






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