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Economia

UberPop Adieu! La Francia non vuole la concorrenza

di Matteo Ghisalberti
15 Dicembre 2014

E’ bastata una mezza mattinata di sciopero dei taxi per far decidere al governo francese di vietare l’opzione UberPOP a partire dal 1° gennaio 2015. Un’altra occasione per instaurare una concorrenza benefica per il mercato e, soprattutto per le tasche dei cittadini, è andata nuovamente in fumo in Francia, paese che soffre di troppa rigidità e di dirigismo economico. Già perché se i governi italiani, non appena ricevono de Bruxelles una domanda di aumento del livello di concorrenzza, si precipitano ad aprire il mercato,  quelli transalpini rispondono quasi sempre di no. E così quando anche ci si trova in presenza di una domanda esistente, come quella degli utenti dei taxi che vorrebbero pagare meno le corse ed essere meglio accolti dagli autisti (specialmente a Parigi), si preferisce la strada della chiusura. Nel caso di UberPOP, inoltre, si impedisce a dei privati di arrontondare, trasportando dei passeggeri con la propria auto. In effetti questa opzione, disponibile da febbraio 2014 in Francia, consente di far incontrare la domanda di privati che han bisogno di spostarsi su brevi distanze cittadine per pochi euro, e l’offerta di altri privati che vogliono guadagnare un po’ di argent de poche, per dirla alla francese. Tutti contenti quindi? Si, tranne gli autisti di taxi che non mettono minimamente in discussione il fatto che ancora oggi farsi portare da un punto A a un punto B in città può dipendere dall’umore del tassista. Per non parlare del fatto che, come accade in Italia, rari sono i taxi in cui si possa  pagare la corsa con carta di credito. Certo, forse i tassisti sarebbero più disposti ad evitare i contanti se fosse più semplice (e meno costoso) dotarsi di POS. Tuttavia nessuno pensa che si potrebbe “superare sulla destra” il problema proponendo un sistema di account con registrazione delle carte di credito su internet, come quello usato da Uber appunto. Più in generale la reazione del governo francese dimostra che l’attuale esecutivo socialista transalpino, ai minimi di popolarità, ha perso un’occasione per comprendere che dietro al caso Uber c’è una rivoluzione culturale, come ha bene evidenziato l’economista Robin Rivaton in una tribuna sul quotidiano economico Les Echos. Inoltre il governo guidato da Manuel Valls ha dato un’ulteriore prova dell’incapacità di apprezzamento degli effetti positivi dell’apertura di parti di mercato all’iniziativa privata dei cittadini, soprattutto in un periodo in cui la disoccupazione è alle stelle. Certo il governo francese sta lavorando sul progetto della legge Macron (dal nome del giovane ministro delle finanze proponente) che, nelle intenzioni, dovrebbe aprire vari settori alla concorrenza ma che, nei fatti, rischia di essere fortemente rimaneggiata dalla maggioranza di sinistra all’Assemblée Nationale.

concorrenza Francia Parigi
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