Catania. “Karrasekare” dell’ensemble “Igor x Moreno” è uno spettacolo di teatro danza di grande interesse e di estrema complessità e vitalità. Complessità e vitalità intellettuali, prima che materiali e formali. Sostanzialmente si tratta di uno spettacolo che prova a ricostruire la dimensione selvatica, agreste e dionisiaca del carnevale mediterraneo, rinvenendola nelle affascinanti modalità in cui questa festa popolare è stata vissuta nei secoli, e forse lo è ancora, in Sardegna e nei Paesi Baschi. Ma non si tratta di un lavoro di ricerca, di ricostruzione antropologica o di archeologia filosofica, ma di un lavoro di danza contemporanea. Una coreografia ben connessa a ciò che accade sulla scena nazionale ed europea, rivolta al presente e fornita, come è giusto che sia, di un pensiero critico e politico sul magma storico da cui risulta il presente e da cui sgorga il futuro (o un’idea di futuro per cui impegnarsi e lottare). In particolare l’assunto profondo di questo spettacolo sembra essere un’equazione di questo tipo: il pensiero e il movimento queer stanno all’autoritarismo conformista della cultura capitalista, come il dionisismo sta (o starebbe) alla cultura classica e precristiana. Consequenzialmente, cultura queer e spiritualità dionisiaca vengono letti come elementi vitali ed eversivi, se non proprio rivoluzionari, di critica profonda tra i quali sembra lecito stabilire un parallelismo perché entrambi legati a una riflessione sulla centralità del corpo e sulla liberazione del corpo e del desiderio. È un’idea/ipotesi fertile e interessante di cui i due autori dello spettacolo sembrano essersi fortemente convinti, persino innamorati si direbbe, e che trova una rispondenza straordinariamente densa nella coreografia di cui raccontiamo. Ci si stacca dalla oppressione conformista della cultura e ci si libera nella natura: ci si libera, gesto dopo gesto, movimento dopo movimento, contatto dopo contatto, relazione dopo relazione; ci si libera a partire dalle rivolte dei corpi desideranti e ci si libera anzitutto nei corpi; ci si libera nella terra e nell’acqua; ci si libera infine per mezzo della potenza ossessiva, straniante e “numinosa” del ritmo, della musica, della danza, per mezzo delle maschere, dell’ebbrezza, dell’accoglienza del divino, incontrollabile, misterioso enthousasmós e dell’abbandono di ogni forma di conformismo. Ci si libera e si rinasce, come rinasce (o meglio come sembra rinascere) in primavera la natura. Nel corso della coreografia questi momenti di liberazione vengono quasi osservati al microscopio, colti nella loro più originaria emozione e restituiti al flusso della danza che li assorbe, se ne nutre, li ripete, li semplifica e li amplifica. Regia e coreografia sono di Moreno Solinas e di Igor Urzelai Hernando. In scena a danzare ci sono Marcella Mancini, Alessio Rundeddu, Matteo Sedda, Giulia Vacca, Margherita Elliot, Igor Urzelai Hernando, Moreno Solinas. La consulenza drammaturgica è di Simon Ellis. Le musiche originali e il sound design sono di Edoardo Robert Elliot, mentre la scenografia e i costumi sono firmati dal duo Kaspersophie. Tutto bene dunque? C’è qualcosa che non convince? Lo spettacolo è molto affascinante nella sua definizione poetica e formale, ma probabilmente l’idea/ipotesi/equazione su cui si basa non è del tutto convincente perché non fa i conti fino in fondo con la limitazione temporale che è insita nel concetto di festa e nel concetto festivo e comico proprio del carnevale: in una società strutturata il potere ammette libertà e un grado significativo di disordine e licenza solo a patto che ci si limiti – rigorosamente – ai soli giorni della festa e che il tutto sia sterilizzato e reso culturalmente innocuo a priori. Se ci si sta riferendo a delle evidenti tracce di dionisismo nel carnevale tradizionale sardo e basco, non bisogna dimenticare che la cultura cattolica europea predominante fino all’età moderna (e rilevante nella contemporaneità, se pure non centrale rispetto al trionfo del liberalismo capitalista e materialista) le ha tollerate nel carnevale (e in feste simili), “riplasmate” (per citare De Martino”) e rifunzionalizzate in feste di religiosità popolare che a quel tipo di spiritualità e alle esigenze antropologiche connesse hanno continuato a dare voce e possibilità di espressione. Voce ed espressione, ma in una dimensione di conservatorismo culturale e politico e senza sostanziare alcuna moderna ideologia di liberazione dell’umano. Se invece il riferimento è al potere liberatorio del dionisismo, considerato e attinto nel mondo pagano e precristiano, bisogna ricordare che, aldilà del sacro nel mistero dei baccanali, la manifestazione più rilevante di questa spiritualità è da rinvenire nella nascita del teatro (le cui manifestazioni mimetiche spettacolari sono definite temporalmente) e che non è detto affatto che – per dirla in sintesi – anche nella cultura greca classica a vincere sia stato sempre Dioniso e non Penteo. Insomma, l’equazione politico culturale che sostanzia lo spettacolo, per quanto affascinante, andrebbe probabilmente approfondita ulteriormente sul versante del rapporto tra ideologia, repressione e delimitazione spazio temporale del festivo e del comico. E non è detto che non sarebbe un approfondimento altrettanto fertile e stimolante. Coreografia vista a Catania, a Scenario Pubblico, il 13 e 14 dicembre 2025.
Karrasekare. Regia e coreografia: Moreno Solinas e Igor Urzelai Hernando. Direzione di prove: Margherita Elliot. Interpreti: Marcella Mancini, Alessio Rundeddu, Matteo Sedda, Giulia Vacca, Margherita Elliot, Igor Urzelai Hernando, Moreno Solinas. Consulenza drammaturgica: Simon Ellis. Musiche originali, sound design & tecnico del suono: Edoardo Robert Elliot. Scenografia e costumi: KASPERSOPHIE. Disegno Luci: Joshie Harriette. Relighter e tecnico luci: Laurie Loads. Stage Manager: Matteo Maragno. Producer: Davide Pisano. Amministrazione: Anna Paola Della Chiesa. Prodotto da: S’ALA e The Place. Co-prodotto con Theatre De La Ville, Fuorimargine, Romaeuropa, Bora Bora e Theatrefestival Boulevard. In collaborazione con Toscana Terra Accogliente (con residenze a Anghiari Dance Hub e Armunia, e co-finanziamento di Fabbrica Europa), HKD – Croatian Cultural Centre. Co-commissionato da Cambridge Junction con supporto dello Stobbs New Ideas Fund | Con il supporto dell’Istituto Italiano di Cultura di Londra e NID Platform, e con lo sponsor di Viale s.r.l. Con il sostegno di MiC – Ministero della Cultura, RAS – Regione Autonoma Della Sardegna, Fondazione Di Sardegna. Crediti fotografici di Fabio Sau, Cosimo Tringoli, Tanja Kanazir.
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