Letteratura

Su “Rumori di fondo” di Luca Chiarei

“Rumori di fondo” di Luca Chiarei è l’opera vincitrice del Premio Gianmario Lucini 2025. In forma di appunti poetico-prosastici l’autore fa i conti con un presente che “è un letargo, dove la morte […] si fa strutturale, mentre la ragione è scartata”.

21 Ottobre 2025

Il lettore di questa raccolta, vincitrice del Premio Gianmario Lucini 2025, sappia che le tre sezioni (Rumori di fondo, La città vuota, Dormiveglia) si concentrano sul nostro tempo, quello che due studiosi, Miguel Benasayag e Ghérard Schmit, hanno definito «epoca delle passioni tristi». In modi affini anche Luca Chiarei lo legge come un presente che è un letargo, dove la morte […] si fa strutturale, mentre la ragione è scartata.
I versi contengono osservazioni ora fredde ora sarcastiche ora preoccupate su luoghi a noi lontani, dove agonizzano i migranti: a Idomeni1 finisce / la terra e il continente / tra fango e tosse dichiarazioni. O alludono a scenari di guerra: droni arano l’aria per fare microbriciole e parti. Prevalgono, però, i fenomeni di una quotidianità vissuta da esistenze anonime (qualcuno ha chiamato un taxi) oppure smemorate (Potremo dire d’esserci – d’esserci / stati – stati fermi a guardare / guardare dall’altra parte), che si dibattono in incertezze banali (Non so dire che faremo a Natale / quale bar fiuteremo quali le orme da scansare) e sopportano passive l’assedio della comunicazione tecnologizzata attraverso tablet, device e smartphone.

La scrittura di Chiarei prende la forma di appunti poetici-prosastici (se valgono ancora queste distinzioni). Danno l’impressione di essere stati strappati a un caos in convulsa trasformazione o distruzione o sparizione. A volte sono concisi e numerati,2 quasi una più approfondita riflessione al momento fosse impossibile. E ricorrenti sono le affermazioni impersonali (Si arriva ad un certo punto si arriva/ senza sapere del soggetto/ rimasto dell’oggetto da guardare), i verbi all’infinito presente (la sera camminare sui marciapiedi quando non c’è altro/ da fare; sentire il rollio dei moli sostare; Entrare nei bar e nel caffè sciogliersi strusciare sugli schermi e tablet/ continuare la serata), i versi brevi, irregolari e internamente spezzati (soprattutto nella prima sezione). Anche quando compaiono versi più lunghi (possiamo chiamare Robin-Hood e scrivere di thanatos / possiamo leggere il sole24ore il sedici agosto del ventiventi) o nella terza sezione Dormiveglia, che  tendono a una ricomposizione, essi restano nella logica della mimesi del frammentario (o della sommatoria di frammenti). Come pare l’imponente conglomerato di osservazioni-pensieri monchi, espressi a mo’ di flusso di coscienza alla fine della prima sezione.3

Vediamo le singole sezioni. Si noterà subito che, nella prima, i rumori di fondo, registrati o afferrati, non hanno più a che fare con suoni, voci, o rumori, che presto o tardi potrebbero precisarsi in sensazioni ordinate e familiari. Siamo lontani dal dolce rumore della vita di un Sandro Penna, come ha sottolineato Alessandra Giappi della Giuria del Premio Lucini 2025: ma – aggiungerei – anche dalla nitida resa delle sensazioni di tanta poesia italiana.4
Nella seconda sezione, invece, la città è vuota è fin troppo facile pensare alle città ai tempi della pandemia di COVID-19 (2020-2023)ma lo svuotamento non è solo di corpi (di uomini, di donne, di bambini di anziani, concreti e nominabili), ma di scopi, di idee, di eventi politici o culturali memorabili e dinamici. Siamo ben oltre la città moderna carica di contrasti tra vecchio e nuovo, bello e sordido di Baudelaire o della città che sale alla Boccioni. Siamo forse – mi azzardo a dire – a un’anticipazione del corrispettivo occidentale di Gaza 2025.
Non mi pare, infine, un caso che l’ultima sezione sia intitolata Dormiveglia, da intendere come assopimento (dolente, conflittuale, agonizzante?) della mente, dei sensi, dei desideri, delle volontà. E, dunque, c’è in essa ben poco onirismo o surrealismo. Nessuna eco del sogno di una Cosa di Pasolini. E neppure legami possibili col momento del risveglio di Benjamin o con l’utopia sogno dell’umanità da realizzare di Ernst Bloch. Restiamo in un ambiguo dormiveglia, da cui non si sa se sia possibile uscire, e con il rischio che possa degradarsi in letargo o morte, anche morale e politica.
Non c’è dialettica tra le tre sezioni: i rumori di fondo nella citta vuota (di politica, di futuro) non suggeriscono nessun inizio di musica. E dunque, nessuna sintesi o sguardo d’insieme sembra più possibile, perché non si capisce quello che accade – altri / lo capiranno i figli i nipoti forse – gli animali le livide geometrie.
In coerenza con la sua “poetica del frammento” e dell’inquieto dormiveglia, il messaggio severo della raccolta di Chiarei, costruito sulla sua predilezione per le scelte degli “sperimentatori” e (Balestrini, Sanguinetti e – con le dovute differenze – anche di Zanzotto; e – perché no – del citato in exergo Giancarlo Majorino a pag. 32) è quello di cercare una forma adeguata ai contenuti della contemporaneità.
Sarà il lettore a decidere la qualità e il valore anche etico-politico di questa forma informale. E a decidere se quella di Chiarei è una poetica che si arrende alla realtà frantumata e caotica e, perciò, immutabile. Oppure è una scelta di mimesi o parodia inevitabile e di resistenza valida: quella più sentita dalla sua generazione, che ha imparato che il mondo è stato sostituito dal caos e che col caos bisogna fare i conti.

Note
1 Idomeni è il più grande campo profughi della Grecia
2  1.Oggi si torna alla guerra a Troia / 2. ma non ci sono cavalli per farla /3. finire – l’aria è malata da tempo / 4. i casi sani contano i minuti).
3 pag 16: quello che comincia con: Suona alla porta oggi il delivery e consegna a domicilio perché in tempo di guerra è bello scrivere poesie è quasi spontaneo è naturale; e finisce con: sono sempre i bambini tagliati fuori ad aspettare ad aspettare diventare grandi schivare le macerie gli indici di borsa i capitali in fuga – con cani senza guinzaglio e cappotto – con quelli della Nato – con il resto degli imperi a fare aria
4 Si pensi, ad esempio, al Leopardi de La sera del dì di festa: Ahi, per la via / Odo non lunge il solitario canto /Dell’artigian, che riede a tarda notte,/ Dopo i sollazzi, al suo povero ostello.

 

*L’immagine è di Tabea Nineo

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