Arrivano i nazionali. Si è già sparsa la voce: il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha reso noto che la Commissione consultiva per la prosa, nominata a seguito di un bando pubblico, presieduta dal Prof. Luciano Argano e composta da Oliviero Ponte di Pino, Roberta Ferraresi, Ilaria Fabbri e Massimo Cecconi, ha esaminato le dieci domande pervenute per il riconoscimento della qualifica di Teatro Nazionale. Dunque, inizia così la tanto attesa riforma. Eccoli, dunque, i nuovi “Nazionali”: per il triennio 2015-2017 saranno Associazione Teatro di Roma; Associazione Teatro Stabile della Città di Napoli; Fondazione Emilia Romagna Teatro; Fondazione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa; Fondazione Teatro Stabile di Torino; Teatro della Toscana; Teatro Stabile del Veneto – Carlo Goldoni.
E segnala una geografia preoccupante: sotto Napoli non ci sono teatri Nazionali. È vero che, nello stesso comunicato, si chiarisce che “la commissione ha inoltre riconosciuto quali Teatri di interesse culturale le seguenti istituzioni”: Associazione Teatro Biondo Stabile di Palermo; Ente Teatro di Sicilia – Stabile della Città di Catania; Teatro Stabile di Genova.
Dunque, Palermo e Catania possono vantare due “Tric”, come pure Genova – la cui illustre storia non è bastata a elevare l’ex Teatro Stabile al rango di Nazionale.
Se andiamo a leggere, neanche troppo in filigrana, le nomine troviamo solo “conferme” di quanto era nell’aria da tempo: Milano e Torino erano le più sicure. Roma ce l’ha fatta sul filo di lana, anche grazie alla mole di lavoro avviata negli ultimi mesi dal neodirettore Calbi: e anche perché la Capitale certo non poteva restare senza un teatro di Serie A.
Con una grande manovra politico-culturale, a queste si è aggiunta l’accoppiata nuovissima Firenze-Pontedera, ossia la Toscana: per quello che si preannuncia come l’esperimento più intrigante, vista l’identità dei due partner chiamati in causa.
Nello scenario nazionale, non poteva mancare il potente binomio Bologna-Modena, ovvero l’Emilia Romagna, vera punta di diamante del teatro italiano, tra festival e produzioni. E la spunta, vuoi per l’innegabile storia e tradizione, vuoi per la fresca alleanza Venezia-Padova-Verona (ovvero teatro stabile pubblico e privato), anche il Veneto.
Napoli sembra aver superato le recenti polemiche in fatto di assunzioni, avvenute con una procedura a dir poco confusa, che ha suscitato lo scontento di tutti e il direttore Luca De Fusco mette in porto l’agognato riconoscimento, che non basterà, forse a calmare le acque ma potrebbe portare (e si spera porterà) a una gestione più serena.
Come detto, dispiace per il Sud: Puglia, Basilicata, Molise, Sardegna, Calabria sono senza teatri Nazionali. Una decisione grave che rischia di lasciare ancora più sole dei territori invece estremamente importanti per l’assetto culturale, sociale, politico del nostro Paese. Sarebbe stato anche un gesto simbolico, da parte del Mibact guidato da Franceschini e dal DG Salvo Nastasi, investire una di queste regione di un Teatro Nazionale: non sappiamo se non sono arrivate domande in questo senso, oppure se non c’erano proprio le condizioni. Però, per quel che riguarda, ad esempio, la Sicilia, forse Palermo, visto il rinnovamento in atto nello stabile pubblico, meritava una attenzione maggiore. Così pure Catania, che si sta facendo artefice di una attenzione al repertorio, avrebbe potuto godere di altra considerazione. Si dovranno “consolare” con i due Tric. Peccato, poi per Bari e la Puglia, che negli ultimi anni sono stati un vero e proprio motore di nuove iniziative teatrali. Vuoto anche in altre regioni del Nord: dal potente Friuli Venezia Giulia alla Valle d’Aosta (che però ha una vita teatrale molto lasca), fino alle Marche, che invece vantano una rete fittissima di attività. Altrettanto fuori, al momento, anche il Trentino Alto Adige, da decenni “feudo” del regista Marco Bernardi, che ha da poco lasciato la direzione dello Stabile di Bolzano per passare al Centro Santa Chiara di Trento. Saranno Tric?
Ora non resta che attendere le nuove decisioni, per capire bene la geografia del teatro a venire. Molte delle aree citate avranno dei “Tric”, i teatri di rilevante interesse regionale, per i quali gli enti locali, a partire proprio dalle Regioni, devono investire molto: chissà quanti saranno e come finanziati. Sta di fatto che, seppure qualcosa finalmente si muove nell’asfittico panorama italiano, restano irrisolti molti dei problemi del nostro teatro: ricambio generazionale, diffusione territoriale, economie, tutele per i lavoratori, investimenti…
Speriamo non serva un’altra riforma, tra tre anni, per sciogliere anche questi nodi.
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Qui un mio contributo. Spero serva al dibattito. http://bastaunosparo.noblogs.org/post/2015/03/02/cultura-di-serie-a-e-cultura-di-serie-b-i-teatri-nazionali/