Lavoro

Stipendi inadeguati: il Comune risponde con la burocrazia, ma serve la politica

Il Comune ha risposto alla petizione promossa da Adesso! e sostenuta da molti cittadini milanesi. Una risposta tardiva, molto lunga, burocratica e per nulla incline a risolvere il problema di stipendi ormai largamente inadeguati al costo della vita. 

18 Settembre 2025

In breve: il Comune ha risposto alla petizione promossa da Adesso! e sostenuta da molti cittadini milanesi (che sarebbero stati molti di più se non fosse stata improvvisamente chiusa mentre macinava centinaia di firme al giorno).

Una risposta tardiva, molto lunga, burocratica e per nulla incline a risolvere il problema di stipendi ormai largamente inadeguati al costo della vita. 

Partiamo dal fondo: la petizione rivolta alla giunta ottiene invece la risposta di un tecnico. Sindaco, vicesindaco, assessori compaiono solo in copia conoscenza. Come se il tema non fosse politico e non fosse centrale nel presente e nel futuro della città. Nei giorni in cui la giunta è molto presente nel dibattito, intervenendo su San Siro e (finalmente) su alloggi accessibili che forse inaugurerà il prossimo sindaco ma più probabilmente quello dopo ancora – come dicono gli inglesi: non tratterrei il fiato nell’attesa – gli stipendi non sono un tema di agenda politica. Che è una risposta politica, ancorché pessima. 

Veniamo al merito. Per quanto sia una risposta tecnica, si sceglie un parametro tutto politico, quello dei 9€. Si legge “risulta che il Comune di Milano, per il proprio personale dipendente (oltre 13.000 dipendenti) applica aliquote orarie superiori a 9€, lordi per operatore” e ancora “il trattamento salariale minimo previsto nei bandi di gara risulta ad oggi nella maggioranza dei casi superiore ai 9 € lordi per operatore”. 

Da dove viene questo parametro? Non è dato saperlo, si può presumere sia preso dalla proposta di legge sul salario minimo del centrosinistra del 2023. Si tratta di una proposta nazionale per un livello salariale che abiliti retribuzioni al di sopra della soglia di povertà, che però a Milano era più alta nel 2023 ed è senz’altro più alta dopo due anni di crescita costante dei prezzi (con poche eccezioni). 

Anche perché il parametro, calcolato nel 2024, di soglia di povertà nella città metropolitana è viceversa di 10€ lordi (e in città è senz’altro più alto).

Scorrendo la risposta, arriva al pettine un altro nodo rilevante “Si ritiene quindi che il Comune di Milano abbia fatto quanto in suo potere, sul piano giuridico-amministrativo, affinché il personale dipendente impiegato in via diretta e quello impiegato nei servizi oggetto di esternalizzazione, percepisca un salario minimo non inferiore a 9 euro lordi per ora lavorata, in coerenza con l’art. 36 della Costituzione”. Il problema è (quasi) tutto qui. Vado per punti.

1) L’art. 36 parla di un salario sufficiente per “un’esistenza libera e dignitosa” ed è chiaro che un salario di 9€ quando il livello della soglia di povertà è di 10€ non può essere considerato tale. A meno che non si pensi che la soglia vada considerata a livello nazionale. Vivi in una città più costosa? Affari tuoi. Che è come dire che il diritto alla salute si garantisce solo a chi è mediamente in salute. Neppure la motosega di Milei è arrivata a tanto. L’idea di salari uguali ovunque, pena la rievocazione delle gabbie salariali, meriterebbe dibattiti più approfonditi, ma una cosa è certa: sui livelli più bassi è incostituzionale se tieni gli stipendi sotto la soglia di povertà. 

2) Si parla del “il personale dipendente impiegato in via diretta e quello impiegato nei servizi oggetto di esternalizzazione come se non ci fosse un problema enorme anche in alcuni settori del privato. O come se non fosse compito del Comune farsi carico di un disagio diffuso dei suoi cittadini. Ve lo immaginate durante gli anni del terrorismo il Comune dichiarare “abbiamo messo in sicurezza i nostri uffici, gli altri si arrangino pure”? 

3) Il “piano giuridico-amministrativo”. Il Comune ha strumenti che può attivare in concerto con le parti sociali, come la contrattazione territoriale. Sulla quale nella risposta del comune si legge un sibillino e sbrigativo “sono stati promossi approfondimenti”. E può battere i pugni sul tavolo di Regione e Governo. Lo ha fatto per molte materie, anche riportando discreti risultati. Se non lo fa è una scelta. 

Un nulla di fatto dunque? Per niente! Due anni di battaglia sugli stipendi a Milano hanno acceso un riflettore sul tema che la prossima campagna elettorale non potrà ignorare. Non solo, il PD, azionista di maggioranza della giunta, promette un salario minimo per la città. Vedremo quando e con quali strumenti (il rischio, se non passa per la contrattazione territoriale, è che riguardi solo dipendenti diretti e indiretti del Comune). 

Senza contare che proprio nei giorni della petizione ha iniziato a muoversi Regione Lombardia con una proposta di legge sulla contrattazione territoriale, sulla quale il centrosinistra potrebbe e dovrebbe rilanciare.

Milano è una città attrattiva ed espulsiva. Che mette alla porta i suoi cittadini con un ritmo ormai incessante.

Si potrebbero fare lunghe analisi sul fenomeno, ma il cuore del problema è il rapporto tra il costo della vita, ormai schizzato alle stelle, e gli stipendi fermi. Riequilibrare questo rapporto, senza bloccare la crescita ma rendendola più solida, allargando le opportunità anche (e soprattutto) ai cittadini milanesi è un programma politico che voterebbero in molti. E la grande sfida per il futuro di Milano.

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