Michele Ruol è tra i finalisti del Premio Strega 2025 con Inventario di quel che resta quando la foresta brucia

Letteratura

Finalisti Strega 2025 – Inventario di quel che resta quando la foresta brucia, di Michele Ruol

Interno di famiglia con tragedia

26 Maggio 2025

Michele Ruol – Inventario di quel che resta quando la foresta brucia – TerraRossa Edizioni, Alberobello 2024, è uni dei finalisti del Premio Strega.

La scena — è proprio il caso di dire in quanto il libro offre in esordio una didascalia scarna tipo trattamento teatrale — si apre con un arresto sull’immagine di una foto in cui sono ritratti due fratelli, Maggiore e Minore con deliberata cancellazione di ogni altro elemento di identificazione.

Più avanti troveremo Madre, Padre, e si capisce subito che la scelta redazionale (trovata? alzata di ingegno?) è decisa in direzione della elusione delle convenzioni e conseguente scarnificazione del dato realistico. Ci si chiede: siamo tra il teatro dell’assurdo o gli attanti à la Greimas? Quando vengono nominati di fila Maggiore, Minore e Padre — senza articoli per risparmiare o per ossificare ancor più la singolare scelta — capisci che qui si gioca duro sul terreno dell’innovazione («immaginare nuovi modi di raccontare la realtà» nientemeno si legge nell’avantesto) mentre il lettore fa già no con la testa e propende piuttosto per la pura bizzarria.

Progredendo nella lettura le indicazioni didascaliche o le secche descrizioni sembrano rivelare la volontà redazionale di rarefare il più possibile la pagina, che precipita in improvvisi blanc.

Anche la scelta del presente indicativo, piuttosto frequente, il più antinarrativo dei modi verbali, è indirizzata a un minimalismo che si vorrebbe scabroso ed eloquente. Ma la scelta degli attanti, Padre e Madre eccetera poi ti mette in imbarazzo la pagina, perché nella vita si diventa tali, non si è sempre Padre, di qui se riavvolgi la bobina del passato ti vengono passi di questo genere: «Le sere, mentre aspettava che Padre non ancora padre tornasse» oppure «A Madre era rimasto Maggiore — che allora non era maggiore ma unico» perché doveva nascere il Minore, pardon Minore — accade cioè che per sfuggire a una innocente convenzione, quella di dare un nome ai protagonisti, ci si intorti in un puro nonsensical, anche se qui il tutto è incartato come roba chic ad alta definizione di scrittura.

Ma come si pretende di immaginare nuovi modi di raccontare la realtà se poi ancora «Madre annuisce, e «i colli cingevano» e la risata è «contagiosa»?, e «il dubbio non pareva sfiorarlo»?, e la scelta è «obbligata»? E perché dire delle noci «spezzate» quando ci sono attrezzi e balletti famosi che notoriamente le noci le schiacciano?

La coppia di Padre e Madre scoppia. Lo scisma (sic! Cap.19) avviene per mancanza di senso (della coppia e della storia in sé). Diciamo che lei non lo sopporta a pelle dopo averci fatto due figli: Maggiore e Minore. Se ne va nella fredda casa al mare. Indi irrompe la tragedia.  Omettiamo per i lettori futuri di questo manufatto letterario gli sviluppi della vicenda — peraltro esile e senza tensione — non tacendo tuttavia che sono particolarmente luttuosi.

Il romanzo, meglio dire la narrazione è strutturata in 99 brevi capitoli, ciascuno dedicato a un oggetto appartenuto alla famiglia, tanto per alzare il livello di bizzarria dell’insieme, perché l’autore non essendo evidentemente Joyce ci risparmia i possibili rimandi simbolici degli oggetti che sono povere cose in sé, indicate graficamente nella loro nuda cosalità in minuscolo nel titolo del capitolo a bella posta dopo il punto, forzando la videoscrittura, che almeno a noi ci dà in automatico la maiuscola, mentre qui interviene una volontà di nanificazione volontaria della lettera. Solo per fare alcuni esempi: «22. icona religiosa, tondo da muro in terracotta» , «45. sedia ergonomica con rotelle» «79. radiatore elettrico a olio». Ora, ci perdoni l’autore, tale procedura bizzarra, di una freddezza agghiacciante — se l’intenzione era di suggerire elegia delle povere cose di pessimo gusto che accompagnano la nostra occasione terrena nonché quella di Padre, Madre, Maggiore e Minore — trasforma in verità le indicazioni programmatiche dei titoli dei capitoli di un romanzo nella voce secca e anodina del banditore di una immaginaria asta di tribunale.

A volte il minimalismo narrativo è così greve da far sembrare leggerissimo l’impegnativo Thomas Mann dei giuseppi e i suoi fratelli. Soffoca ed estingue l’attenzione del benevolo lettore. La tecnica in levare se si leva troppo incontra la rarefazione, talora anche il nulla. Come qui.

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Finalisti Premio Strega 2025

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