Economia

Riscatto degli anni lavorativi: una leva finanziaria per anticipare la pensione e rafforzare i conti Inps

Un meccanismo volontario, simile al riscatto di laurea, che consenta ai cittadini di “acquistare” anni contributivi: flessibilità in uscita per i lavoratori, liquidità immediata per il sistema previdenziale.

22 Dicembre 2025

Nel dibattito sempre più acceso sulla sostenibilità del sistema pensionistico italiano, dominato da vincoli demografici e da una transizione lenta verso una maggiore flessibilità in uscita, emerge una proposta che merita attenzione: introdurre un “riscatto degli anni lavorativi”, modellato sul meccanismo già esistente del riscatto di laurea.

L’idea è semplice nella sua architettura ma potenzialmente rilevante negli effetti macroeconomici e previdenziali. L’Inps fisserebbe un costo standard per ciascun anno di contribuzione ai fini pensionistici; il cittadino, su base volontaria, potrebbe versare da uno a un massimo di dieci anni di contributi aggiuntivi, finanziandoli con risparmio personale o attraverso strumenti di credito dedicati. Il risultato: pensionamento anticipato per chi può permetterselo e afflusso immediato di risorse nelle casse dell’ente previdenziale.

Un parallelo già collaudato

Il riferimento al riscatto di laurea non è casuale. Oggi decine di migliaia di lavoratori scelgono ogni anno di valorizzare ai fini pensionistici il periodo universitario, pagando importi che possono superare i 50-60 mila euro. Un’operazione che, pur non esente da critiche, ha dimostrato due aspetti chiave: esiste una domanda reale di flessibilità previdenziale ed esiste una platea disposta ad anticipare risorse pur di guadagnare tempo sulla data di pensionamento.

Estendere la logica agli anni lavorativi significa andare oltre il recupero di “vuoti contributivi” e introdurre una vera e propria opzione di mercato regolato sul tempo pensionistico.

Vantaggi per i cittadini

Per il lavoratore, il riscatto degli anni lavorativi rappresenterebbe una scelta di pianificazione finanziaria di lungo periodo. Chi ha carriere continue ma retribuzioni elevate negli ultimi anni potrebbe decidere di “comprare” il diritto a uscire prima, trasformando capitale o risparmio accumulato in tempo libero futuro. In un mercato del lavoro sempre più usurante sul piano psicofisico, la possibilità di anticipare l’uscita anche di 2-5 anni avrebbe un valore significativo.

Inoltre, la previsione di un tetto massimo di dieci anni limiterebbe le distorsioni, evitando che il meccanismo diventi una scorciatoia indiscriminata o una pensione anticipata per pochi privilegiati.

Un’opportunità per l’Inps

Dal lato dell’Inps, il beneficio è immediato e tangibile: liquidità oggi, a fronte di prestazioni future che, in molti casi, sarebbero comunque dovute. In un contesto di tensione strutturale tra contributi incassati e pensioni erogate, l’anticipo di flussi finanziari può rafforzare la gestione di cassa e ridurre il ricorso al trasferimento fiscale.

Inoltre, se il costo degli anni riscattati fosse calcolato in modo attuarialmente neutro o leggermente prudenziale, l’operazione potrebbe risultare neutrale o persino positiva nel medio-lungo periodo per i conti pubblici.

Effetti sul mercato del lavoro

C’è poi un ulteriore elemento spesso trascurato: l’uscita anticipata volontaria di lavoratori senior può aprire spazi occupazionali per le generazioni più giovani, favorendo un ricambio ordinato nelle imprese. Non si tratterebbe di un esodo incentivato dallo Stato, ma di una scelta individuale, autofinanziata e regolata.

Le criticità da governare

Naturalmente, il meccanismo richiederebbe paletti chiari. La determinazione del costo annuo dovrebbe essere trasparente, uniforme e aggiornata periodicamente. Andrebbero evitati sconti regressivi che favoriscano solo i redditi più alti, magari prevedendo soglie minime di contribuzione già maturata o limitazioni legate all’età.

Un altro nodo è l’equità: la misura non risolverebbe il problema di chi non ha risparmi sufficienti. Ma, come già accade per il riscatto di laurea, non sarebbe uno strumento universale bensì un’opzione aggiuntiva, che amplia il ventaglio delle scelte senza gravare sulla fiscalità generale.

Una riforma a costo zero (o quasi)

In un sistema bloccato da anni tra rigidità normative e interventi temporanei, il riscatto degli anni lavorativi avrebbe il pregio di essere una riforma strutturale a basso impatto sul bilancio pubblico, fondata su adesione volontaria e logica contributiva.

Più che una scorciatoia, sarebbe un ponte tra previdenza e finanza personale, capace di responsabilizzare i cittadini e, al tempo stesso, offrire ossigeno immediato all’Inps. Una soluzione che parla il linguaggio dei numeri e che, proprio per questo, potrebbe trovare spazio nel cantiere sempre aperto della riforma pensionistica.

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