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Letteratura

I quadri sfregiati

di Filippo Cusumano
30 Dicembre 2025

Ogni mattina Giorgio Lattanzi attraversava Campo Santa Margherita con la lentezza serena di chi non ha più orari da rispettare. Pensionato da cinque anni, ex capo del personale di una grande azienda del Nordest, aveva trovato nella pittura una seconda vita.
Dipingeva Venezia: tavolini all’aperto, barche ormeggiate nei canali, finestre illuminate al tramonto.
I proprietari dei caffè del campo lo conoscevano bene e gli permettevano di appendere alcuni dei suoi dipinti alle pareti dei loro locali.
Non vendeva quasi nulla, ma non era quello il punto, gli bastava esporre.
Una mattina, entrando al Caffè Rosso, Giorgio capì subito che qualcosa non andava.
Il suo quadro preferito — una veduta del campo con due panchine rosse sotto la pioggia — era stato sfregiato.
Due tagli netti, obliqui, come fatti con una forbice. Nessun altro danno attorno, solo quell’opera colpita con precisione.

Il gestore si scusò, parlò di uno sconosciuto entrato la sera prima.
Giorgio annuì, turbato ma ancora disposto a credere a un gesto casuale, ad un atto di vandalismo senza bersaglio.
Il giorno dopo, però, accadde di nuovo.
Un altro quadro, in un altro caffè del campo.
Stessa ferita, stesso gesto chirurgico.
A quel punto il disagio lasciò spazio a qualcosa di più personale. Non era rabbia contro l’arte. Era contro di lui.
Al terzo episodio, Giorgio non ebbe più dubbi.
Sul bordo inferiore della tela, questa volta, qualcuno aveva aggiunto una scritta a pennarello nero:
“Tu sai.”
Quelle due parole lo seguirono per tutta la giornata.
Seduto su una panchina del campo, Giorgio tornò con la mente al passato: gli anni in azienda, i colloqui difficili, le lettere di licenziamento…
Si era creato dei  nemici? Possibile.
Aveva deluso qualcuno? Probabile.
Aveva ignorato dei talenti? Forse.
Ma nessuna di quelle ipotesi lo convinceva del tutto.
La risposta arrivò qualche giorno dopo, in modo inatteso.
Stava osservando un suo quadro appeso in uno dei caffè  del Campo quando sentì pronunciare il suo nome.
Era Laura.
Non la vedeva da più di vent’anni.
Avevano lavorato insieme, nello stesso edificio, piani diversi.
Tra loro c’era pure stata una breve relazione, tenuta il più possibile discreta e finita senza drammi quando lei aveva chiesto, e ottenuto, il trasferimento in un’altra sede dell’azienda.
Laura gli sorrise e gli presentò il marito, che era con lei. Un uomo massiccio, che gli strinse la mano con forza.
“Lei è l’artista?”,  disse, “Ho visto un suo quadro proprio qui in campo. Quello con la barca semiaffondata in un canale. Mi ha colpito molto!”

Giorgio sentì un brivido, gli parve di sentire una sfumatura di ironia in quel complimento, ma poi sorrise.
Il giorno dopo, proprio quel quadro fu sfregiato.
E sotto, stavolta, la scritta era inequivocabile:
“Non desiderare la donna d’altri.”
Giorgio rimase a lungo davanti alla tela rovinata.
Denunciare?
Sollevare uno scandalo?
Spiegare alla polizia una storia vecchia di decenni?
Accusare senza prove?
Quella sera mandò un messaggio a Laura.
“Ti va un caffè? Devo parlarti.”
Si incontrarono la mattina dopo. Giorgio le raccontò tutto. Lei ascoltò in silenzio, poi annuì.
“Ci avevo pensato anch’io”, ammise, “appena ho visto quei quadri sfregiati. Sai, siamo ritornati da poco a Venezia per trasferirci nella casa di famiglia ereditata da Gianni dopo la morte dei suoi genitori. E la casa è proprio qui vicino, in Campo S.Barnaba. Così abbiamo cominciato a vedere i tuoi quadri. E lui all’inizio li apprezzava. Diceva: “Ma che bravo che è  il tuo ex collega!” . Poi, chissà come e perché, qualcuno deve avergli detto,di recente, qualcosa della nostra storia. E all’improvviso i suoi commenti sui tuoi quadri sono diventati irrisori e sprezzanti.”
Decisero di non fare nulla. Nessuna denuncia. Nessuna richiesta di spiegazioni.
Giorgio, semplicemente si inventò una scusa per ritirare i suoi quadri dai locali che li ospitavano
Ma quel caffè tra lui e Laura non fu l’ultimo…

racconto
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