Teatro
Angela Malfitano, finalmente un’attrice!
Sarà che l’antica Elea, la romana e attuale Velia, è un sito veramente speciale, dove le forme d’arte magistralmente eseguite si adeguano all’incanto del luogo, venendo caratterizzate da un quid che finisce per celebrare la magnificenza dell’antico, ma, ieri sera, nell’ambito del “Teatro Velia Festival”, ho visto un’attrice monumentale che mi ha tolto il fiato. Angela Malfitano in scena è capace di compiere quel miracolo che sospende il tempo presente della platea, sostituendolo con uno imperituro che reca con sé il mistero della parola bellamente pronunciata, fatta suono, bisognosa di pause e libera nelle accelerazioni, innalzata di un’ottava e usata strumentalmente facendo vibrare le corde dell’anima, gli sbalzi d’umore, l’istinto più indocile. Tutto questo, nella compostezza di una disciplina che rende finezza, dove l’intenzione attoriale si dissolve in favore della presenza fantasmagorica del personaggio. Angela è Medea ed é Clitennestra, offrendo in una sorta di sacrificio ieratico il suo corpo e la sua voce, per farne carne e parola che assecondano il rituale di un teatro colmo di una magnificenza percepibile ben oltre la suggestione. Chi ha assistito ai due monologhi eleatici, ieri sera, ha visto e ascoltato qualcosa di prodigioso, che la concomitanza del fattore ambientale e la bravura dell’attrice bolognese hanno reso uno spettacolo unico e irripetibile.
La composizione della prima pièce, approntata da Franca Rame espressamente per la signora Malfitano, rimanda alla commedia dell’arte e alla tradizione dei maggi umbro-toscani. Il linguaggio con cui Medea vive la sua presa di coscienza è quello rinascimentale, dalla tonalità umbro-laziale, espressione della ricerca di Dario Fo. Straniera e ripudiata come madre e moglie dal marito Giasone, Medea si apre a un confronto con le donne contemporanee, rivendicando giustizia per sé e per l’intero genere femminile, mediante un racconto dove le congetture, in splendido contrasto con la lingua da lei parlata, assumono un valore moderno e progressista, espressione tangibile di un tempo evoluto. Mentre, nel secondo monologo, Clitennestra, regina di Micene e moglie di Agamennone, si presenta al cospetto di un’immaginaria corte di giudizio, dopo aver ucciso il marito e l’amante di lui, Cassandra. La rilettura, di grande impatto, è di Marguerite Yourcenar, che ci consegna una donna forte e ancorata razionalmente al suo dolore. Dedita a esplorare nella sua interiorità per cercare la parte più autentica, è sostenuta da un’intelligenza fervida e uno spirito passionale, dove si alternano armonicamente audacia e schiettezza, ironia e candore, a ornamento del racconto dell’abbandono prima, dell’amore per Egisto poi, per finire con il ritorno dalla guerra di Troia dell’eroe stanco, una sorta di Dio caduto: Agamennone, appunto. In conclusione, Angela Malfitano in Medea-Clitennestra è una perla che Michele Murino, fondatore e direttore della rassegna inerente al teatro antico, ha ben incastonato nel presentimento parmenideo da cui si viene edotti nella parte alta dell’antica città di Velia. L’essere, in questo luogo, precede di gran lunga l’avere e l’apparire.
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