Noury (Amnesty): Le norme per avere Salis in Italia ci sono, serve cooperazione

1 Febbraio 2024

“Ho spiegato i dettagli del caso Salis a Giorgia Meloni. Le ho spiegato che in Ungheria la magistratura non dipende dal Governo, ma dal Parlamento. Per parte mia, la sola cosa che sono legittimato a fare è fornire dettagli sulle sue condizioni in carcere, per fare in modo che riceva un trattamento equo. In ogni caso, tutti i diritti di Ilaria Salis saranno garantiti. E non è vero che Ilaria Salis, durante la detenzione, è stata isolata dal mondo: ha potuto fare delle telefonate”.

E’ con queste dichiarazioni che si è chiuso l’incontro tra la premier e il Primo ministro ungherese Viktor Orbàn, tenutosi a Bruxelles dopo giorni di tensione tra Italia e Ungheria per immaginare insieme una possibile soluzione al caso Salis.

E’ ormai nota a tutti la vicenda di Ilaria Salis, militante antifascista di 39 anni che si trovava a Budapest quando, tra il 9 e il 12 febbraio 2023, veniva arrestata con l’accusa di aver preso parte all’aggressione di alcuni militanti neonazisti – in quel momento in Ungheria per festeggiare il Giorno dell’onore. Portata in un carcere di massima sicurezza a Budapest, Salis trascorreva dieci mesi di detenzione cautelare in condizioni che sono state definite “disumane” tra topi, scarafaggi e mancanza di medicinali, in attesa del processo. In occasione della prima udienza, tenutasi il 24 gennaio, Salis veniva condotta in aula con le mani e i piedi legate a ceppi di cuoio con lucchetti, e le immagini di Ilaria trascinata da un agente delle forze di sicurezza ungheresi scuotono l’opinione pubblica.  Dalla magistratura Salis viene accusata di aver preso parte a un reato commesso “all’interno di un’organizzazione criminale” e di “aver potuto pregiudicare la vita della/e vittima/e” e rischia, ai sensi della legge ungherese, fino a 16 anni di carcere. Il Tribunale di Budapest propone un patteggiamento per una condanna di 11 anni. Salis rifiuta il patteggiamento e continua a proclamarsi innocente.

E ora?
Passata pressoché sotto silenzio fino alla prima udienza, (si ricordi che era il 22 dicembre quando alcuni membri del MEP denunciavano alla Commissione UE il caso Salis, facendo presente lo stato di degrado delle prigioni ungheresi), la vicenda di Ilaria è ora al centro del dibattito: con i suoi risvolti sul piano nazionale ed europeo, il caso racchiude in se’ una serie di questioni giuridiche e politiche piuttosto rilevanti, in quanto ancora non del tutto risolte nell’Unione Europea degli “Stati di diritto” e delle libertà.

Vediamo quali.
Cos’è successo a Ilaria Salis? Come abbiamo detto, Ilaria Salis è stata arrestata dalla polizia ungherese con l’accusa di aver preso parte all’aggressione di alcuni militanti neonazisti. A seguito dell’arresto, Ilaria è stata portata a Budapest, nel carcere di massima sicurezza, a scontare la detenzione preventiva nell’attesa che cominciasse il processo. In questo contesto, si riporta (tra tutte le fonti, riportiamo il memoriale scritto dalla stessa Salis in data 2 ottobre 2023), Ilaria Salis avrebbe subito un trattamento lesivo e degradante, contrario a quanto previsto dai principali trattati internazionali ed europei in materia di diritti umani sottoscritti, tra l’altro, da Italia e Ungheria.

Quali sono questi trattati? Ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo “Nessuno può essere sottoposto a tortura, trattamento o pena disumano o degradante. Questa norma vale anche per i detenuti, dei quali deve essere rispettata la dignità umana”. E la dignità di Ilaria Salis, stando alle testimonianze, non sarebbe stata rispettata: del resto, già nel 2015 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo aveva condannato l’Ungheria per le violazioni di diritti umani a carico dei detenuti, e l’ultima inchiesta del Comitato contro la Tortura sulle condizioni carcerarie ungheresi risale al maggio 2023. Oltre a ciò, il trattamento ricevuto da Ilaria Salis potrebbe avere implicazioni anche sotto un altro aspetto giuridico: “Oltre alla CEDU, altre norme di diritti internazionale sono state violate: pensiamo al Patto internazionale per i diritti e politici, o alla Convenzione del 1963 sulle relazioni consolari. Adesso ne stanno parlando tutti, ma non dobbiamo dimenticare che il caso emerge a seguito di un lungo periodo di scarsa cura da parte delle autorità diplomatiche rispetto alla condizione di Salis – che ha dovuto trascorrere un  periodo lungo, prima di poter raccontare le sue condizioni detentive” spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, a cui abbiamo chiesto un aiuto nel ricostruire i profili giuridici della vicenda.

Le norme internazionali ci sono, quindi. Ma come è possibile farle valere? Ieri il legale di Ilaria Salis ha dichiarato di valutare la possibilità di fare ricorso alla CEDU, per violazione, appunto, dell’articolo 3 della Convenzione. Nel frattempo, però, esiste qualche strumento applicabile che possa imprimere al caso di Ilaria Salis un cambiamento immediato? Si, qualche strumento esiste. Ed è messo a disposizione dal diritto dell’Unione Europea: “Ci sono due decisioni quadro, adottate dal Consiglio UE nel 2009, che potrebbero applicarsi” ci spiega infatti Riccardo Noury. “La prima prevede la reciprocità delle misure cautelari precedenti alla condanna, ed è quella che i legali di Salis si stanno adoperando a far valere in questo momento – in quanto permetterebbe a Ilaria di scontare la misura cautelare in Italia. La seconda prevede la possibilità di scontare la condanna definitiva nel paese d’origine – e quindi, potrebbe entrare in gioco in un secondo momento. Si tratta di provvedimenti perfettamente applicabili al caso di specie. Però certo, come sempre c’è un elemento imprescindibile perché queste norme abbiano una qualche efficacia: deve esserci cooperazione da parte delle autorità giudiziarie italiane e ungheresi. Le autorità giudiziarie, queste norme, devono farle valere. E cioè, nel primo caso: gli avvocati italiani devono fare domanda di applicazione della norma, e il giudice ungherese deve accogliere la domanda. Poi, il giudice italiano deve far valere la decisione.”

Tutto dipende, insomma, dalla cooperazione delle autorità giudiziarie (su questo punto ha insistito  anche Gianluigi Gatta dell’Università di Milano su ‘Sistema Penale’, e in una sua recente intervista a Il Timone). Ribadisce Noury: “In un caso come questo, che è una questione di diritto e di diritti, una cooperazione giudiziaria efficace è elemento imprescindibile affinché diritti e garanzie processuali siano rispettati. Quindi, occorre che i legali e i giudici di Italia e Ungheria acconsentano a collaborare. Ricordiamoci sempre che la magistratura è un organo indipendente, e nelle decisioni dei giudici gli Stati poco possono intervenire. Quindi, ciò in cui c’è da sperare è che le autorità giudiziarie decidano di cooperare, e che Ilaria possa lasciare quel carcere quanto prima. Quanto poi alla decisione, vedremo cosa accadrà: il ricorso alla CEDU è senz’altro un’opzione, e vediamo cosa sceglieranno di fare i legali di Salis.”

E la politica? Come abbiamo detto, in questo caso siamo davanti a una cooperazione che deve essere soprattutto giudiziaria. Eppure, ci ricorda Riccardo Noury, c’è un però: “E’ vero che, come abbiamo detto, la magistratura è un organo indipendente, e le decisioni della magistratura sono decisioni che potranno essere contestate, eventualmente, solo davanti a una corte di rango superiore. Però è anche vero questo: da cosa dipende una buona cooperazione giudiziaria? Un buona cooperazione giudiziaria nasce, si sviluppa e si conclude bene solo se c’è corrispondenza e collaborazione tra i governi e la diplomazia degli Stati interessati. Prima di chiederci cosa possono fare la CEDU e l’Unione Europea, perché non ci chiediamo cos’hanno fatto finora le autorità italiane? È da mesi che Roberto Salis prova a portare all’attenzione del Governo il caso di sua figlia, senza ottenere risposta: è da qui che dovrebbe partire la cooperazione?”

Insomma: il caso di Ilaria Salis è ancora aperto. Quel che possiamo dire fin da subito, è che si tratta di una vicenda di carattere giudiziario, e che gli strumenti di diritto per porre fine alle violazioni, volendo, ci sono. È la volontà di applicarli che, forse, finora è mancata. E quella volontà è, forse, più che altro politica.

TAG: #dirittiumani, #dirittopenale, #ilariasalis, #unioneeuopea
CAT: diritti umani, Giustizia

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