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America

La Corte suprema limita il potere dei giudici di sospendere gli ordini di Trump

La decisione riguardava l’ingiunzione di un giudice contro l’ordine esecutivo sullo ius soli ma è potenzialmente applicabile a molti altri casi. Trump: «Vittoria enorme»

27 Giugno 2025

Con una maggioranza di 6 a 3, la Corte Suprema degli Stati Uniti dà ragione al presidente Trump (qui la sentenza), riconoscendo che i tribunali federali inferiori hanno agito oltre il proprio potere emettendo “ingiunzioni universali” (cioè una sentenza inibitoria applicabile in generale e non solo sul singolo caso) contro l’ordine esecutivo 14160 del presidente mirato a limitare la cittadinanza automatica dei bambini nati negli Usa con almeno un genitore titolare di status legale permanente. 

La Corte suprema degli Stati Uniti ha quindi autorizzato l’entrata in vigore fra 30 giorni dell’ordine esecutivo firmato dal presidente Donald Trump contro lo ius soli in tutti i 28 Stati che non hanno contestato la misura. Al contrario, l’ordine resta sospeso nei 22 Stati che hanno presentato ricorso alla Corte Suprema.

Quella odierna è infatti di una decisione sulla giurisdizione, in particolare rispetto all’estensione del potere dei giudici delle corti inferiori, e  non di diritto sostanziale, tanto più che il diritto alla cittadinanza Usa per chi è nato su suolo statunitense (ius soli) è sancito dal 14esimo emendamento della Costituzione. «I tribunali federali non esercitano una supervisione generale del ramo esecutivo; essi risolvono casi e controversie in base all’autorità che il Congresso ha conferito loro”, ha scritto la giudice Amy Coney Barrett, estensore del parere di maggioranza,  nonché ultima nomina di Trump alla Corte Suprema durante il suo primo mandato presidenziale. «Quando un tribunale conclude che il ramo esecutivo ha agito illegalmente, la risposta non è che il tribunale superi anche il suo potere».

La decisione della Corte suprema sulla costituzionalità arriverà invece «con ogni probabilità nel mese di ottobre», durante la prossima sessione della Corte, ha precisato la procuratrice generale degli Stati Uniti, Pam Bondi, durante una conferenza stampa di Trump alla Casa Bianca.

Il caso
Trump aveva firmato a inizio mandato l’Ordine Esecutivo 14160 – “Protecting the Meaning and Value of American Citizenship” – con l’obiettivo di interpretare in modo restrittivo la clausola costituzionale del XIV Emendamento, escludendo i figli nati da immigrati non autorizzati. La controversia ha generato almeno tre ingiunzioni nazionali emesse da giudici distrettuali, che hanno ritenuto l’ordine incostituzionale.

Le reazioni
Trump e i suoi sostenitori hanno salutato la decisione come “una vittoria monumentale” e una spinta al rafforzamento del potere esecutivo . Dall’altra parte, le minoranze liberali – in particolare le giudici Sotomayor, Jackson e Kagan – hanno definito la decisione una “farsa per lo stato di diritto”, sottolineando che tali ingiunzioni sono spesso strumenti efficaci contro misure esecutive potenzialmente incostituzionali. 

L’importanza di questa sentenza va oltre in singolo caso e anche oltre il tema dello ius soli. È stata una vittoria decisiva per un presidente che da tempo inveisce contro i giudici di tribunali inferiori che bloccano alcune delle sue azioni esecutive. La decisione limita la capacità delle corti di emettere ingiunzioni a livello nazionale, come è successo ultimamente, ostacolando alcune delle azioni esecutive del presidente Trump e chiaramente permette a quest’ultimo di dispiegare con maggiore  forza e senza timore di stop le sue controverse politiche.

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