
Storia
Uomini che hanno fatto la storia
La storia ci aiuta a comprendere il passato e serve come monito per il presente, sottolinea come gli eventi che si succeduti nel corso del tempo non rimangono circoscritti all’epoca trascorsa ma continuano a vivere attraverso il ricordo influenzando il presente. Passato e presente, plasmano la società odierna sottolineando che l’incomprensione rabbiosa verso gli eventi storici a cui stiamo assistendo, laddove stanno decimando vite umane radendo al suolo paesi e città, nascono fatalmente dall’ignoranza del passato e dall’incapacità di agire, a suo tempo, per smorzare le molteplici tensioni politiche e sociali che si stanno perpetrando da tempi lontani. La storia è stata definita “Scienza degli uomini nel tempo”, perché donne e uomini hanno dato il loro contributo alla storia con genialità, forza e coraggio, e non si parla di una storia fatta solo di re, condottieri e capi di Stato, a cui si potrebbe far riferimento in un classico testo scolastico, ma di personaggi sconosciuti ai più, che attraverso intricate trame di ricordi condivisi, attraverso immagini o luoghi vissuti, intrisi di significato, hanno dato lustro alle città natie e alle comunità fiere di accoglierne le testimonianze: opere di storici, intellettuali, scienziati, artisti e personaggi che hanno saputo fare scelte coraggiose e che hanno agito per il bene comune con grande rigore morale.
Attraverso il loro operato, emerge la storia, per qualcuno sconosciuta, lunga, ricca e affascinante, di un’intera Nazione, l’Italia, o di una regione: la Basilicata. La “temibile” avanzata dei mezzi di comunicazione ha amplificato la divulgazione delle narrazioni memorialistiche, tuttavia storici e studiosi, non possono dimenticare il grande meridionalista lucano, intellettuale e politico italiano Giustino Fortunato e l’ingegnere Giuseppe Catenacci, suo stimato collaboratore e studioso, che hanno a lungo discusso sul futuro del Sud, la sua identità, la sua vastità e complessità geografica, tematiche ambientali che, seppur locali, hanno interessato i due illustri personaggi che hanno discusso di fragilità territoriale e delle responsabilità della progettazione contemporanea. Giustino fortunato fu un clinico del territorio appenninico, studiò ogni aspetto da quello fisico-geografico a quello umano e antropologico, mai denigrando le sue radici. Il quadro ambientale del Sud, il suo sfasciume geologico, i rovinosi torrenti, l’incuria verso ogni bene diedero vita a pagine intense e sferzanti a testimonianza storica del passato. Nell’ultimo periodo della sua vita, Giustino Fortunato, dopo aver letto sul giornale locale “Voci lucane” un articolo dell’ingegnere Giuseppe Catenacci sulle condizioni delle strade campestri della Regione, scrisse al giovane ingegnere rionerese, rivolgendosi con toni bruschi e diretti:” Chi è il giovane presuntuoso del mio paese che, laureatosi qui a Napoli, non ha sentito il dovere di venirmi mai a fare visita?”. Fortunato era sempre aggiornato sulle notizie sulla stampa locale e l’impatto dello scritto dell’ingegnere, suo conterraneo fu tale che, venne richiesta con sollecitudine, la visita di Giuseppe Catenacci presso la casa di Giustino Fortunato, a Napoli. Questo incontro è stato tramandato e raccontato dal Catenacci con emozione, timore e affetto, sentimenti che non andarono scemando nel corso degli anni, devozione del Catenacci per Don Giustino che era nata già da ragazzo quando raccontava degli ossequi che i rioneresi porgevano al celebre meridionalista, con la gente che toglieva il cappello in segno di rispetto e di saluto, al suo passaggio.
Presso la casa di Napoli, dove spesso si recava, Catenacci conobbe gli uomini più illustri della cultura italiana, tra cui Benedetto Croce e il Fortunato, chiamatolo da parte, gli bisbigliò in un orecchio: “In quella testa è racchiuso tutto il sapere umano”. La conoscenza di quei grandi della cultura, lasciò una traccia indelebile nell’animo e nella mente del Catenacci, al punto da avvicinarlo con profondo interesse agli studi sulla storia del Mezzogiorno e Giustino Fortunato gli fu vicino spronandolo con indicazioni e lezioni, spasmandolo nel carattere, nel rispetto della moralità e soprattutto nell’amore sconfinato per la sua terra natia, una terra dalla bellezza selvaggia che incanta, una terra che, alla stregua degli uomini, sa offrire incondizionatamente ma è capace di punire ferocemente chi la ferisce. Fu così che ebbe seguito l’iniziale corrispondenza epistolare fra Don Giustino e il giovane ingegnere rionerese. Nell’Epistolario del 1987 col titolo” Lettere di Giustino Fortunato a Giuseppe Catenacci” a cura di padre Carlo Palestina, si legge come il Fortunato considerasse Giuseppe Catenacci “Interlocutore intelligente e vivace, ma soprattutto stimolante, capace di scuoterlo in qualche modo da quella pessimistica rassegnazione sempre più caratterizzava l’ultima fase della sua vita”. In una lettera del 22 agosto 1923 Giustino Fortunato, scrive a Catenacci:” La tua conoscenza mi ha ridato un soffio di giovinezza, ed io te ne sono grato. Possa a te sorridere, come meriti, l’avvenire. Questo il sincero mio augurio”. Non mancò il Fortunato di affidare all’ingegnere Catenacci, l’incarico di dirigere i lavori di riparazione della sua casa in Rionero gravemente danneggiata dal terremoto del 23 luglio 1930.
Lontano per motivi di lavoro, il Catenacci, non potè partecipare ai funerali di Giustino Fortunato che si spense a Napoli il 23 luglio 1932, ma pubblicò l’anno dopo il Volume “Giustino Fortunato e il Mezzogiorno d’Italia”, esprimendo la sua devozione e il suo profondo affetto per uno tra i più importanti rappresentanti del Meridionalismo. Nel Volume “Il mito di Giustino Fortunato”, Catenacci sottolineò le grandi virtù morali e l’impegno del Fortunato per la rinascita delle trascurate regioni del Mezzogiorno d’Italia, ricordandolo ai posteri con tali parole:” Egli era di quei mortali che l’Eterno dovrebbe perennemente tenere in vita, come lampade dell’umanità, cui bisogna mirare per salvarsi, in particolar modo nei momenti in cui i destini dei popoli sembrano maggiormente compromessi”. Eminalis – titolo dell’evento storico e culturale in memoria di Giuseppe Catenacci – la cui etimologia ricorda la pratica di contrassegnare tegole e laterizi con appositi bolli, ad indicare il proprietario, l’appaltatore, l’origine dell’argilla, il nome del capofficina – riporta l’attenzione al rapporto tra scienza, territorio e responsabilità civile, alla ricchezza archeologica del Vulture, per promuovere la sua conoscenza dal punto di vista scientifico e geologico, cui si era dedicato Giustino Fortunato e lo stesso Giuseppe Catenacci che, da ingegnere con la passione civile e uomo politico lucano, chiedeva per il Mezzogiorno a gran voce, investimenti per uscire dall’isolamento logistico attraverso le infrastrutture ferroviarie e stradali e culturale puntando sulla formazione scolastica.
Forse lo scritto “E’ nato un vulcano” è proprio una opera autobiografica, perché Catenacci fu strenuo sostenitore della terra natale nonostante Giustino Fortunato lo incitasse a lasciare il paese: fu scrittore di problemi meridionalistici, ingegnere progettista, agricoltore attivo e laborioso, fu scalatore delle vette dell’appennino e guidatore di auto e motocicli negli anni 30 – 40, fu professore di Topografia e Costruzioni e ufficiale della Prima guerra mondiale, insomma un uomo che ha mostrato la duttilità del suo ingegno vulcanico. Permettendo alle giovani generazioni di ascoltare le parole dei grandi del passato, si darà la possibilità di comprendere il presente per saper progettare il futuro. Questo il valore della storia, osservare i luoghi che furono teatro di grandi avvenimenti storici, spulciare fra le antiche carte – per conoscere e ricordare chi ha tracciato la nostra identità – potrebbe aiutarci a riflettere sulle lacune del nostro Paese. Fortunatamente di uomini illustri la storia ci ha tramandato le gesta, uomini noti per la dirittura morale e per il prestigio assunto in campi diversi. Pochi hanno avuto la fortuna di conoscerli e di apprezzarne le doti di mente e di cuore: Rionero in Vulture serberà sempre con soddisfazione la memoria di quanti hanno dato decoro e prestigio a questa fortunata cittadina del Vulture, e non si tratta del riconoscimento delle storie e delle memorie considerate locali o marginali, perchè ad oggi, in senso lato, sono scarse le testimonianze di coloro che si distinguono come maestri di vita e di sapere.
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