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Filosofia

Bauman: “Scrivere il futuro”

di Teresa D'Errico
10 Gennaio 2019

Del futuro gli antichi ci hanno insegnato a diffidare: Orazio scriveva malinconicamente carpe diem, quam minimum credula postero. In tempi recenti il futuro ci è stato presentato come un incubo: M. Benasayag e G. Schmit, nel loro saggio L’epoca delle passioni tristi, hanno ben spiegato il passaggio dal futuro-promessa al futuro minaccia che segna ormai i nostri giorni, incombe sulle nuove generazioni, spoglia il loro occhi dell’energia necessaria ad affrontare il mondo, la vita.
Anche Bauman, in un suo breve saggio del 2016, Scrivere il futuro, sviluppa questo argomento e non nega certo che il carattere fondamentale del tempo attuale sia l’incertezza, una spiacevole dimensione che precarizza il presente, rende nebuloso l’avvenire e circoscrive il campo della soddisfazione alle “retrotopie”, cioè a un passato che non può tornare. Bauman, anzi, precisa che l’errore più frequente che  noi ingenuamente commettiamo è quello di considerare l’incertezza come l’effetto di un nostro deficit  di conoscenza. Invece, spiega il sociologo, è proprio una questione ontologica: l’instabilità e la turbolenza sono sistemiche e strutturali. Il nostro non è il mondo dell’essere, è il mondo del divenire. Può non piacerci, ma è così: siamo come matite – sostiene Bauman – che non possono reggersi sulla punta e se anche ci riuscissero per qualche frazione di secondo, al primo colpo di vento crollerebbero. Appare chiaro, dunque, perché il futuro non abbia i tratti della vie en rose.
Bisogna rassegnarsi? No. Bauman non è affatto di questo parere! Anzi, sottolinea il valore importantissimo dell’azione individuale sulla storia. De Gregori alcuni anni fa cantava la storia siamo noi. E citando Havel, il grande eroe che agì quasi da solo e riuscì a far cadere forse il peggior bastione di uno dei più biechi regimi, quello della Repubblica Ceca, il sociologo riporta una sua riflessione e cioè che per prevedere il futuro bisogna sapere quali canzoni una nazione ama cantare.
Ebbene, l’Italia oggi non canta più i testi di De Gregori, Guccini, De Andrè. Canta e ascolta quelli di Sfera Ebbasta.
Forse dobbiamo ripartire da qui per rifare la storia e costruire il futuro: impegnarci a scegliere canzoni migliori.

Cfr.: https://laprofonditadellecose.blogspot.com/2019/01/scrivere-il-futuro.html

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