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Cinema

L’amore a 80 anni

di Filippo Cusumano
27 Ottobre 2017

Addie (Jane Fonda) ha ottant’anni, ma è ancora bella.
Louis (Robert Redford) ha la stessa età, ma ha conservato molto del suo fascino.
Sono due pensionati che vivono a pochi metri di distanza l’uno dall’altro in una piccola cittadina del Colorado, in cui tutti si conoscono da sempre.
Nella prima scena del film Louis è seduto in cucina: mangia direttamente dalla vaschetta qualcosa che sembra un piatto pronto scongelato.
Finito di mangiare lava la forchetta e si mette in poltrona a leggere il giornale con la tv accesa.
Un meteorologo sta illustrando le  previsioni del tempo.
Addie nel frattempo si produce in uno strano balletto: la vediamo avanzare verso la casa di lui, imboccare il vialetto, tornare indietro, poi avanzare ancora e alla fine trovare il coraggio di bussare alla porta.
Louis si alza dalla poltrona, va alla porta, ne sposta la tendina per sbirciare fuori, poi apre alla vicina e le dice:
“Buona sera signora Moore”
“Addie” lo corregge subito lei.
“Posso fare qualcosa per lei?”
“Sono venuta a chiederti una cosa”.
Lui rimane a guardarla tra l’allocchito e il sorpreso.
Tanto sorpreso da dimenticarsi di farla accomodare, così da costringerla a chiedere esplicitamente il permesso di entrare.
Entrati nel salotto, lei prende posto nella poltrona, lui si accomoda nel divano a pochi metri da lei.
“Sono venuta per farti una proposta – faccia stolidamente sorpresa di Louis– Non di matrimonio, anche se al matrimonio un po’ somiglia quello che sto per proporti – Louis fa un sorriso timido, ma è ovvio che ancora non capisce- Vorrei chiederti se qualche volta la sera ti piacerebbe venire a dormire con me. Vedi, siamo entrambi soli, e ce ne stiamo per conto nostro da anni”
La faccia di Louis a questo punto non riesce a mascherare la sorpresa.
“Non parlo di sesso – precisa a quel punto con forza Addie – ho perso ormai da tempo ogni tipo di impulso sessuale. No, è per attraversare la notte, per parlare insieme tra noi, fino a che ci addormentiamo. Le notti sono la cosa peggiore per me. Ma io penso che potrei di nuovo dormire la notte se ci fosse una persona accanto a me. Una persona carina…”
Louis, a quel complimento, sorride imbarazzato e compiaciuto al tempo stesso, poi dice : “Non lo so, ci devo pensare”.

Ecco, questi sono i primi 5 minuti del film “Le nostre anime di notte”, tratto dall’omonimo romanzo di Kent Haruf, diretto dall’indiano Ritesh Batra e presentato qualche settimana alla mostra di Venezia, alla presenza dei due protagonisti, ai quali è stato anche consegnato il Leone d’oro alla carriera.
Il film deve moltissimo della sua forza di attrazione alla presenza dei due divi, straordinariamente misurati e in grande sintonia tra loro, ma è un’occasione mancata.
La protagonista femminile nei primi cinque minuti del film introduce un tema importante e delicato (non a caso ho praticamente trascritto le sue parole) : la tarda età non significa la fine del desiderio di comunicare, di condividere con qualcuno le proprie esperienze, di fare sesso.
Tema che andava affrontato in maniera meno superficiale e senza cedere alla tentazione di introdurre digressioni narrative rassicuranti e convenzionali (il coinvolgimento del figlio e del nipotino di lei, l’adozione di una cane ecc.).
Ciononostante, il film è godibile, oltre che infinitamente consolatorio per chi si avvicini o abbia già raggiunto l’età dei due ottuagenari protagonisti.
Anche se penso sia inutile aggiungere che ottuagenari così bene conservati e/o in possesso di un così straordinario patrimonio  genetico in giro se ne vedono pochi. 

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