Siamo sicuri si tratti di lobby?

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17 Maggio 2020

Ormai a pie’ pari nella Fase 2, o nella Fase 3, non si è ben capito, comunque ormai in un mondo che sta riaprendo le porte, e che ci permetterà di girarlo senza neanche quasi percepire i limiti e le barriere che in realtà ancora persisteranno, possiamo anche ammettere che ci sono cose che non vanno e che abbiamo bisogno di non ritrovare al nostro rientro. Una di queste è lo stato italiano di arretratezza rispetto ai diritti delle persone LGBTQI.

È stato quasi provvidenziale il tempismo con cui, all’avvicinarsi della Giornata Mondiale contro l’Omofobia, la Bifobia e la Transfobia, è tornato in auge il tema dei 46 neonati bloccati a Kiev, partoriti per genitori che hanno fatto ricorso alla Gestazione per Altri. Un tema delicatissimo, su cui la stessa community si è irrimediabilmente spaccata, e che rischia di far scattare un orribile riflesso in un’opinione pubblica che ci mette un attimo a figurarsi un mercato di bambini. La stampa italiana fatica a trasmettere buoni modelli di comportamento durante la pandemia, ma non manca un colpo quando si tratta di risvegliare l’omofobia internalizzata che, ahinoi, appartiene alla cultura di base di ogni italiano.

Togliamoci quindi dalla testa l’idea che omosessuali e transessuali siano una lobby ricca e potente, e guardiamo invece qualche numero, per capire in che condizioni versano per davvero le persone LGBTQI, a cominciare dalla geografia della discriminazione, che vede 70 Paesi, per la maggior parte africani, del Medio e dell’Estremo Oriente, considerare l’omosessualità come illegale, in 7 di questi punita con la pena di morte.

Non ne esce meglio l’Europa, da questa considerazione, dove sembrano esserci fondamentalmente due blocchi culturali, uno occidentale, favorevole all’idea che le persone LGBTQI debbano avere gli stessi diritti di tutti, e uno orientale, poco incline a riconoscere che l’uguaglianza sia dovuta, e dove lo stesso direttore della Fundamental Rights Agency, Michael O’Flaherty, afferma che gli Stati Membri dell’Unione Europea negli ultimi sette anni sono rimasti pressoché fermi sul tema dei diritti. Ed è sempre della medesima agenzia l’indagine pubblicata qualche giorno fa, a metà maggio 2020, che mostra che in Italia (ma anche nel resto dell’Unione):

  • molte persone LGBT evitano di mostrare in pubblico il proprio legame affettivo con il/la partner, per evitare problemi (62% in Italia, 61% in UE);
  • solo una minoranza fa coming out nei diversi ambiti che frequenta (39% in Italia, 47% in UE);
  • il 40% sente di aver subito discriminazioni in diversi ambiti (42% in UE);
  • solo l’8% ritiene che il Governo si sia sufficientemente impegnato a combattere pregiudizio e intolleranza (in UE il 33%);
  • il 16% si è rivolto alla polizia per aggressioni fisiche o sessuali (14% in UE).

Insomma una situazione ben lontana dal potersi dire risolta, totalmente inaccettabile. Anche tra i più giovani, dove risulta che meno persone nascondono il proprio orientamento o la propria identità a scuola (41% nel 2019, 47% nel 2012), emerge tuttavia che il 27% degli studenti maschi preferirebbe sedersi accanto a qualcuno che non fosse gay durante la ricreazione, e il 34% avrebbe fastidio a condividere la stanza con un ragazzo gay in gita, come mostrano i dati di Gay Helpline. 

Numeri che ritroviamo nell’attività parlamentare, che sembra essersi totalmente bloccata sui temi relativi a matrimonio omosessuale e contrasto all’omofobia, bifobia e transfobia. Dalla proposta di Nichi Vendola del ’96, si è susseguita una lunga serie di fallimenti, che hanno sempre seguito lo stesso copione, quello del naufragio silenzioso: si lascia che lo scalpore più rumoroso si plachi, si fa procedere il disegno di legge e tutto viene inghiottito dalle acque calme parlamentari. Così è stato per Franco Grillini, per Anna Paola Concia, per Ivan Scalfarotto, fino alla legge Zan.

Ora, in una nota il Presidente Sergio Mattarella afferma che «Le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale costituiscono una violazione del principio di eguaglianza e ledono i diritti umani necessari a un pieno sviluppo della personalità umana che trovano, invece, specifica tutela nella nostra Costituzione»; un segnale importantissimo, dato che finora è sempre stata un’interpretazione restrittiva della Costituzione a rappresentare uno scudo contro l’avanzamento del nostro Paese. Speriamo che anche questo cambi, e che le barriere con cui dovremo convivere nei prossimi mesi siano solo di plexiglas. 

TAG: dibattito pubblico sull'omosessualità, discriminazione, IDAHOT, lgbt, matrimonio omosessuale, pregiudizi, pregiudizio omosessuali, transessuale, transgender
CAT: discriminazioni, Scienze sociali

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