Corriere.it sarà (in parte) a pagamento. Una certezza e un grande interrogativo

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22 Dicembre 2015

Il Corriere della Sera sarà la prima grande testata italiana ad utilizzare il metered paywall per alcuni contenuti della versione online. Ad annunciare la coraggiosa scelta di Rcs è stato l’amministratore delegato del gruppo, Laura Cioli, nel corso della presentazione ai mercati del piano industriale 2016-2018. Per spiegare il motivo di questo epocale cambiamento, l’Ad ha utilizzato parole semplici ma al contempo chiare come un ruscello di montagna: «I contenuti ad alta qualità devono essere pagati». Una delle due principali testate italiane, la prima per vendite in edicola, la seconda per visite sull’online, decide quindi di chiudere i suoi contenuti “di pregio”, riservandoli a un pubblico pagante.

C’è da dire che il Corsera non sarà il primo giornale italiano a fare ciò. Il Manifesto – con la sua dicitura “quotidiano comunista” ben visibile sulla testata – adotta questa politica già da tempo e non è il solo. Ma il quotidiano diretto da Luciano Fontana sarà il primo dei “grandi” a sperimentare il metered paywall, già utilizzato da molte altre testate nel mondo. Una scelta assai diversa da quelle dei suoi principali concorrenti, da Repubblica che mette a pagamento solo le pagine del cartaceo rielaborate per il web con la formula R+, a La Stampa che pochi giorni fa ha annunciato addirittura l’utilizzo della licenza Creative Commons che di fatto “allenta” i vincoli del diritto d’autore sui pezzi pubblicati in rete.

Solo dal primo gennaio sapremo quali e quanti articoli del Corsera online saranno consultabili gratuitamente e quali richiederanno la sottoscrizione di un abbonamento. Sta di fatto che siamo di fronte a un cambiamento che se dovesse portare un incremento di fatturato (cosa assai probabile) al gruppo Rcs, potrebbe essere presto emulato dagli altri grandi editori del paese e diventare epocale. A decidere sarà il mercato e se si dovesse andare verso un’editoria online sempre più a pagamento, l’attuale panorama cambierà radicalmente.

Rispetto a questa possibilità tutt’altro che remota, gli scenari che si aprono pongono una certezza e un grande interrogativo. La certezza è che – come sottolineato da Laura Cioli – si distinguerà un prodotto di qualità e la professionalità di chi lo produce dalla miriade di contenuti che affollano la rete. Questo è un fatto positivo, sia per i lettori che per gli stessi giornalisti. I primi potranno avere – previo pagamento – la qualità delle notizie e la garanzia di un lavoro di accertamento delle fonti, enorme limite dell’attuale Babele. I secondi – non solo quelli del Corsera – vedranno riaccendersi una luce, quella di una professionalità troppe volte calpestata da pseudo editori che non considerano “lavoro” il mestiere di informare.

Veniamo al grande interrogativo. Qualora l’informazione di qualità diventasse tutta a pagamento, ne conseguirebbe la polarizzazione dei contenuti in due grandi categorie, quelli “ad alta qualità” e tutti gli altri. Mentre i primi resterebbero ad uso e consumo dei paganti, i secondi resterebbero liberi e condivisibili. Il rischio sarebbe quindi quello di avere notizie di serie A e notizie di serie B. Ovviamente da questa suddivisione andrebbero per forza di cose esclusi contenuti come quello che state leggendo in questo momento, dato che i commenti – più o meno autorevoli – in quanto tali non rientrano nel puro concetto di “notizia”, anche se spesso il confine è molto labile.

Immaginiamo quindi le notizie di serie A, sfogliate e condivise da lettori di serie A e le notizie di serie B, dove i contenuti “ad alta qualità” andrebbero cercati come al banco del mercato della verdura dai lettori di serie B, che dovrebbero scovarli in mezzo a una miriade di bufale e testate fake. Insomma, il povero lettore che non volesse pagare l’obolo, si troverà a dover cercare notizie reali spulciando tra gli studi sulle scie chimiche certificati da famosissimi scienziati camerunensi e sparati sui deliranti network grillini e i violenti imam del varesotto che imporranno il burqua a tutte le donne del capoluogo lombardo previa decapitazione, news che otterrà decine di migliaia di like sulle pagine dei sostenitori di Salvini. Il tutto schivando i sempreverdi Marò che – a scanso di equivoci – verranno sempre prima di tutto.

Siamo ovviamente nel campo delle ipotesi e anche qualora la scelta di Rcs si rivelasse vincente, ci vorranno verosimilmente anni prima che si possa creare uno scenario come quello sopra descritto. Una cosa però è certa: dopo aver stabilito il “giusto prezzo” per un’informazione di qualità, il mondo dell’editoria dovrà interrogarsi su una nuova frontiera del welfare, quella che garantisca a tutti la possibilità di accedere alla verità.

TAG: corriere della sera, corriere.it, corriere.it a pagamento, editoria, editoria online, Laura Cioli, rcs
CAT: Editoria

3 Commenti

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  1. mister-marble 8 anni fa

    Quando il Corriere sarà a pagamento lo toglierò dalla barra dei preferiti, semplice. L’informazione di serie A e B è un falso problema. il sito della BBC ad esempio è gratuito, e fare un confronto tra questa e qualunque testata italiana (che confrontate sono di serie B e C) è impietoso. La colpa è dei giornalisti italiani e della politica che se ne serve, vedi Renzi – Vespa tanto per fare un esempio..

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    1. marco-onorati 8 anni fa

      La questione è molto interessante… io sono piuttosto favorevole ai contenuti a pagamento, ma sicuramente preferirei pagare siti specialistici e non un giornale generalista di un grosso gruppo editoriale, sia come forma di sostegno a progetti piccoli e indipendenti, sia come scelta consapevole e autonoma delle mie fonti di informazione. La questione che però analizzerei volentieri è legata al concetto stesso dell’informazione a pagamento, che stando così le cose forse si traduce soltanto in una semplice e banale supremazia “oraria”. Chi vieta ad altri siti di pagare per leggere un articolo, rielaborarlo e poi rimetterlo online gratuitamente? In questo modo il Corriere diventerebbe una sorta di Ansa di secondo livello per editori web medio piccoli. L’unico motivo di interesse, e qui la vedo al contrario di come è esposto qui sopra, potrebbe riesiedere nelle firme: io sono un fan/seguace del giornalista/opinionista/personaggio famoso che scrive sul corriere, pago il corriere per leggere un suo pezzo. Il problema dell’informazione e del modello di business che lo regge secondo me è però ancora più a monte, e non può risolversi barricandosi dietro il contenuto a pagamento.

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