Teatro
la danza e la distopia violenta dei giochi online
CATANIA. Potente, rigoroso e inquietante: così sì potrebbe definire sinteticamente “We, us and other games”, lo spettacolo della compagnia romana Spellbound contemporary ballett (una certezza per la danza italiana), concepito e diretto dalla coreografa serba (professionalmente di stanza ad Amsterdam) Dunja Jocic. In scena a danzare ci sono Anita Bonavida, Lorenzo Capozzi, Mario Laterza, Giuliana Mele, Mateo Mirdita, Alessandro Piergentili, Miriam Raffone, Martina Staltari. La musica originale è di Renger Koning. La presenza attorale pre-registrata in video è Milutin Dapcevic. La drammaturgia è di Nikola Zavisic su un testo originale di Barbi Markovic. Un lavoro potente perché si tratta di una coreografia che non concede nulla allo spettacolo che non sia totalmente subordinato alla danza. Rigoroso perché la danza, in ogni sua evoluzione, si staglia netta dall’oscurità della scena e dei costumi come corpo, ritmo e squarci di luce. Inquietante perché nel corpo vibrante dei danzatori e delle danzatrici si dispiega una riflessione che si allinea ad una delle linee di ricerca filosofica più interessanti e aperte del nostro tempo, ovvero la legittimità (morale e politica) dello sviluppo inarrestabile delle tecnologie informatiche e dell’intelligenza artificiale e le possibilità del loro utilizzo e del loro interferire con la vita umana (nella globalità delle sue dimensioni personali e associate). 
WE, US AND OTHER GAMES, Spellbound Contemporary Ballet. Coreografia e Regia di Dunja Jocic. Interpreti: Anita Bonavida, Lorenzo Capozzi, Mario Laterza, Giuliana Mele, Mateo Mirdita, Alessandro Piergentili, Miriam Raffone, Martina Staltari. Musica originale di Renger Koning. Attore: Milutin Dapcevic. Disegno luci Marco Policastro. Dramaturgia: Nikola Zavisic. Testo originale di Barbi Markovic. Costumi di Anna Coluccia. Traduzione del testo di Mascha Dabic. Una produzione Spellbound con il contributo del Ministero della Cultura; Coproduzione Birds Productions, Bolzano danza Crediti fotografici: Andrea Macchia.
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