Letteratura
Un pensiero tondo e fecondo: 70 anni dalla nascita di P. V. Tondelli
Il male di me mi parla in una maniera sottile, senza estetismi, si presenta oggi come il male della carne dove l’ansia di esistere ha stemperato il dramma in gocce distanti e sadiche di perpetua atonia tra il vuoto della pancia e la perfezione fonica di una goccia lenta quanto precisa. Ho tentato di esprimerlo con la poesia ma l’affondo non è riuscito forse per una vanità dell’essere precipua, un’incongruità minimale tra l’idea di sé nel mondo e il semplice accadere corporale. Il male nelle viscere quando ha una forma in sottrazione permea i giorni di un significato assente, di un logorio feroce che mina i giorni e l’agognato benessere. Io del resto sono uno che ha trovato nuovi equilibri, un essere umano che tutto sommato ha una fottuta gioia di vivere e amore orizzontale per atomi, pietre, vegetali, animali e persino esseri umani (per questi lo ammetto ho un’etnocentrica vocazione). E allora questo male della carne di che parla? E’ un demone? Una bieca castrante moralizzazione? Un idillio cavilloso dell’essere? Un’incorporazione rituale/sociale? Una stronza violenza strutturale? Un mancato affondo dell’io sono necessario per nascere al mondo? La verità è che non lo so ma lo vivo tra l’affanno di un desiderio impreciso e il prendermi il cazzo in mano per godimento ancestrale – melanconico- , un titillamento dei capezzoli, un sospirato fiato fra i denti, nel ritmo dell’addome e delle natiche mentre la sborra impossibile potrebbe implodere il mondo dal soffitto al parquet.
In momenti come questo penso ad amici importanti della mia giovinezza – le amiche le ho incontrate dopo -, esattamente in questo ordine Jean, Pier Paolo, Pier Vittorio, Caio Fernando. Sono tutti poeti, scrittori, drammaturghi, critici con cui avrei voluto camminare, scopare, parlare o semplicemente amare ma che invece ho incontrato nei loro libri: Rimbaud, Pasolini, Tondelli, Abreu. Che cosa sono poeti, scrittori e drammaturghi, non lo saprà mai dire nessuno … io li credo mistici senza distici, carne evasa, pensieri indocili, tenerezze incolmabili, eternità distillate in sintagmi, vibrazioni esistenziali di potenti fragilità, dubbi divini catramizzati e prati per orizzonti di senso incalcolabili. Senza contare il silenzio, perché sono morti. Senza contare che sono froci il che avvalora il loro affondo, amplifica il vaffanculo alla menzogna del mondo in cui hanno dovuto esistere come equilibristi per tutto l’ amore che ci vorrebbe nelle nostre vite ma che per donne, bambini, dementi, disabili, vecchi, negri, migranti e froci non è per nulla scontato.
Oggi il pensiero di Pier Vittorio entra dentro il male della carne e lo arruffa di ‘turpiloquio’ (per dirla come Raboni), gli fa il solletico nel ventre, finge la punta di una siringa con l’unghia e lì dove esorcizza il male affonda i denti e la lingua – un istante solo esploso in luce!-, accende la musica con Garbo ‘Vorrei regnare’, si siede sulla mia poltrona giallo-verde con gambe incrociate, sguardo beffardo:
P.V. : Ancora qui?
Io: Pare di si.
P.V. Dovresti ridere di più.
Io: Cazzo, mi basterebbe piangere qualche volta.
P.V. Lo fai con la carne e anche spesso coglione.
Io: Dici?
P.V. …
Io: C’è una soluzione?
P.V.: A cosa?
Io: A questo fottuto dolore che latra dentro l’addome? E non dirmi cazzate perché, lo sai ho in odio dio in tutte le sue forme, i confini, le nazioni, i partiti, il classismo, l’associazionismo gender … per tutto quello che non dicono di me e noi venuti da un altro mondo.
P.V. : (sorridendo) Vieni qui …
Io: Non mi dire che mi abbracci, non lo sopporto adesso, può farlo la Vanoni che ha 90 anni ed è qui, ma tu sei morto senza aspettarmi …
P.V.: Ti ho lasciato un po’ di spazio.
Io: (lacrimando) e che ci faccio?…
P.V. : Tu hai già vomitato ogni cosa violenza, rabbia, schiaffi, catarro, piscio, sborra, sabbia, sassi, stelle ed aria … porca puttana se lo hai fatto.
Io: E sono ancora qui. Che mi rimane?
P.V. La carne e il ritmo.
Io: Ma io non so se basta. Perché con questo feticismo feroce – lamalacarne – ormai, io voglio solo fare esplodere il mondo o l’amore.
P.V. : L’amore, come il dolore, non può né crescere né diminuire.
Io: Vaffanculo Pier!
P.V.: Negretto, quanto sei bello anche quando sorridi … .
Scompare all’improvviso come non fosse mai esistito, come sei sui libri non fossero mai esistiti, come se il tempo azzerato all’immateriale, gravido di possibilità ed indolente, cancellasse l’esistenza come ipotesi di vita. Pochi libri, pochi autori hanno parlato alla mia pancia con tanta furente libertà, con tanta piena dolcezza, con tanto fremere della carne, poche persone hanno indurito il mio cazzo, dato ritmo al respiro, sconsacrato il contingente fottutissimo, esteso la possibilità tra malinconica fragilità, gioia improvvisa e potenza viscerale. Dove lui ha lasciato, ecco comincio io …
Reginaldo 21-4-2025 Arese
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