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Letteratura

Tempo di scrivere

di Filippo Cusumano
27 Febbraio 2021

Nella sua Storia tascabile della letteratura italiana (1976)  Giuseppe Prezzolini li accomuna in un giudizio, definisce  entrambi “folli” e “sgominatori di luoghi comuni”.
Ennio Flaiano e Leo Longanesi  si erano conosciuti verso la fine degli anni Trenta in una birreria.
Flaiano rievoca quell’incontro in un articolo pubblicato nell’ottobre del 1957 sul Mondo, una decina di giorni dopo la morte di Longanesi:
“Dopo quattro chiacchiere mi disse: Si metta a scrivere e non perda tempo. Me lo ordinò, senza spiegarmene le ragioni che io non vedevo chiare. Era il suo modo di convincere i pigri e i delusi in quella gioventù che il fascismo aveva se non bruciata, certamente affumicata.”
Dopo quell’incontro i due si perdono di vista.
Si rivedono a Milano nel dicembre del 1946.
“Passeggiavamo cortesemente”, scrive Flaiano, “quando si fermò e mi disse: Mi scrive un romanzo per i primi di marzo? Io scoppiai a ridere, ma lui diceva sul serio.”
Longanesi non demorde. “Se comincia subito, le do un anticipo”.
“Aveva un modo di fare sbrigativo con cui sapeva mettere l’arte sul piano degli affari e viceversa”.
Accettata la sfida, Flaiano si mette all’opera.
“Pensare di deludere Longanesi mi era insopportabile”, dice.
In quattro mesi (dicembre 1946- marzo 1947) il libro è pronto.
Il primo titolo pensato da Flaiano, Il coccodrillo, è bocciato da Longanesi.
“Pensi ad un titolo diverso”, scrive l’editore, “Ho parlato con i librai, quel titolo non va, non attira. Purtroppo oggi i titoli debbono suonare”
Nasce così “Tempo di uccidere”. E nasce così in fretta che quando arrivano le correzioni delle bozze fatte da Flaiano, è già tardi.
“Il libro è già stato stampato, ormai siamo in legatoria, attendiamo solo la sovracoperta. Sarà in vendita dopo il 15 maggio. Si faccia avanti per il premio Strega, bisogna battere Moravia”.
Insomma: stesura, stampa, distribuzione del romanzo in soli cinque mesi. E allo scadere dei sette mesi, arriva pure il premio Strega.
Una ventina di anni dopo, scrivendo a Maria Bellonci, animatrice del Premio, Flaiano dice: “Forse era giusto che, scritto in tre mesi, il romanzo uscisse alquanto rozzo. Tanto per dirgliene una, in quell’anno 1947, ero così poco ricco che gli ultimi capitoli dovetti scriverli nel rovescio delle pagine di una sceneggiatura. Una volta vinto il premio, mi rimase un certo rimorso: di averlo vinto. Infatti di quel denaro avevo bisogno”.
“Tempo di uccidere” rimane l’unico romanzo di Flaiano
Longanesi prova a sollecitare lo scrittore.
In una lettera del maggio del 1947, lo incalza con il suo solito modo di fare sbrigativo: “Veniamo al secondo romanzo. Ha preparato nulla? Se vuole l’anticipo deve mostrare qualcosa all’amministrazione. Mi mandi una traccia”.
Seguono negli anni altri solleciti, che Flaiano però preferisce ignorare.
“Ci rivedemmo negli ultimi anni a Roma”, scrive Flaiano nell’articolo del Mondo, “ma la nostra amicizia, così come era nata, era fatta di riserbo e di rispetto, evitavamo di parlare a fondo, forse nella speranza di poterlo fare un giorno.”

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