La giusta cornice del quadro «Gender Equality»

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29 Novembre 2020

In questi giorni, anche in concomitanza con la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, si è discusso molto sia della cruda violenza fisica e sessuale, dell’umiliante e svilente violenza psicologica e delle privazioni di quella economica, sia delle impari opportunità tra uomini e donne nel lavoro, nella società, nella politica e persino in famiglia.

Una sintesi efficace di queste piaga sociale (che non conosce confini) è stata fatta da Maurizio Molinari nel suo recente Atlante del mondo che cambia, che dedica un capitolo al tema della parità di genere e lo intitola Donne e inclusione: un quadro da completare.

Al completamento del quadro stanno lavorando in molti, ed è un bene che sia così perché ce n’è un bel po’ da fare.

Tutte le azioni in corso, a diverso titolo, contribuiscono al raggiungimento di uno dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda dell’ONU: si tratta di quell’Obiettivo 5 che si propone di «Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze» e che riassume le varie sfaccettature del fenomeno.

La cornice del quadro «Gender Equality»

Io invece sono interessato a mettere la giusta cornice al quadro «Gender Equality».

[La cornice] «separa l’immagine dallo spazio circostante, focalizza lo sguardo dello spettatore, si propone come ornamento dell’immagine, legittimandola e conferendole autorità; rendendo l’immagine indipendente dal contesto, invita lo spettatore ad assumere una specifica modalità di visione»

La cornice del quadro «Gender Equality» è l’inclusione, che anche Molinari ha indicato nel titolo del capitolo che ho citato.

Faccio mia la definizione di inclusione adottata nel libro Diritti Umani e Inclusione e la sintetizzo in questo modo:

  • l’inclusione si interessa del contesto, della capacità dei nostri ambienti di vita di consentire a tutti partecipazioni attive e livelli di vita soddisfacenti;
  • l’inclusione considera esplicitamente il diritto di tutti a ricevere le attenzioni, le flessibilità e gli adattamenti di cui necessitano;
  • i contesti inclusivi sono tali quando tutte le persone al loro interno si sentono responsabilizzati per fare in modo che ci siano le condizioni affinchè ci siano pari opportunità;
  • l’inclusione punta a far sì che si identifichino i cambiamenti organizzativi e gestionali affinchè i diversi contesti consentano a tutti una vita di qualità.

Questa cornice conferisce a quadro un (almeno in parte) diverso impatto visivo a parità di qualità dell’opera e apre a considerazioni ancora un po’ inedite.

Le parole contano, come il linguaggio di genere

Parlare al maschile e al femminile non è vezzo stilistico, una complicazione inutile o addirittura un comportamento che aumenta la percezione delle impari opportunità invece di contribuire a pareggiarle.

Negli studi di organizzazione aziendale si parla di spazio simbolico, che include uno spazio linguistico-comunicante, che ci ricorda le cose non esistono senza un nome, almeno non nell’ambito dell’azione sociale, e uno linguistico-codificante, che influenza i processi di identificazione collettiva e le relazioni reciproche tra le persone all’interno di una qualsiasi organizzazione (o contesto, se vogliamo usare il termine adottato parlando di inclusione).

Leggete il documento Generi e Linguaggi dell’Università di Padova e vi si aprirà un mondo.

No Women No Panels

In certi ambienti, anche in Italia, è diventata prassi stupirsi (per usare un eufemismo) di fronte a programmi di eventi in cui sono presenti solo uomini.

La campagna No Women No Panels (Senza donne non se ne parla), recentemente rilanciata da Rai Radio1 con la Commissione Europea, ci ricorda che le donne ci sono, in qualsiasi settore, per qualunque tema.

Vero è che questi processi, oggi possono generare la sensazione che ci sia un vantaggio per le donne rispetto agli uomini.

Lo si diceva anche per la Legge Golfo-Mosca che nel 2011 introdusse l’obbligo di equilibrare le rappresentanze di genere negli organi di governo e di controllo (consigli di amministrazione e collegi sindacali) delle società quotate in borsa e delle società controllate dalle amministrazioni pubbliche con una presenza femminile di almeno il 30%. Nel 2019, l’obbligo è stato portato al 40%, ma soprattutto nello stesso anno il 20% delle imprese quotate a Piazza Affari era già in linea con la nuova disposizione.

Dopo le prime titubanze, anche No Women No Panels avrà lo stesso effetto.

Parlare a nuora perchè suocera intenda

Per raggiungere la parità di genere è necessario anche agire sul contesto che influenza le opportunità a disposizione di donne e uomini e sul genere (maschile) che ad oggi ha oggettivamente avuto maggiori opportunità.

Non mi riferisco ai congedi parentali e ad altre forme di welfare che possono supportare la parità di genere, perché questi sono temi che devono pennellare le istituzioni che stanno completando il quadro «Gender Equality».

Come ho già detto, la cornice dell’inclusione porta l’attenzione sul contesto. Se è vero che nei contesti inclusivi le persone si sentono autenticamente responsabilizzate per creare pari opportunità, è bene cominciare dal vertice e usare anche l’orientamento all’inclusione tra i criteri per la selezione o le progressioni di carriera nelle posizioni apicali.

Rispetto a questo criterio, uomini e donne sono alla pari e nessuno si potrà lamentare.

 

[*] L’immagine dell’articolo è un dettaglio di “Interno” di Kolomon Moore. È uno dei quadri più enigmatici che ho nel mio studio di casa. Ed ha anche una gran bella cornice.

TAG: Gender equality, impresa, Lavoro
CAT: discriminazioni, Questioni di genere

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