L’affare sul gas che dal Medio Oriente passa per la Crimea e arriva a Firenze

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18 Settembre 2015

La scena politica è coperta sostanzialmente dalle divisioni interne del Pd, dalle sparate leghista e da qualche alzata di ingegno del ministro Angelo Alfano. Intanto, Silvio va in Crimea – dico: in Crimea –,  incontra l’amico Putin, e passa qualche servizio televisivo, ma rispetto alla rilevanza della visita – Berlusconi rimane il più alto esponente politico europeo ad aver messo piede nella Crimea annessa, e mai riconosciuta da alcun Paese europeo né dagli Usa – non si apre nemmeno uno spiffero di polemica, a meno di voler considerare tale quella su una bottiglia di Jerez annata 1773. Ufficialmente, il nostro ex premier è andato a rendere omaggio al memoriale dedicato ai caduti italiani nella Guerra di Crimea (1853-1856). Eppure un governo atlantico ed europeo avrebbe avuto tutto l’interesse a inchiodare un avversario su una cosa servita su un piatto d’argento: invece da Palazzo Chigi, dal ministero degli Esteri e dal Pd non esce un solo spiffero.

Nel frattempo, Matteino ha alzato il peana sulla sua azienda prediletta, quell’Eni amministrata da Claudio De Scalzi per il quale il premier si è esibito in coperture magistrali rispetto ai procedimenti giudiziari e ha incassato silenziosamente l’uscita polemica di un consigliere. La scoperta del giacimento egiziano di Zohr sembra un documentario di Zavoli sulla epopea di Enrico Mattei, giacimento che era conosciuto, se non nelle proporzioni, certo nella sua esistenza, da parecchio tempo. Ma nella narrazione diventa quasi un successo del governo Renzi, come se a trivellare ci fosse stato Matteino in persona.

In Medio Oriente la diplomazia italiana è attivissima sul fronte egiziano, come testimoniano le reciproche visite e i contatti con Al Sisi, il sostegno guerresco, subito ritirato, per un intervento mesi fa al fianco del governo di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale e sostenuto dagli egiziani, e alla contemporanea aperta sfiducia alla mediazione Onu di Bernardino Leon.
Insomma, per ragioni tutte legate all’Eni, noi stiamo con l’Egitto più di quanto sia garbato ad Obama e ad altri libici – a proposito: dove sono finiti i tecnici Eni rapiti nell’incredibile trasferimento terrestre tra Tunisia e la base offshore di fronte a Tripoli?

Nel frattempo, accadono molte cose in zona. In Israele il governo di Bibi Netanyahu è duramente contestato per la gestione del Leviathan, il mega giacimento di gas perforato da israeliani ed americani (37%) nel triangolo di mare tra Israele, Libano, Siria e Cipro. Un giacimento ricco che doveva sfamare oltre a Israele la Giordania e l’Egitto (che però adesso è a posto con il giacimento di Zohr). Accade però che, oltre alle contestazioni turche, tacitate qualche mese fa attraverso la promessa di un gasdotto che dai pozzi dovrebbe giungere sulle coste turche per alimentare l’Europa, oggi quegli impianti si trovino a un tiro di schioppo – letteralmente – dalle nuove basi russe in Siria e che la presenza dei russi in forze metta la sicurezza di Israele a dura prova: come continuare ad attaccare i convogli Hezbollah col rischio di trovarci sopra i marine russi esponendosi ad un incidente internazionale e a una risposta militare? Come difendere l’esposto impianto del Leviathan?

Allo spregiudicato Bibi viene suggerita una soluzione: si tratta di internazionalizzare i pozzi magari favorendo un investimento russo negli stessi, posto che gli americani accettino (tuttavia la loro capacità di pressione nell’area è oggi indebolita dalla presenza fisica russa). Ma come aprire un tavolo di negoziato con Putin? Berlusconi è perfetto: è amico di Putin, ha ottimi rapporti con la comunità ebraica e con Israele. Resta il problema di fare affari con un leader sotto sanzioni internazionali attraverso il leader dell’opposizione di un governo amico. Bibi vola a Firenze (vi eravate dimenticati questa visita lampo di fine agosto?), incontra Matteino a Palazzo Vecchio, viene ottenuto il via libera sull’operazione Putin e così Silvio parte per la Crimea.

Sui giornali italiani non potevano poi mancare gli incoraggiamenti a Matteino a concentrarsi su Libia ed Egitto. L’Egitto oggi è pur controvoglia un ottimo alleato di Israele e l”Eni deve correttamente riequilibrare i rischi politici nell’area. Renzi e Berlusconi si trovano dalla stessa parte perché tutti e due vogliono che i problemi con i russi si risolvano in fretta. Nel frattempo si fa qualche affare internazionale sull’energia e non si sa mai che questa luna di miele economica serva anche per la riforma del Senato, quindi abbassiamo i toni e vediamo cosa succede: urli pure la Lega, FI sta coperta. Dopotutto Lotti è sicuro dei numeri ed è pronto a rivolgersi ad altre forze per ottenere la vittoria sulla sua minoranza. Insomma, in attesa che Fiamma Nirenstein, ex deputata del centrodestra berlusconiano sia accreditata ambasciatore di Israele, nella politica italiana la puzza di gas non è mai stata così forte.

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TAG: eni, Matteo Renzi
CAT: energia

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