Salone di Torino, fra letteratura ecologica e rinascimento psichedelico
Dev’essere stata una bella scommessa, alcuni mesi fa, cominciare a organizzare il Salone del Libro di Torino. La prima edizione dopo due saltate per il Covid, a ottobre invece che a maggio. Un’edizione preparata in sordina perché bisognava vedere se il vaccino avrebbe funzionato, se saremmo stati tutti chiusi o quali sarebbero state le restrizioni, quali i contingentamenti.
A settembre la voce era cominciata a circolare anche fra chi non era tenuto al corrente da stand da affittare, autori da invitare e libri da ordinare: il Salone si fa davvero. Ma molti aspetti ancora erano incerti: come lo gestiranno? Quanta gente potrà entrare, quali saranno i controlli, e il distanziamento? Insomma, sarà un Salone “mutilato”?
La scommessa del direttore Nicola Lagioia è stata vinta in pieno, da ogni punto di vista.
L’Italia è tutta in zona bianca, molti confini sono aperti, gli autori internazionali sono potuti arrivare facilmente e di gente ce n’era tantissima, da tutta Italia, senza contingentamenti di sorta, solo con le mascherine addosso, portate quasi sempre da tutti, ma non c’era nessun cecchino a sparare colpi di moralismo a chiunque avesse bisogno di abbassarla per prendere fiato. L’unico stand che rispettava autisticamente la regola di entrare da una parte (anzi da tre lati) e di uscire dall’altra (il lato restante) era Adelphi, piena zeppa all’interno (anche perché uscire era difficilissimo), quasi più del famoso e storico stand del Libraccio che in una giornata ha venduto più di duemila libri.
Per tutti, in generale, le vendite sono state ottime. “Giorno per giorno, meglio del 2019” dice Edoardo Caizzi di NN Editore, ma anche Voland, Perrone, Nottetempo confermano “Benissimo, meglio, sicuramente meglio di due anni e mezzo fa”.
Al mattino le scolaresche, prima gita dal 2019, l’entusiasmo di uscire tutti insieme da scuola e di mescolarsi tutti insieme fra libri gente e laboratori. Al pomeriggio e nel weekend i visitatori, in code che a certi orari arrivavano fino all’uscita della metro, sabato per chi non si fosse portato il pranzo da casa avvicinarsi a uno dei bar era impossibile.
Gli stand però erano più distanziati, i corridoi più ampi, la superficie complessiva maggiore grazie a otto nuove sale di cui alcune all’interno del Centro Congressi. Nello spazio esterno fra il Padiglione Tre e l’Oval, anche un palco e una spaziosa area food all’aperto, con tavoli dove si trovava quasi sempre posto anche solo per sedersi a riposare i piedi.
Il titolo quest’anno era Vita Supernova: il riferimento è a Dante, di cui si celebrano i 700 anni dalla morte, ma anche all’affascinante e spaventoso momento storico in cui ci troviamo. “La supernova è una stella che esplode. La sua energia può essere utile o distruttiva, la sua luce può accecare o illuminare. Il mondo dopo il covid-19 è la grande incognita che ci troviamo a decifrare e avremo bisogno di uno sguardo lungimirante per costruire un futuro in cui valga la pena di vivere. Ci sarà bisogno di coraggio, intelligenza, senso di responsabilità, immaginazione. Il Salone è un formidabile laboratorio di idee, dove i temi più urgenti trovano un’occasione di dibattito: in uno dei periodi più incerti e complicati della storia recente, il libro si è dimostrato un approdo più solido che mai, offrendo a lettrici e lettori di ogni età una possibilità di conforto, riflessione, consolazione, compagnia. Vita Supernova parte da questa consapevolezza, e da qui guarda al futuro”, si legge infatti nella presentazione.
E il programma in effetti andava in questa direzione. Moltissimi eventi, come sempre del resto, di gran qualità, e anche un gran numero di iniziative del Salone Off, sparse per Torino. Nessun bisogno di prenotarsi, se non per certi eventi – ma restava sempre la possibilità di mettersi in coda fuori, di arrivare a metà, di sbirciare sulla soglia se c’era troppa gente. Normalità, insomma. Tanti nomi importantissimi, da Margaret Atwood ad André Aciman, da Carlo Ginzburg a Edgar Morin, da Mathias Enard a Michel Houellebecq. E soprattutto tanti eventi volti a scandagliare il presente. Fabio Deotto (Bombiani) e Michele Vaccari (NN Editore) con Claudia Durastanti discutevano della letteratura ecologica, che forse non è “di moda” (pensiamo anche solo a Dune) ma è sfondo e protagonista imprescindibile del nostro tempo. Stefano Mancuso parlava di piante, David Quammen (autore di Spillover, Adelphi) in collegamento video rifletteva sul ruolo dell’uomo sulla terra e il club di Not presentava Medusa. Storia dalla fine del mondo (per come lo conosciamo). Critiche profonde al sistema in cui viviamo, discusse e confrontate. Ma per dissodare il presente molto spazio è stato dato ai temi del rinascimento psichedelico, con diversi incontri e ospiti come Edoardo Camurri, Vanni Santoni, Giorgio Samorini, Federico Di Vita. Parole e questioni a cui Nicola Lagioia ha voluto dare risalto, che solo pochi anni fa non sarebbero state così centrali, che non avrebbero avuto tante voci e palchi.
Un vero laboratorio di idee e pensiero, il Salone di Vita Supernova. Aspettiamo il prossimo a maggio, quando insieme agli eventi Off potranno tornare forse le feste di Minimum Fax e della Scuola Holden visto che, parlando di salone mutilato, le uniche assenti erano proprio le feste, ed espositori, autori e giornalisti non facevano che chiedersi sottovoce “Dai, tu lo sai se c’è una festa segreta stasera”.
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