Teatro

“Circo Kafka”, il teatro visionario di Abbiati e Morganti

12 Ottobre 2024

CAGLIARI _ Nostalgia per il teatro fatto bene. Assistendo a “Circo Kafka”, spettacolo ispirato allo straordinario libro di Franz Kafka, “Il Processo” –romanzo che mantiene a distanza di tempo una forte attualità- scritto a quattro mani da Roberto Abbiati, interprete e Claudio Morganti alla regia, si resta colpiti da come sia ancora possibile imbattersi sulla scena in un’arte di alta qualità. Tanto più in un’epoca in cui si rischia di annegare nel conformismo e nella melassa del ”vorrei ma non posso”: sentimento che spesso accompagna un bel po’ di allestimenti dei nostri tempi, di autori anche giovani, più attenti a cercare equilibri tra forma e contenuto che rischiare sperimentando. Ecco invece Abbiati e Morganti che viaggiano in direzione ostinata e contraria. Stanno in una zona di confine in cui l’arte scommette su se stessa. Hanno il coraggio di fare delle scelte mantenendo per un’ora il filo del racconto sospeso tra surreale e comico imbastendolo di feroce satira del potere, E il tutto costruito con sapienza artigianale e spirito avantgarde.

L’incipit del romanzo, tra i più famosi della letteratura («Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., perché senza che avesse fatto niente di male, una mattina fu arrestato») prima dello spettacolo viene distribuito al pubblico scritto su fogli bianchi ma solo fino al nome, “Joseph K”, un impiegato di banca finito nella tela di ragno di un assurdo caso giudiziario che lo consegnerà alla pena capitale condannato senza alcuna certezza del diritto, per decisione di una giustizia labirintica e mostruosa. E per di più senza conoscere i dettagli dell’accusa di un reato ipotetico e innominabile.

L’attore Roberto Abbiati nei panni di Joseph K in “Circo Kafka”dal romanzo “Il Processo” di Franz Kafka  con la regia di Claudio Morganti (Fotografia di Dietrich Steimetz)

Incipit riportato a metà che lascia in sospeso la narrazione del racconto per procedere per associazioni, incubi e visioni appartenenti verosimilmente e da sempre all’animo umano. Sonda l’indicibile questo “Circo Kafka” dove tutto è già stato deciso e un uomo è solo davanti a una giustizia debordante e mefistofelica. Joseph K davanti a tutto il male del mondo, piombatogli addosso e all’improvviso in un mattino qualunque della propria vita, è finito dentro un incubo che sembra più simile a un viaggio psichedelico dentro la propria coscienza. Un caso di distopia che genialmente sembra anticipare Philip Dick. La scena è un arruffato quanto immaginifico presepe costruito per accumulo di materiali, eppure lineare nel disegnare drammaturgicamente tutti gli step del dramma, i suoi spostamenti, le sue visioni. Il centro è la camera da letto che, nel dipanarsi del filo narrativo, diventa il luogo privilegiato della rappresentazione, dalla stanza della pensione al tribunale fino a ballare sinistramente come la zattera della Medusa dipinta da Gèricault. È costruita con una testiera, lampadine che fanno da corona, fili e tende, ruote di bicicletta e strumenti musicali. Sì, perchè il racconto di questo piccolo mondo, che racchiude in sé tutti gli altri di Joseph K , è un act sans paroles beckettiano con un Abbiati magnifico attore, musico e clown dall’espressione triste e sorpresa. Burattinaio e al tempo stesso burattino che scopre il proprio alter ego sul letto: un pupazzo simile a quelli usati da Kantor nel suo “La Classe Morta”. Gioco di specchi e continuo rispecchiarsi della realtà deborda dal quotidiano per diventare spazio metafisico, allucinazione del vivere.

Roberto Abbiati nei panni del giudice che condannerà Joseph K in “Circo Kafka”, regia di Claudio Morganti (Fotografia di Dietrich Steinmetz)

A scandire il tempo di questo avvolgente dramma sono i suoni registrati di Claudio Morganti (pochi sanno che l’attore è anche un fine batteur, percussionista dallo spiccato senso del ritmo). Colpi di casse e tamburi, suoni quasi siderali che si mescolano con quelli dal vivo di Abbiati al contrabbasso o di un’armonica che, infilata in bocca, produce il canto disperato di difesa del condannato, pari al lamento blues di una cornamusa. E infine, gli altri suoni, preziosi e puntuali di Johannes Schlosser al lato della scena impegnato a filtrare ed equalizzare. E’ l’ incalzante teatro sonoro che accompagna dall’inizio alla fine le evoluzioni e il lento sgretolarsi della vita di Joseph K.

Si alternano i costumi, quelli militareschi degli sbirri che una mattina entreranno, lugubri messaggeri, nella stanza di Joseph K a dare la sveglia, e in seguito a portarlo via per l’esecuzione finale, la tonaca nera e dorata del giudice che fa girare vorticosamente una ruota di bicicletta, quasi fosse la roulette dell’esistenza. Una sedia sale lenta verso il cielo dipinto di blu mentre Abbiati/Joseph K suona all’organetto una stralunata nenia.

“Circo Kafka”, prodotto da Metastasio Teatro, è stato ospitato nei giorni scorsi al Teatro Massimo di Cagliari in una personale che comprendeva quell’altro prezioso gioiello di ”Una tazza di mare in tempesta”, alias Moby Dick di Melville in “Il terzo occhio”, rassegna interdisciplinare delle nuove creatività curata da Cedac.

“Il Processo” di Franz Kafka riletto in modo originale da Roberto Abbiati con la regia di Claudio Morganti di scena a Cagliari (Fotografia di Dietrich Steinmetz)
1 Commento
  1. In un testo dedicato a Franz Kafka (Silvio Morganti, Attualità psicologica dell’interpretazione kafkiana di come vanno le cose del mondo), in attesa di pubblicazione, un capitolo è proprio dedicato a Il Processo. Ecco la provvisoria scheda di presentazione del lavoro:
    Il lavoro letterario di Franz Kafka (sosteneva non di occuparsi di letteratura, ma di essere letteratura) può aiutare, da un complesso di punti di vista, i professionisti della comunicazione, dell’ascolto e della strutturazione di relazioni di aiuto.
    In un certo senso, proporsi come strumento del loro lavoro.
    Ecco allora che, di ciascuno dei tre Romanzi (America, Il Processo, Il Castello), viene proposto un ampio e completo riassunto e, soprattutto, via via ne vengono evidenziati i passaggi di maggior interesse applicativo: quali suggerimenti ne possono trarre coloro che possiamo riconoscere come agenti del benessere (psicologi, psicoterapeuti, mediatori famigliari, medici, assistenti sociali, studenti di psicologia e di scienze dell’educazione. Ma non solo: in termini ancor più generali, tutti coloro che operano nel territorio dei quartieri esistenziali, sindacalisti compresi.
    Con la medesima procedura si scorrono le pagine dei Diari, delle Lettere e delle Relazioni (queste ultime redatte in quanto funzionario dell’Istituto di Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro. Le cui considerazioni offrono spunti assolutamente e sorprendentemente attuali. Quasi necessari per contenere l’antologia di morti sul lavoro riferita dalla cronaca quotidiana).
    Quando Kafka ha 36 anni scrive una lettera al Padre (di 67 anni), che non gli verrà mai consegnata ma che, con le sue cinquanta pagine, si pone come documento di spessore psicopedagogico. In sintesi: l’esempio è la forma educativa di maggior efficacia.
    Un’ultima sezione raggruppa i contributi di giovani laureate in Psicologia e di un giornalista, così da poterne leggere le modalità interpretative declinate nel contesto attuale.
    A corredo, una tavola cronologica puntuale (dal 1883 al1924), utile per raccordare ogni spezzone di vita vissuta e la rispettiva traduzione nel processo creativo – e interpretativo – tipicamente kafkiano e un’ampia bibliografia: la biblioteca è la farmacia del pensiero.

    La rilettura che Roberto Abbiati e Claudio Morganti (non siamo parenti ma mi par di intuire una singolare sintonia di pensiero…) danno de Il Processo è per me di notevole interesse. Così spero che il mio lavoro susciti almeno qualche spicciolo di curiosità.
    Felice di avervi potuto incontrare, invio vivissimi auguri di buon cammino.
    Silvio Morganti (Mail: silvio.morganti@tin.it)

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