Letteratura
Riso amaro
Marco Ferrazzoli in versicoli ed epigrammi sardonici fustiga usi e costumi, vizi e tradizioni del Bel Paese.
Il volume che Marco Ferrazzoli ha da poco pubblicato per le edizioni romane Gattomerlino (Riduzione del danno. Rime, versi, distici ed epigrammi) si inserisce in una tradizione millenaria di letteratura satirica, comico-burlesca, realistica, dissacratoria, alternativa alla narrativa e alla poesia aulica, lirica, spirituale, intimistica, assertiva e convenzionale. A partire dal latino di Lucilio, Orazio, Marziale e Giovenale, attraverso i medievali Filippi, Angiolieri, Berni; dai rinascimentali (Ariosto, Tassoni, Folengo) ai settecenteschi e illuministi (Parini, Giusti); dai romantici e popolareschi dialettali (Porta, Belli, Pascarella, Trilussa) fino alle espressioni novecentesche del futurismo (Farfa, Lucini, Folgore, Palazzeschi) per arrivare infine ai contemporanei Sanguineti, Giuliani, Maraini, Niccolai, Scialoja, Ingarrica, Petrolini, Flaiano, Marchesi, Eco, tutta una linea ben marcata della nostra letteratura ha evidenziato una tendenza ironica e irriverente nei confronti non solo del malcostume politico e sociale, delle istituzioni e delle ideologie, ma anche dei canoni culturali e delle strutture comunicative più affermate e rispettate. Sulla scia di cotanta encomiabile produzione, Marco Ferrazzoli dedica 22 sferzanti capitoletti a commentare usanze e mancanze nazionali, in versicoli, epigrammi e poesie disinvoltamente zoppicanti e demenziali, utilizzando le tecniche retoriche più collaudate (giochi di parole, calembour, divertissement, anagrammi, rime, rimandi lessicali, onomatopee, assonanze-dissonanze, etimologie…), per creare parodie canzonatorie e sbeffeggiamenti in grado di suscitare nei lettori sconcerto o puro divertimento, riprovazione o sogghigno.
Nato a Roma nel 1964, giornalista professionista a lungo capo ufficio stampa del CNR di cui è ora dirigente tecnologo, Ferrazzoli è attualmente in comando alla Presidenza del Consiglio; insegna Comunicazione della conoscenza all’Università di Roma Tor Vergata e al Master di Comunicazione scientifica dell’Università di Parma, è autore di narrativa e di un imprecisato numero di articoli, saggi e lavori multimediali. “Si è messo a scrivere perché non sapeva né leggere né vivere”, dice di sé in apertura di volume, rincarando la dose di impietosa autoironia in diversi successivi bozzetti: Coerenza: “Com’ero allora così sono adesso / sono rimasto sempre lo stesso. / Per questo non posso / non darmi del fesso”; Torno a dormire: “Oddio, ho sbagliato / mi sono svegliato”.
I versi e gli epigrammi più incisivi e polemici stigmatizzano, con qualche nostalgia per il passato, comportamenti sociali stupidamente imitativi, abitudini-mode-linguaggi codificati e accettati supinamente. Ecco quindi Lessico misto: “Un tempo una persona / era allegra e simpatica, / oggi è solare e tonica”; Riduzione del danno: “Da qualche tempo per il Capodanno / si augura un nuovo anno sereno. / Come se la speranza tirasse il freno / come se ci contentassimo di meno, / una specie di riduzione del danno”; Tutto inutile: “Non ho mai fumato / ho bevuto poco / mangiato sempre sano / e fatto tanto sport. / Perché mai sono mort?”; Non luoghi: “Un tempo in ogni paese / trovavi piazze e chiese / cinema, teatri, case / scuole e municipio / caserma ed ospedale. / Oggi, l’unico centro / è quello commerciale”. Ci sono poi divertenti parodie di fenomeni culturali, o pseudo-imitazioni letterarie: Quasi (a) modo: “Basta una cassetta / col coperchio di vetro / qualche seme / un pochino di terra. / Ed è subito serra”; Chiusura ermetica: “Esattamente nel momento / in cui mi aspergono d’incenso / “m’illumino d’immenso”; Alta quota: “In Zarathustra, Nietzsche dice / che l’uomo è una corda tesa / c’è chi fa il funambolo / e chi ci tiene la biancheria appesa”; Cortesie per recensori: “Se il pamphlet è facile / meglio dire agile, / se il tomo è faticoso / definirlo ponderoso”; No bel: “Lo danno a Fo /e a Bo no? Boh…”.
Si sorride di tutto, sempre con una punta di disillusione: guerra e pace, salute e malattia, religione e scienza, turismo e spettacolo, matrimonio e divorzio. A volte l’abilità linguistica di Ferrazzoli si esibisce in pregevoli scioglilingua, come in Rimestando: “Incassati scontrini scontati / incrociati scostanti contratti / incastrati costanti contatti / scostati scontrosi cretini / scansati crostini incrostati”, o in calembour: La domestica smemorata: “Lavò la mattina / e scivolò la sera: /c’era la cera”. Altre volte invece affiorano sconsolate meditazioni filosofeggianti: Basta, grazie: “Ogni giorno ha la sua pena qualcuno, però, più di una”; Il meglio è nemico del bene: “Si dice “passare a miglior vita” / ma in genere prolungare la peggiore / sarebbe la soluzione più gradita”; Non è quasi mai troppo tardi: “Infarto: letale ritardo / nell’arrivo al reparto”. Sempre spiazzante risulta lo scarto tra titolo e testo: Una strage: “Innocenti, attenti / che a Erode gli rode”; Fatti, non parole: “Padre perdona loro / perché non sanno / di cosa si fanno”.
Spietatezza, malignità? No certo, ma disincantata contrarietà, e un dileggio che difficilmente arriva a essere caustico sarcasmo. Persino nella dedica iniziale all’amata sorella che non c’è più, Marco Ferrazzoli riesce a fare dell’ironia su se stesso, pur di evitare la retorica: “A Daniela, che era buona il libro più cattivo (per ora) di suo fratello”.
MARCO FERRAZZOLI, RIDUZIONE DEL DANNO – GATTOMERLINO, ROMA 2025, p. 154
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